AVVISI - 20 OTTOBRE 2024

PADRE VENANZIO arnatese...

Nato ad Arnate l’8.6.1939, Padre Venanzio Milani è tra i fondatori della famosa associazione: ”Mani Tese”. Ha incontrato numerosi personaggi: Madre Teresa, Giovanni Paolo II, Paolo VI, Carlo Maria Martini, Fra Roger… Nella congrega-zione dei Missionari Comboniani di cui entra a far parte a 18 anni è stato Vicario Generale. Il 15 di-cembre 2005 il Comune di Gallarate gli conferisce il premio “Giornata cittadina della riconoscenza” per meriti sociali.
Ma possiamo chiederci:
“Come posso essere missionario in casa mia ? “ E poi…
“Vale la pena essere missionari? Non sono uguali tutte le religioni ? “ Ecco due esperienze che possono aiutarci.
1) Il semplice suono di una campana può aiutare la mia vita.
“Vicino a casa mia c’è una campana che suona ogni mattina.
A qualcuno da’ fastidio, ma un giorno mi sono chiesta: «La campana è come Uno che mi sta chiamando per nome, Uno che mi sta convocando!». È fantasia? No, tutta la mia storia mi porta a dire: «Se non ci fosse stato Gesù, non sarei quella cristiana che sono, non sarei qui». Allora quando la mattina sento il suono della campana, quello per me è un segno.
Prima non lo era, mi diceva poco, invece ora quel suono mi ricorda tutti i giorni che la mia vita è un Uomo che mi chiama e aspetta il mio sì. Ed è questo rapporto continuo che sostiene la mia mente e il mio cuore”. Essere missionari è accogliere Gesù ogni giorno.

2) Perchè per noi cristiani Cristo è fondamentale ? Perché non ci basta credere in Dio?

Dice don Giussani: “Il grande progetto di Dio è rendere visibile il Suo amore per noi attraverso l’incarnazione di Cristo ! Se un uomo qualsiasi, vissuto ai tempi di Gesù, incontrandoLo, gli avesse rivolto la domanda: “Ma tu chi sei? che nome hai?”, Gesù avrebbe potuto rispondere: “Io sono il mandato dal Padre”».
Ogni espressione, ogni gesto, ogni sguardo di Gesù traduce questa Sua coscienza di essere il mandato dal Padre.
La Sua missione consiste nel rendere visibile l’amore del Padre, nel testimoniare il Suo rapporto col Padre, nel comunicare agli uomini e alle donne del suo tempo e di ogni tempo, amandoli, quell’amore del Padre che costantemente Lo genera.
Non solo: Cristo coinvolge in questo lavoro i “suoi” e tutti quelli che per la loro parola crederanno, fino a ciascuno di noi.
Ci chiama come ha chiamato Matteo, e ci dice: “Seguimi”
Dunque no… non ci basta credere in Dio, tutte le religioni credo-no in Dio. Il bello del cristiano è mostrare che Dio opera con il cuore di Gesù. Con la misericordia ed il perdono di Gesù verso di noi. E tutto cambia.
I missionari non possono accontentarsi che i popoli si tengano la loro fede: ma desiderano che conoscano Cristo.
Poi possono decidere. Ma conoscere Cristo è la grande chiamata, la grande possibilità di incontrare il vero volto del Padre! Ecco il nostro lavoro: far incontrare il volto del Padre!

Liberamente tratto dalla rivista “Tracce”

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COPPIA APERTA QUASI SPALANCATA

IL TEATRO NUOVO DI MADONNA IN CAMPAGNA

GALLARATE

Via Leopardi, 4

dopo il grande successo ed il sold out di Let's Sing! ti invita alla prossima serata:

 26 Ottobre 2024, ore 21.00

COPPIA APERTA QUASI SPALANCATA

Commedia tragicomica di Franca Rame e Dario Fo

Compagnia I SENZA FISSA DIMORA

Scheda dello spettacolo

VENDITA ABBONAMENTI 

Solo in biglietteria sabato 26 ottobre 2024 dalle ore 15 alle ore 17:

 

 

VENDITA BIGLIETTI 

 

 

BIGLIETTO INTERO : 13€

BIGLIETTO GIOVANI (fino a 21 anni): 10€

BIGLIETTO FAMIGLIA (mamma - papà - giovane): 30€

 

 

BIGLIETTO INTERO : 14€

BIGLIETTO GIOVANI (fino a 21 anni): 11€

Vendita biglietti online utilizzando la piattaforma WebTic al seguente link: https://www.webtic.it/#/shopping?action=loadLocal&localId=5790 scegliendo i posti preferiti comodamente da casa, evitando code ed attese pagando con carta di credito fino a un’ora prima dall’inizio dello spettacolo.

