AVVISI - 5 MAGGIO 2025

DA UN'OMELIA SU PAPA FRANCESCO
IV giorno dei Novendiali : OMELIA DI SUA EMINENZA CARDINALE MAURO GAMBETTI

Il brano del Vangelo di Matteo è noto: tutti i popoli, che vivono insieme nell’unico campo che è il mondo, sono radunati davanti al Figlio dell’Uomo, seduto a giudicare.
Nella traduzione italiana si parla di pecore e di capre per distinguere i due gruppi. Il greco però, accanto al femminile próbata gregge, utilizza la parola èrífia, che indica principalmente i capri, i maschi della specie. Le pecore non si ribellano, sono fedeli, miti, hanno cura degli agnellini e delle più deboli del gregge; i capri vogliono l’indipendenza, sfidano con le corna il pastore e gli altri animali, saltano sopra le altre capre in segno di dominio, davanti a un pericolo pensano a sé e non al resto del gregge. Il primo gruppo è destinato al Regno. Non il secondo. È naturale chiedersi: a livello personale quale dei due stili incarniamo?
La parabola del giudizio universale manifesta il segreto sul quale si regge il mondo: il Verbo si fece carne, cioè “Dio ha voluto farsi solidale con l’umanità a tal punto che chi tocca l’uomo tocca Dio, chi onora l’uomo onora Dio, chi disprezza l’uomo disprezza Dio”.

Edith Bruck, ebrea di origine ungherese, poco più che bambina fu deportata ad Auschwitz. Colpita dall’ umanità di Francesco, lei scrittrice non credente, ha voluto porgere il suo omaggio con queste parole:
Abbiamo perso un Uomo che vive in me.
Un uomo che amava, si commuoveva, piangeva, invocava la pace, rideva, baciava, abbracciava, si emozionava ed emozionava, spargeva calore.
L'amore della gente di qualsiasi colore e ovunque
lo ringiovaniva. L'ironia e lo spirito lo rendevano saggio.
La sua umanità era contagiosa, inteneriva anche le pietre.
Dalle malattie a guarirlo era la sua fede sana, radicata nel cielo.

Quanto sono attuali le parole che il papa ripeteva: “ Tutti, tutti, tutti, sono chiamati a vivere nella Chiesa: non dimenticatelo mai!"

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AVVISI - 13 APRILE 2025

PASQUA, NUOVA NASCITA
Di don Luigi Giussani

«Dal giorno in cui Pietro e Giovanni corsero al sepolcro vuoto e poi Lo videro risorto e vivo in mezzo a loro, tutto può cambiare. La presenza di Gesù di Nazareth è come la linfa che dal di dentro rinverdisce la nostra aridità e rende possibile l’impossibile: la nascita di un’umanità nuova, come il rinverdirsi della natura amara e arida»

Questa pittura di Segantini (1858 – 1899) mostra una madre che sorregge il figlio che abbraccia una croce elevata fra i campi. Il pittore sembra lodare quella saggezza antica del mondo contadino che afferma con semplicità la fede in Cristo. Quell’abbraccio non può essere un gesto spontaneo del bambino: ma è frutto di una educazione. Di uno stile di vita.

Insegnare ad un bambino ad abbracciare la croce di Gesù non è un atto devozionale o bigotto: ma significa educare al fatto che nella vita non tutto è dovuto, non tutto è facile e scontato. Abbracciare la croce è educare al ringraziamento, al senso di responsabilità, educare a rispondere alla nostra vocazione, prima ancora che al nostro piacere o alla nostra autorealizzazione. La Pasqua di Gesù illumina la nostra vita, spesso misteriosa, e carica di eventi non previsti: lo sbandamento di tanti adulti consiste in una drammatica solitudine ed assenza di futuro.

Non può esserci felicità vera, nè pace fra le persone o fra i popoli, senza un faticoso cammino di conversione: senza quell’abbraccio, senza invocazione affettuosa, non può esserci resurrezione.

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AVVISI - 6 APRILE 2025

QUANTE BELLE PERSONE

Nel corso del mio ministero ho avuto la possibilità di conoscere diverse comunità: e ricordo che in tutte ho trovato tanta buona gente che offriva il loro tempo. Volontari, belle presenze, preziose ed indispensabili.
Ma ho avuto anche il dono di incontrare anime particolari che hanno vissuto la loro appartenenza alla Chiesa come autentica missione. In loro emergono caratteristiche comuni: sono frutto di una sana educazione cristiana, spesso tradizionale, che ha favorito la “fioritura” di diversi doni dello Spirito, per l’utilità comune.

