Omelia vicario generale in occasione della MESSA per il 70.mo della consacrazione del Santuario Madonna in Campagna di Gallarate – 20 novembre 2103
La gloria del Signore riempiva il tempio
1. Il vuoto.
Siamo capaci di grandi imprese, possiamo realizzare opere meravigliose. Io mi immagino la casa di Zaccheo: una casa di lusso, dotata di tutte le comodità, abbellita da collezioni di opere d’arte e di soprammobili preziosi, originali, esotici. Una casa da ricchi. Una casa triste, perché vuota: forse Zaccheo abitava da solo, forse entravano in casa solo altri pubblicani per le loro feste sguaiate e poi la lasciavano più vuota di prima.
In casa di Zaccheo era spesso ospite la solitudine, il frutto dell’isolamento di chi vive una vita e fa un mestiere che è circondato di disprezzo. C’era tutto, ma non c’era nessuno con cui goderselo.
In casa di Zaccheo era ospite l’evasione. Quando si sta da soli, quando il sonno tarda a venire, quando il tempo passa adagio e il silenzio diventa insopportabile che cosa si fa? Si cerca una via di evasione: il vizio per intontirsi, la morbosità per eccitarsi, l’avidità per immaginarsi d’essere al sicuro.
Siamo capaci di grandi imprese, possiamo realizzare opere meravigliose. Io mi immagino la visione del tempio di cui fantasticava Ezechiele. Un monumento grandioso, una profusione di arte e di strutture imponenti. Una delle meraviglie del mondo. Anche un tempio può essere desolato, perché vuoto.
Un monumento dove entrano forse i turisti, curiosi e chiassosi: nel tempio abbandonato dai fedeli vive la curiosità, la chiacchiera che vuol sapere di tutto, ma non si interessa di niente. Nel tempio abbandonato dai fedeli stazionano i mercanti di oggetti sacri e di mercanzie varie: nel tempio abbandonato vivono gli affari, vivono per vendere e comprare, non interessa che cosa, interessa quanto rende.
Siamo capaci di grandi imprese, possiamo realizzare opere meravigliose. Ma in sostanza costruiamo vuoti.
2. Ma dalla porta che guarda ad oriente …
Il profeta però si lascia condurre alla porta che guarda ad oriente ed ecco che la gloria del Signore giungeva dalla via orientale. La gloria del Signore riempiva il tempio.
Zaccheo però risponde all’invito di Gesù e la casa si riempie di gioia: scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Possiamo intitolare la festa che celebriamo la festa della pienezza, la festa del compimento.
È la festa che consola la nostra povertà: dobbiamo riconoscere che talora restiamo umiliati perché tutta la nostra intraprendenza sembra che riesca a costruire solo dei vuoti, vuote le case, vuote le chiese, vuoti gli oratori, vuoti i gruppi, vuote le iniziative. Ma riceviamo la rivelazione che viene il Signore ad abitare in mezzo a noi: la sua gloria riempie la casa di Dio e il cuore di ciascuno. Il compimento viene da Dio. Ogni presunzione è umiliata. Siamo chiamati all’umile affidamento.
È la festa che sperimenta il compimento, la pienezza. Non solo quindi uno stentato “tirare avanti”, non solo un accontentarsi, non solo qualche momento di euforia: la pienezza della gloria, la pienezza della gioia! Ci si può quindi domandare come avvenga che abitando nella casa di Dio, inseriti come pietre vive nel tempio di Dio l’esperienza delle pienezza sembri piuttosto rara e prevalga un clima un po’ depresso e rassegnato. Forse ci immaginiamo la gloria del Signore come un trionfalismo esaltante, forse ci immaginiamo la pienezza della gioia come una euforia che elimina tutti i problemi e le sofferenze e quindi ci sentiamo così lontani dal compimento. Se però ci lasciamo condurre dallo Spirito che condusse Ezechiele possiamo vedere che la gloria di Dio è in realtà la rivelazione del suo amore; se ci lasciamo illuminare dall’esperienza di Zaccheo possiamo sperimentare che la pienezza della gioia è la presenza di Gesù che apre il cuore solitario ed egoista alla pratica dell’amore. Ecco il segreto della gioia, ecco la verità della gloria di Dio: vivere in comunione con Dio e decidersi ad amare. Aprite ogni giorno la porta orientale e lasciate entrare la gloria di Dio, amate in ogni momento e sperimentate la pienezza della gioia!
È la festa che affida una responsabilità. Quello che i nostri padri hanno compiuto non può essere interrotto, quello che la nostra storia ha scritto deve essere continuato. Se le mura stanno salde, la comunità è sempre un cammino, deve ancora essere costruita. Ciascuno stia attento a come costruisce, ammonisce san Paolo. Farsi avanti per costruire: questa è la vocazione che ci interpella. Non stare a guardare per criticare, non voltarsi indietro per ricordare e rimpiangere, non guardarsi attorno distratti, non disperdersi in mille imprese precarie per il gusto di essere protagonisti. Farsi avanti per costruire, convocati per essere un cuore solo e un’anima sola, la santa Chiesa di Dio.
Ecco la nostra festa: la consolazione per la nostra inadeguatezza, la pienezza della gioia, la responsabilità di costruire.