La biglietteria è aperta il giorno dello spettacolo dalle ore 15 alle ore 17 e dalle ore 20. 

BUON COMPLEANNO!

 

Se il giorno del tuo COMPLEANNO vieni al TEATRO NUOVO ti regaliamo l’ingresso allo spettacolo in programma!

BENVENUTO DON PAOLO

Consulta il programma per l'ingresso solenne di don Paolo Stefanazzi nella nostra Comunità Pastorale.
CLICCA QUI

AVVISI - 13 OTTOBRE 2024

SAMMY BASSO: FEDE E SCIENZA, MALATTIA E SPERANZA

Della sua giovane esistenza (era nato nel 1995) si sa molto grazie alla sua voglia di fronteggiare la malattia e la sua capacità di comunicatore, di chi vuole e sa condividere.
Si era laureato a Padova in Scienze naturali, con una tesi di ingegneria genetica sulla progeria, malattia da cui era affetto. Nominato da Sergio Mattarella Cavaliere dell’Ordine al Merito, si era poi specializzato in Molecular Biology prendendo un’altra laurea. Se il suo viso era scarno e i lineamenti induriti dalla sua patologia, tuttavia il suo sguardo era vivace, penetrante, profondo, così come il sorriso pronto e la simpatia innata.
Volto noto sia in campo scientifico sia in campo mediatico, essendo stato invitato in molte trasmissioni televisive. Il suo amore per la ricerca ha portato i suoi genitori nel 2005 a fondare l’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso con lo scopo di raccogliere fondi.
Oltre alla sua vivace intelligenza, deve essere pure ricordata la sua testimonianza di fede, che può anche aiutare a riflettere sul rap-porto tra scienza e fede. Nel nostro tempo, molti sono ancora ancorati alla convinzione che tra queste due realtà ci sia una inconciliabile opposizione di fondo. Non c’è nulla di più sbagliato, se si tiene debitamente conto che entrambe operano su piani differenti.
La scienza, infatti, cerca di spiegare il “come” avvengono le cose,
mentre la fede (come la filosofia) spiega il “perché”: è il compito dello scienziato, per esempio, spiegare com’è nato il mondo, ma sarà premura del teologo (o filosofo) dirci il perché il mondo c’è.
Pur mantenendo gli ambiti distinti, nella reciproca collaborazione, molti pensatori e ricercatori ci mostrano come non ci sia mai una vera contraddizione tra le proposte scientifiche e gli insegnamenti della fede cristiana.

Questa visione sulla realtà, Sammy l’aveva ben compresa, tanto da lasciarci questa stupenda lezione: «La fede è la parte principale, la più intima di me stesso. Potrei dire qualsiasi cosa su di me, ma se non dicessi che ho fede è come se non dicessi niente. Sono credente e spesso magari mi viene anche chiesto come si fa a credere nonostante una malattia genetica così rara. Per me, però, Dio è così grande, cioè una realtà talmente oltre ogni portata, che veramente ogni cosa scompare, perché credo che Dio mi ha dato una vita, mi ha dato una famiglia, mi ha dato degli amici, mi ha dato un mondo dove stare e queste sono tutte cose molto più importanti, molto più grandi di quelle che una malattia può togliere. Della fede cristiana mi piace proprio questo: il fatto che tutti noi fedeli dovremmo cercare di assomigliare a Dio, tenendo però conto che Lui ci ha reso il compito facile, perché è Lui che ha voluto assomigliare tantissimo a noi, ha condiviso ogni cosa con noi: dalla festa al dolore, alla morte». L’augurio da credenti – nella speranza della fede – è che la fine terrena per Sammy Basso sia un nuovo inizio, l’alba della risurrezione.

Tratto dalla rivista “Il Timone”.

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AVVISI - 6 OTTOBRE 2024

PREGHIAMO PER LA PACE

La situazione in medio oriente appare oscura: assistiamo a popoli interi sottomessi a governi folli che impongono decisioni che non fanno che fomentare odio e risentimento: e vittime innocenti si moltiplicano a dismisura. Anzi, ideologie di morte, approfittano proprio delle vittime per continuare ad alimentare i loro interessi, e con loro guerra e odio. Una spirale senza fine.
Su iniziativa del Cardinale Pizzaballa (rilanciata da Papa Francesco), lunedì 7 ottobre, anniversario dell'attacco terroristico in Israele, viene proposta una giornata di digiuno e di preghiera:
«In questi dodici mesi abbiamo assistito a tragedie che per la loro intensità e per il loro impatto hanno lacerato in maniera profonda la nostra coscienza e il nostro senso di umanità. La violenza che ha causato e sta causando migliaia di vittime innocenti, ha trovato spa-zio anche nel linguaggio e nelle azioni politiche e sociali. Noi conti-nuiamo a credere che la Provvidenza ci ha voluti qui per costruire insieme il Suo Regno di pace e di giustizia, e non per farne un ba-cino di odio e di disprezzo, di rifiuto e annientamento reciproco».