Come riconoscere queste anime ?
Direi da un insieme di fattori: la mole di tempo donata, l’intensità e la continuità del loro servizio, l’umiltà. La fede. La capacità di collaborare con i sacerdoti, che nel tempo si susseguono, o con le nuove forze che si aggiungono in parrocchia, senza gelosie. Spesso queste anime sono taciturne, non appariscenti. Hanno il loro carattere. Ma sono animati da sana passione per la loro comunità. La loro presenza costante è considerata agli occhi di molti come “normale”. Tanto che a volte sorge nei cattivi il sospetto “Che interessi avranno ? “. Ma sotto quella “normalità” si nasconde una scelta, ben meditata, mai istintiva: come può essere un impegno legato a simpatie personali, a tornaconti di immagine, di potere, o, peggio, economici.
Ovvio che queste persone si distinguono anche per l’onestà civile, la correttezza sul lavoro, la cordialità con i vicini. E spesso per un certo successo nell’educare i propri figli: costruiscono infatti belle famiglie.

Una di queste persone era Guido.
Mi hanno raccontato della sua attenzione e competenza in cucina: riusciva infatti a preparare nell’oratorio estivo i piatti più diversi, facendoli apprezzare anche da bambini particolari, che a casa loro non li avrebbero toccati. Con grande sorpresa delle mamme.
Fedele per 25 anni, ogni estate. Così lo hanno visto in montagna andare alla ricerca di formaggi di qualità, per fornire ai pranzi dei sacerdoti del decanato solo prodotti di qualità.

Riporto qui altre due testimonianze ricevute:
- Un altro amico di Madonna in Campagna ci ha lasciato, inaspettatamente. Guido Schiavini, aveva appena compiuto 82 anni e il Signore lo ha chiamato a sé, dopo aver trascorso tutta la vita per la sua famiglia e per la Comunità, sin dalle sue origini. Guido, infatti, insieme ad altri amici, aveva messo le basi del nostro Centro Parrocchiale, delineandone le recinzioni. Quando i Parroci o le Direttrici delle Suore chiamavano per qualsiasi compito avevano la sicurezza che Guido sarebbe stato disponibile. Fino agli ultimi giorni, è stato una persona di grande servizio per la Comunità, in particolare per l’Oratorio.
Si distingueva per la sua disponibilità a cucinare per tutti: dai pranzi per il gruppo vedove, a quelli per i Sacerdoti del Decanato, o per la Diaconia; per la Festa della Comunità e per le centinaia di bambini del Grest.
La Comunità è riconoscente a Guido per il bene da lui ricevuto e lo ringrazia con la preghiera, perché la misericordia del Signore gli doni pace eterna. E lo affida alla cara Madonna in Campagna che Guido ha sempre pregato.
- Caro Guido. Ti ho incontrato da quando hanno iniziato gli scavi per la costruzione del Centro Parrocchiale. Mi hai conquistato con la tua dolcezza, il tuo modo di servire sempre con il sorriso. Sei stato un modello da seguire. Insieme alla tua bella famiglia: la tua dolce sposa Silvia, Paola e Anna, insieme a loro ho vissuto l'esperienza della Mgs di Czestochowa. Abbiamo camminato insieme sui monti. Abbiamo pregato insieme. Dio ti ha voluto in cielo, ma è come se con te sia andato un pezzo della mia famiglia. Ciao Guido.

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AVVISI - 23 MARZO 2025

DISARMARE LE PAROLE, DISARMARE LE MENTI.

Caro Direttore,
desidero ringraziarla per le parole di vicinanza con cui ha inteso farsi presente in questo momento di malattia nel quale, come ho avuto modo di dire, la guerra appare ancora più assurda.