INIZIATIVE DI PREGHIERA LUNEDÌ 7 OTTOBRE:
in Basilica ore 18 santo Rosario, ore 18.30 Santa Messa, ore 19 fino alle 20 adorazione eucaristica.
Noi come comunità pastorale: adorazione Eucaristica dopo la S. Messa feriale ( ore 8.30 - 9.30 Madonna in Campagna, ore 9 - 10 Arnate) e ore 18 S. Rosario comune in santuario.

PREGHIERA SPECIALE PER LA PACE
Signore Dio nostro, Padre del Signore Gesù Cristo e Padre dell’umanità intera,
che nella croce del Tuo Figlio e mediante il dono della sua stessa vita
a caro prezzo hai voluto distruggere il muro dell’inimicizia
e dell’ostilità che separa i popoli e ci rende nemici:
manda nei nostri cuori il dono dello Spirito Santo, affinché ci purifichi
da ogni sentimento di violenza, di odio e di vendetta,
ci illumini per comprendere la dignità insopprimibile di ogni persona umana,
e ci infiammi fino a consumarci per un mondo pacificato
e riconciliato nella verità e nella giustizia, nell’amore e nella libertà.
Dio onnipotente ed eterno, nelle Tue mani sono le speranze degli uomini
e i diritti di ogni popolo: assisti con la Tua sapienza coloro che ci governano,
perché, con il Tuo aiuto, diventino sensibili alle sofferenze dei poveri
e di quanti subiscono le conseguenze della violenza e della guerra;
fa’ che promuovano nella Terra Santa e su tutta la terra
il bene comune e una pace duratura.
Vergine Maria, Madre della speranza, ottieni il dono della pace
per la Santa Terra che ti ha generato e per il mondo intero. Amen.

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AVVISI - 29 SETTEMBRE 2024

TUTTO PUO' CAMBIARE... MA CON GESU'

Lo slogan dell'anno oratoriano ci invita ad uno sguardo attento sui nostri ragazzi e giovani.
Accanto a tanti mondi positivi che i nostri figli vivono ed attraversano con passione, pensiamo alle diverse realtà sportive, di volontariato o aggregative, ma anche al mondo della scuola o lavorativo che spesso diventano ambiti di realizzazione di sé e di crescita, non mancano però in molti giovani segni di disagio e di fragilità che ci interrogano.

Paolo Crepet, psicologo, di fronte ai fatti di Parma (di quella ragazza e delle sue gravidanze) si domanda: “In due anni e mezzo di frequentazione con il fidanzato, di cosa avete parlato? Quali sono stati gli argomenti delle vostre cene, delle vostre serate, delle vostre passeggiate?
E i rapporti con la tua famiglia ?
C’era dialogo ?
Io da ragazzo se fossi stato muto a cena, a casa dei miei genitori, mi avrebbero detto subito:“ Che cosa hai?” Sai bene ? “
Non era possibile finire la cena senza quella domanda.
Domanda magari detestata da me adolescente che desideravo avere i miei misteri. Ma domanda necessaria da parte di genitori avveduti: fa parte dell’educazione alla civiltà quello di preoccuparsi dell’altro. Quello di dire alla figlia: “Sei felice con il tuo ragazzo? Che progetti avete?”

Invece mi sembra che si vivano realtà importanti della vita con assoluta, totale, indifferenza. Noi siamo in una società di indifferenti, di persone che vivono come in una monade.
Siamo tutti collegati, ma siamo tutti soli”.

Il cortile dell’oratorio, il suo spazio, le attività proposte, la cu-ra dei piccoli, l’educazione alla preghiera, sono medicine potenti contro l’indifferenza.
L’incontrare persone, proposte, situazioni diverse, sono occasioni per non chiudersi, per non vivere da isolati, da monadi.
“Monade” significa uno, solo, isolato, autosufficiente.
Certo, ognuno di noi ha la sua storia, la sua personalità, il suo percorso. Ma sempre intrecciato con quello degli altri.
Siamo sempre in relazione, anzi, è l’apertura, l’amore che ci salva. E’ lo stupore e l’apertura fiduciosa al mistero della vita, che spesso non coincide con i nostri progetti.
Questo insegna la comunità cristiana. Questo insegna Gesù.

Buona festa dell’oratorio !

Il parroco.