La fragilità umana, infatti, ha il potere di renderci più lucidi rispetto a ciò che dura e a ciò che passa, a ciò che fa vivere e a ciò che uccide. Forse per questo tendiamo così spesso a negare i limiti e a sfuggire le persone fragili e ferite: hanno il potere di mettere in discussione la direzione che abbiamo scelto, come singoli e come comunità.
Vorrei incoraggiare lei e tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare, attraverso strumenti di comunicazione che ormai uniscono il nostro mondo in tempo reale: sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene.
Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità. Mentre la guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità. Le religioni, inoltre, possono attingere alle spiritualità dei popoli per riaccendere il desiderio della fratellanza e della giustizia, la speranza della pace. Tutto questo chiede impegno, lavoro, silenzio, parole. Sentiamoci uniti in questo sforzo.
LA LETTERA DI PAPA FRANCESCO AL DIRETTORE DEL “CORRIERE DELLE SERA”.

Avviso “verde”: la parrocchia di Arnate chiede di portare da settimana prossima rami di ulivo. Verranno confezionati in sacchetti e alla domenica delle Palme benedetti.

ANNIVERSARI DI MATRIMONIO: si è pensato di festeggiarli come comunità cristiana di Madonna in Campagna ed Arnate, la prima domenica di maggio, 4 maggio alle ore 11 in chiesa oratorio di Arnate. La scelta di inserirli nella Messa principale della comunità vuole sottolineare l’importanza del matrimonio cristiano indissolubile come fonte di felicità per la coppia. Invitiamo dunque gli interessati ad iscriversi fin da ora telefonando al parroco 3473644478.

UN ESEMPIO DI MARTIRIO: Il 14 settembre Juan Antonio López, 46 anni, sposato e padre di due figlie, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco dopo aver preso parte alla celebrazione eucaristica nella città in cui era anche consigliere comunale.
Juan Antonio era noto per il suo impegno per la giustizia sociale, e attingeva forza e coraggio dalla fede. Il crimine è avvenuto poche ore dopo una conferenza stampa in cui Juan Antonio López, aveva denunciato i presunti legami tra membri dell'amministrazione comunale e la criminalità organizzata. L'omicidio si inserisce in un contesto di crescente repressione contro i difensori dei diritti umani in Honduras. Oggi in molti paesi il martirio dei cristiani è ancora dovuto all’ideologia islamista; in altri è la loro sete di giustizia e la lotta alla corruzione che li portano al dono della vita stessa.

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AVVISI - 9 MARZO 2025

QUALE TENTAZIONE?

Fissiamo lo sguardo sul crocefisso che abbiamo in santuario: “E’ un chiaro esempio dove il ‘Christus Patiens’ é colto nella dolorosa serenità dell’Uomo-Dio ormai consegnatosi completamente al Padre. Il corpo è anatomicamente perfetto, scolpito con potente tensione, il risalto dato alle ferite aiuta il fedele nella contemplazione. L’artista, di grande perizia, è sconosciuto. L’opera, prima metà del XVII secolo, arriva dal Convento delle Clarisse di Milano, soppresso alla fine del ‘700, e donato al Santuario da un fedele nel 1802. L’altare venne realizzato per ospitarlo”. (Commento di Fabio Rossi. La foto è di Francesco Rossi.
Notiamo le gambe, il peso del corpo che grava sul chiodo conficcato nei piedi. Questo realismo anatomico sottolinea l’umanità di Gesù. Ci introduce al famoso brano delle tentazioni.

A “scaraventare” Gesù nel deserto è lo Spirito Santo.
Lo Spirito non tenta Gesù, ma di fatto lo mette nelle mani di Satana.
Se “tentare” è opera del demonio, esporre al pericolo il Figlio è la conseguenza accettata di un Dio che ci ama: è Lui che espone Gesù al male perché venga vinto. E Gesù accetta: non vive in una campana di vetro, con la paura di essere toccato dal male, dal peccato, dalla morte.
Anzi: è mai possibile crescere veramente da uomini liberi senza lottare per il bene e la giustizia?
Gli psicologi sono preoccupati per i nostri bambini a cui tutto è con-cesso: subito e senza fatica! Questo non permette loro di allenarsi alla fatica, alla pazienza, alla frustrazione.
Ci si illude così che gli altri rispondano sempre ai nostri desideri.
Ci si illude di essere forti, sempre all’altezza delle situazioni !
In realtà non si sanno affrontare le delusioni, i “no” della vita, che riceviamo: dalla compagna, dai figli, dal mondo del lavoro, dalla malattia, da come vanno le cose.
Ci si scoraggia subito. Si è fragili. Ci si arrabbia. Si diventa violenti.
La vita dura ci mette alla prova, ci rende affidabili: quando salgo su un aereo sono contento se il pilota è una persona “provata”. Se compro un oggetto vorrei che fosse “testato”.

La Bibbia dice che Dio che ci mette alla prova per vedere se la superiamo? No. Anche questo è un modo di dire.
Dio non ha bisogno di conferme. Siamo noi che ne abbiamo bisogno.
Solo camminando nella prova abbiamo coscienza di chi siamo e conosciamo veramente noi stessi. Le prove della vita, come quella di scuola, ci costruiscono. Lo sappiamo: non tutte le prove risultano positive. Alcune hanno provocato effetti negativi in noi, cattivi insegnanti o persone malvagie, ci hanno sminuito, umiliato, ferito. Ma altre ci hanno incoraggiato, valorizzato. Un esame superato può essere un’occasione positiva. Ci rende più forti.
Preghiamo allora così: «Padre evita, se vuoi, ai miei cari ed a me, le prove più dolorose e difficili della vita… Ma se questo non è possibile, non lasciarci soli, ma aiutaci a superarle ».

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AVVISI - 2 MARZO 2025

LA CASA NELLA FORESTA...
l’invito di un filosofo ateo...

La foto ritrae Heidegger nella sua baita immersa nel bosco della foresta nera. Il filosofo tedesco faceva lunghe camminate nella natura: per lui la natura era il luogo privilegiato dove pensare.
Ecco alcune sue parole che ci possono aiutare:
il cammino verso la sapienza si nutre del domandare.
Il porci domande da’ inizio ad un cammino molto positivo, poiché è come un ritorno in patria. Noi ci sentiamo “geworfen” gettati in questo mondo senza sapere il perché. Ma il domandare ci mette in cammino verso casa, poiché ci mette nella condizione di ascoltare ed imparare molto di noi stessi. Di come siamo fatti. Della nostra origine.
Cosa significa fare esperienze?
Fare esperienza di qualcosa significa che mentre siamo in cammino verso quel qualcosa, ci impegniamo in qualcosa, esso ci viene incontro, ci raggiunge, ci colpisce, ci trasforma secondo se stesso …
E’ l’esperienza dell’amore, del lavoro appassionato, dell’amicizia, del dono di sè, dell’arte, come la musica, o della fede. Tutte cose che ci… prendono, cioè ci coinvolgono nel profondo, ci cambiano !
Heidegger suggerisce che l’esperienza non quello che ci capita, mentre noi rimaniamo passivi, ma fa notare che è il cammino che decidiamo di intraprendere che ci trasforma: ed il camminare è affidato alla nostra libertà. E’ nostra decisione. Ed il camminare ci riporta a casa.
E per noi cristiani queste parole cosa dicono?
“ Chiedi e ti sarà dato”. Nella a vita passiamo attraverso diverse esperienze, volute, non volute, belle o drammatiche. E sempre abbiamo la consapevolezza che il tempo passa, che non si può tornare indietro, e che forse perdiamo occasioni.
Il domandarci “dove stiamo camminando”, se stiamo camminando, è il dono che la Chiesa vuole farci nel proporci ogni anno il tempo Quaresimale.
Cosa cerchiamo ? Su quale base abbiamo costruito?
Come credenti continuiamo il nostro cammino di fede, pur nelle contraddizioni, nel peccato e nelle sconfitte.
E mentre camminiamo abbiamo la fiducia che Cristo ci viene incontro, ci stupisce e ci trasforma.
La maggiore disgrazia è il fermarsi. Il non sperare più.
Il darsi per sconfitti. Il diventare scettici. Questo è il vero morire.
Il perdersi: nelle cose, negli eventi, nel tempo che passa.
La quaresima è il tempo del ricominciare: con la preghiera, la Messa, la catechesi, l’elemosina, la cura della propria anima.

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AVVISI - 16 FEBBRAIO 2025

INFLUENCER DUE
RIFLESSIONE SU DUE FRASI DI CARLO

1 Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie.
2 La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio.
Sono due frasi fulminanti del beato Carlo Acutis. Scelte fra le tante che diceva. Non sono state create direttamente da lui: forse le udì in qualche lezione scolastica, o le prese da letture fatte autonomamente.
La frase sulle fotocopie si trova nel saggio di un pastore anglicano: Edward Young. L’autore sosteneva che la natura ci porta nel mondo completamente originali: non ci sono due volti né due menti simili; ma tutti noi portiamo il marchio della singolarità. Della originalità.
La seconda frase, quella sullo sguardo, si ritrova nell’opera di un monaco: il “Silenzio certosino” di padre Guillerand, morto nel 1945.

È importante riconoscere come il giovane studente abbia reinterpretato quelle letture, associandole alla sua vita ordinaria di figlio e di studente. Al fenomeno naturale osservato dal pensatore inglese, il ragazzo ha sostituito l’opera di Dio in noi. In questo modo, ha trovato la propria originalità e l’ha messa in campo con tutti i mezzi a disposizione, a cominciare dall’interesse per l’informatica.
Riguardo alla frase sullo sguardo che deve essere centrato non su di sé (il che sarebbe normale in un adolescente) ma su Dio, Carlo lo ha sempre fatto: secondo tante testimonianze, non si mai ripiegato su di sé, neanche quando ha affrontato la malattia che l’ha portato alla morte. Carlo contemplava Gesù nell’Eucaristia, ma riusciva a riconoscerlo anche visitando i senzatetto o collaborando a insegnare il catechismo.
Non aveva paura della morte, faceva ricerche sulle indulgenze, sui Novissimi, ma non per andare in Paradiso da solo.
In modo incredibilmente rapido è diventato fonte d’ispirazione per tanti, non solo giovani, che lo pregano e che chiedono la grazia di possedere, come lui, uno sguardo rivolto a Dio.

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AVVISI - 9 FEBBRAIO 2025

INFLUENCER

Chi è un influencer? E’ un personaggio che è in grado di influire sui comportamenti di un determinato pubblico. Nella società complessa di oggi, dove le opportunità di scelta sono innumerevoli, nasce l’esigenza di seguire una guida che indichi il prodotto migliore da acquistare o il luogo ideale per le vacanze: si suppone infatti che ne abbia fatto esperienza in prima persona.

Anche nella vita spirituale ci sono sempre state figure carismatiche che indicano la via, che sono di esempio. Il cristianesimo è ricchissimo di “influencer”. Sono i santi: anche di soli 15 anni, come ad esempio il nostro Carlo Acutis. Cristo non ci lascia soli, si fa a noi vicino, attuale, proprio attraverso la vita dei santi. Pensate a San Francesco: già i suoi contemporanei, quando lo incontravano, avevano l’impressione di incontrare non un uomo, ma Cristo stesso. Ed il giovane Caro Acutis amava in modo particolare Assisi, ne trascorreva le vacanze e lì chiese di essere seppellito. La vita di questo giovane milanese è reperibile su internet, come i video delle interviste alla mamma.

La principale eredità che Carlo ha lasciato è la coerenza di vita ai valori del Vangelo. Proprio per la sua capacità di condivisione con gli altri Carlo può essere definito un vero apostolo in tutti gli ambienti in cui è vissuto, e che sono quelli tipici di un adolescente: famiglia, scuola, sport, tempo libero, viaggi, giochi. In particolare Carlo indica ai giovani l’amore per l’Eucaristia. Dal momento della morte, la sua fama di santità non ha fatto altro che aumentare in Italia e in altri Continenti. In vista della sua beatificazione la commissione apposita ha presentato almeno due casi giudicati miracolosi: la guarigione di un bambino avvenuta il 13 ottobre 2023 in Brasile, scientificamente inspiegabile. E il caso della rapida e completa guarigione di una giovane del Costa Rica a seguito di un incidente stradale gravissimo, avvenuto a Firenze.

Mercoledì arriverà a Gallarate una reliquia di Carlo. I preadolescenti sono invitati venerdì sera ad una S. Messa in Basilica. Gli adolescenti domenica. Con anziani ed adulti andremo giovedì nel pomeriggio.

La prima confessione
Sabato 15 e 22 febbraio i bambini e le bambine di 4° elementare celebreranno la loro prima confessione. Quali ricordi abbiamo noi adulti di quell’evento, vissuto forse con un po’ di preoccupazione ? Cosa pensiamo di questo Sacramento ?

Oggi ci si confessa poco.
Si dice che è venuto meno il senso del peccato. Vero. La confessione nasce dall’incontrare chi ci vuole bene e che ci spinge a fare il bene. Nasce dalla consapevolezza di poter amare di più.
Ma spesso l’individualismo ci chiude nel faccio ciò che voglio: così la solitudine, l’assenza di maestri, l’assenza di limiti, di senso di responsabilità, ci rendono di pietra. Incapaci di chiedere e dare perdono.
O per molti il peccato è solo un episodio, un cedimento della libertà: “ Non sono riuscito in quella cosa, ma comunque ce la faccio da solo. Non ho bisogno di chiedere l’aiuto di Dio. Lui non c’entra con le mie scelte”. Pensiamo di essere autonomi, pensiamo che certe scelte non rovinano la nostra vita, o quella altrui.
La Giobia: e se la confessione o la preghiera diventassero il luogo dove raccontare i pesi del cuore? Anche i bambini amano essere ascoltati. Hanno pesi nel cuore. Dovremmo invitarli a fare disegni al cuore di Gesù. Lui aiuta. Lui consola.

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AVVISI - 2 FEBBRAIO 2025

47^ GIORNATA DELLA VITA
IL MESSAGGIO DEI VESCOVI ITALIANI

Si può fare a meno della speranza?
Quale futuro per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i sacrifici che accompagnano la generazione e l’educazione dei figli, renderà davvero migliore la vita di oggi e di domani?

Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’aborto) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a questa decisione drammatica da cause che sarebbe giusto rimuovere ?

Nel nostro Paese si registra un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli. Altri studi rilevano un processo di “sostituzione”: cioè l’aumento esponenziale degli animali domestici, che pur richiedono impegno e risorse economiche, e che a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo.

Tutto ciò è il risultato di una profonda mancanza di fiducia verso il futuro, ma ha anche altre cause: i ritmi di vita frenetici, la mancanza di garanzie lavorative, modelli sociali in cui la priorità è data alla ricerca del profitto, anziché la cura delle relazioni, an-che familiari. Dobbiamo poi constatare come alcune interpreta-zioni della legge 194/78, abbiano generato nella coscienza di molti una scarsa percezione della gravità dell’interruzione volontaria della gravidanza. Restano poi largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante tese ad offrire alternative all’aborto.
Occorre pertanto incoraggiare i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini.
La Chiesa non deve cessare di promuovere la cultura della vita, mediante la riproposta del valore sociale della maternità e della paternità: ed occorre stimolare l’impegno legislativo per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci.
La Scrittura ci presenta un Dio che ama in modo particolare gli esseri umani, chiamati ad essere generatori e partecipi della sua stessa vita divina.

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AVVISI - 26 GENNAIO 2025

LA SPERANZA
INTERVISTA A MONS. MASSIMO CAMISASCA

Oggi si parla di speranza in molte occasioni, ma ho paura che se ne parli senza conoscerne le fondamenta.
La speranza si può facilmente confondere con un sentimento vago di aspettativa, di cambiamento, che tuttavia non si sa da dove possa venire.
Dunque il primo servizio che possiamo fare alla speranza, perché possa nascere in noi, e quindi negli altri, è di chiarirne il reale significato. Per noi cristiani la speranza è un’attesa che va oltre il nostro tempo. Attendiamo da Dio il compiersi delle promesse che Lui ha posto dentro di noi. Ed attendiamo questo in modo operoso.
C’è qualche ostacolo alla speranza ?
Un ostacolo alla speranza è la solitudine. Quando noi ci concepiamo da soli o siamo soli, corriamo il forte rischio di perdere la consapevolezza che la nostra vita è posta dentro una continua alleanza tra Dio e il suo popolo. Quindi per vivere la speranza è fondamentale trovare degli amici, persone in grado di illuminare la nostra esistenza, che possano aiutarci a cogliere il bene che Dio vuole insegnarci anche attraverso la difficoltà.
Altro elemento che aiuta a ritrovare questa fiduciosa attesa nei momenti più bui, è la memoria delle vicende positive che abbiamo vissuto grazie all’aiuto di Dio. Essa ci permette di trovare la mano di Dio e di lasciarci accompagnare. Scopriamo così che la nostra esistenza è orientata dalla volontà del Padre, secondo il suo disegno.
Queste parole sono illuminanti: la solitudine è serio ostacolo alla speranza. Senza una famiglia, o una comunità, è difficile rimanere nella speranza. Lo slogan della giornata della famiglia di quest’anno è : “La famiglia, porta di speranza”.
E’ vero: Dio ci ha creato nella nostra singolarità ed originalità.
Queste caratteristiche sono fin troppo esasperate nel nostro mondo, che continuamente invoca la libertà del singolo, sino a trascurare l’altra verità legata alla persona umana: la sua socialità, il suo essere bisognoso dell’altro, il suo essere creato ed accolto attraverso il volto e le cure di una madre e di una comunità.
Noi siamo “umani” grazie a chi si è preso cura di noi.
La famiglia è quel luogo fondato sull’amore e sul rispetto, in cui convivono persone di età, sesso, ed esperienze diverse, e in cui il bambino può capire qualcosa della vita, può vedere cosa significa amare, perdonare, accudire...
Quando manca questa esperienza originaria sorgono problemi: la deriva educativa di tanti adolescenti nasce dal non sentirsi accolti o accompagnati da una famiglia.
Non è affatto facile passare dai legami familiari, a volte problematici, o dai legami delle bande giovanili, a quella mentalità aperta, matura, costruttiva, che mi aiuta a pensarmi come popolo, come unità sociale.
La cultura laica tenta oggi, specialmente attraverso la scuola o lo sport, di educare i giovani ai valori, al rispetto delle leggi, all’amore di patria.
Ed è sempre meglio della cultura dell’istinto o dell’anarchia, in voga negli anni ‘60. Ma noi cristiani sappiamo che non è sufficiente.
La pace passa anche attraverso iniziative molteplici che offrono luoghi di crescita: i doposcuola, che ogni parrocchia organizza, sono luoghi di speranza e di accoglienza. Le nostre feste o anche i nostri incontri di preghiera o culturali, devono offrire possibilità di sentirsi popolo.
Se la famiglia è porta di speranza, lo sono anche Chiesa e parrocchia.

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AVVISI - 19 GENNAIO 2025

DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO

È stata istituita da papa Francesco nel 2019, e si celebra nella terza domenica del Tempo ordinario (rito romano). Noi milanesi dagli anni dell’episcopato di Carlo Maria Martini, siamo abituati ad accostare la Bibbia con attenzione e desiderio. Il desiderio nasce dalla convinzione che in quelle pagine si possa trovare ancora oggi una parola che guida, consola ed incoraggia. Una parola che non è solo informazione personale o culturale, ma mezzo efficace per unire la nostra vita a quella di Gesù: Lui è la Parola di Dio. Meditando il Vangelo (e meditare non è solo leggere o studiare...) noi entriamo in una vera comunicazione con Gesù.

E’ difficile leggere la Bibbia? Si lo è. Dopo i primi entusiasmi, nella lettura personale, può subentrare un certo scoraggiamento. La Bibbia rimane pur sempre parola umana, limitata nel tempo, ma che contiene il soffio dello Spirito. La sua comprensione può essere faticosa se non è accompagnata da amici che facciano da cassa di risonanza. Ecco la bellezza dei gruppi del Vangelo. Essi si ritrovano nelle case per uno scambio di riflessioni che nascono appunto dalla Bibbia letta e studiata insieme. Tutto è più semplice.

Altra difficoltà: le statistiche dicono il 40% dei giovani che termina le scuole superiori non è in grado di comprendere quello che legge. Il linguaggio dei social, breve, scarno, elementare, l’abbandono della poesia o della lettura di romanzi classici, impegnativi, che educano ad esprimere i sentimenti nelle loro ampie sfumature, ci toglie la possibilità di capire il linguaggio biblico che è spesso allusivo, poetico, simbolico.

Ma dove ascolto la Parola? a volte nella Messa ascoltiamo brani che ci lasciano indifferenti. Sono letture tratte fuori dal loro contesto letterario. Difficili da capire. Anche l’ascolto di lettori improvvisati, che non fanno capire facilmente quanto leggono, possono essere una bar-riera alla comprensione. Il tono, le pause, l’uso corretto del microfono... tutto è importante per far assaporare la Parola. Il Concilio Vaticano II° ci ha offerto un vasto repertorio di letture: ma rimane l’impressione di una scelta archeologica, che non tiene conto della capacità di comprensione dell’uomo moderno.

Gesù leggeva e ricordava le scritture. Amava i profeti ed i salmi in modo particolare… si riconosceva nelle grandi figure bibliche. Gli erano da guida. Lo incoraggiavano. Pensiamo al profeta Giona. Matteo ricorda che Gesù ha preso la sua vicenda come esempio della sua situazione di vita. Gesù teme la passione imminente, ma coltiva la fiducia che il Padre abbia comunque cura di lui, rigettandolo sulla riva, vivo e vegeto, dopo tre giorni nella bocca del pesce. E vero: la storia di un popolo, Israele, è anche la mia storia.

Conclusioni: Se desiderate approfondire la Parola vi invito a:
- partecipare ai gruppi del Vangelo esistenti in parrocchia,
- a collegarvi ogni martedì sera in video-chiamata con don Marco Valera che conduce da tempo un gruppo sui testi del Vangelo.
- per chi ama internet consiglio le meditazioni delle domeniche da parte di don Fabio Rosini.

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AVVISI - 15 DICEMBRE 2024

CHIESA E CORTILE

Le nostre parrocchie avevano due giornali informativi: in Madonna in Campagna la rivista “Incontro”, che risale al 1991, ancora edita, in Arnate la rivista dell’oratorio “Il cortile”. Oggi occorre forse pensare ad una pubblicazione che faccia sentire veramente protagoniste entrambe le comunità. Si sta dunque pensando di inserire in un futuro titolo le due parole: “incontro” e “cortile”.
La parola “incontro” esprime il servizio che un giornale offre alla comunità. La gente si incontra comunicando pensieri, sentimenti ed informazioni.
La parola “cortile” necessita di un discorso più complesso. Nell’ultimo consiglio pastorale qualcuno affermava: “Occorre che le nostre parrocchie aiutino la gente a radunarsi, come un tempo ci si ritrovava nei cortili...” Si esprimeva così il desiderio di superare l’individualismo tipici della città moderna. Anch’ io, come molti di voi, ho fatto l’esperienza di vivere l’infanzia in un cortile. Il cortile richiama una familiarità di rapporti: ci si conosce, si vive insieme, ci si aiuta, i figli crescono giocando con i figli dei vicini... Certo la vicinanza può generare invidie, litigi, incomprensioni. A volte mal ci si sopporta e chi si inserisce in un cortile deve fare l’umile e paziente fatica di imparare regole e comportamenti.
La Chiesa è più “piazza o cortile ?” La piazza è un ambiente necessario alla vita comune. Le nostre piazze sono luoghi preziosi di aggregazione ed identità: i monumenti, il palazzo del municipio, la chiesa... dicono un passato ben preciso. La piazza non è una landa desolata in cui fare ciò che si vuole, ma espressione architettonica di un popolo che ha saputo faticosamente raggiungere valori di convivenza e rispetto delle leggi. Certo non tutte le piazze sono uguali: alcune piazze non esprimono questi valori. Sono piazze desolate e tristi, spesso frutto si speculazioni urbanistiche e di insipienza della politica. Abbandonate a loro stesse. Gesù però amava le piazze… Come luogo di incontro gratuito. Le frequentava. Le abitava. Vi proclamava la Parola.

Il cortile ha certamente un valore identitario più marcato: è spazio aperto, ma insieme custodito. Attorno al cortile ci sono le case, ci vive la gente, che lo mantiene pulito ed in ordine. Don Bosco amava il cortile: sinonimo di gioco, chiasso, luogo sicuro per i giovani. Anche la Chiesa può essere un cortile: spazio che la comunità cristiana offre alle genti, dove riposarsi, divertirsi, fare cultura e ritrovare la presenza di Dio. Carlo Maria Martini parlava del cortile delle genti, come prezioso spazio da custodire nella Chiesa. Quel cortile era in origine nel tempio di Gerusalemme, e Gesù lo liberò dai mercanti, per fare spazio così alla ricerca di Dio da parte di tutti, stranieri e non credenti…

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