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AVVISI - 22 SETTEMBRE 2024

TUTTO CAMBIA... CON GESU'

“E’ lo slogan dell'anno oratoriano che ci introdurrà al Giubileo 2025 e ci aiuterà a viverlo accogliendo la dimensione della speranza. Ragazzi e ragazze saranno invitati a mettersi nuovamente in cammino come "pellegrini di speranza" e "animatori di speranza" nei loro ambienti di vita, con i loro amici e familiari. Con Gesù TUTTO CAMBIA: solo Lui cambia la prospettiva sulle cose del mondo. Con Lui ci impegniamo a dire "basta" al male, così come ci chiede il nostro Arcivescovo, e a farci bastare la Grazia che il Signore ogni giorno ci dona con la sua pre-senza e con il suo amore che salva e fa rinascere”.

Sono le belle parole della Fom (federazione oratori milanesi) . Sono convinto che i giovani che frequentano i nostri ambienti saranno in grado di portare speranza e gioia.

Anche noi adulti siamo chiamati a ripartire con entusiasmo. E siccome abbiamo sempre bisogno di esempi concreti, ecco una testimonianza di fratelli che pongono in Gesù tutta la loro speranza: sono i cristiani che vivono oggi in Irak.

“ I cristiani sono come gli ulivi ” , si dice in Iraq: puoi tagliarli, puoi bruciarli, ma dopo dieci o vent’anni continuano a dare frutto. È proprio quello che è accaduto dieci anni fa con l’invasione dello Stato islamico. Nel giugno 2014 i tagliagole dell’Isis dilagarono nel-la Piana di Ninive, costringendo i 120 mila cristiani che l’abitavano a fuggire «Quel giorno, nel giro di un’ora, abbiamo perso tutto: la casa, i soldi, ogni altro possedimento materiale», ricorda padre Georges Jahola, sacerdote della Chiesa siro-cattolica.
Prima dell’invasione dell’Isis, a Qaraqosh vivevano 50 mila cristia-ni. A dieci anni di distanza sono tornati in 25 mila. Il 50% della popolazione se n’è andato, in altre parti del paese o all’estero, temendo per la propria vita o disperando che in Iraq ci sia ancora posto per i cristiani. 20 anni fa, in Iraq vivevano circa 1,5 milioni di cristiani, «oggi la comunità non supera le 200 mila unità».

Per restare in Iraq, spiega padre Jahola, «la fede è necessaria, altrimenti saremmo già scappati tutti. Noi siamo radicati nella fede cristiana e vogliamo professarla nella nostra terra. Anche tra chi se n’è andato, tanti ora vorrebbero tornare. Ogni anno che passa sono sempre più convinto della mia scelta: occorre rimanere. L’Irak ha bisogno dei cristiani: sono gente di pace e costruttori di progresso, fra i fondamentalisti finanziati da potenze straniere! La speranza cresce nel cuore della gente e questa è una grande soddisfazione personale. Abbiamo vinto, pur avendo perso tutto. Non abbiamo perso l’unica cosa che è fondamentale: la fede in Dio. L’Isis ci ha spogliati di tutto, ma noi siamo tornati, abbiamo ricostruito le città e oggi la nostra vita è più forte di prima. Sì, ne sono convinto: l’Isis ha perso, noi cristiani abbiamo vinto».

Buona festa dell’oratorio!

Il parroco.

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AVVISI - 15 SETTEMBRE 2024

Il primo consiglio pastorale...

Lunedì scorso ci siamo ritrovanti come consiglio pastorale per presentarci e raccontarci con semplicità desideri ed attese. La mia prima impressione è che si tratti di un gruppo attento al bene delle nostre parrocchie, con il desiderio di lavorare e di essere da tramite e portavoce fra la gente e gli operatori pastorali.
Infatti il primo compito di un consiglio pastorale è saper individuare positività e risorse all’interno della comunità, ma anche sofferenze e criticità. Ascoltando tutti: credenti e non.
Non ci nascondiamo che la chiesa attraversa un momento non facile: la partecipazione alle celebrazioni o alle iniziative proposte non è sempre soddisfacente o incoraggiante.
Ma fra noi mi sembra di notare un interesse per i ragazzi e per l’oratorio, per la Parola di Dio condivisa e la catechesi.

Effetto nostalgia

Da alcuni interventi è emersa la nostalgia per i tempi passati: quando tutto sembrava più facile: la chiesa era punto di riferimento ed una delle poche agenzie educative sul territorio. Le proposte per le famiglie, le iniziative culturali o ricreative godevano di successo.
Da almeno vent’anni tutto è più complicato: il mondo del lavoro o della scuola chiede impegno pressante e continuo, le famiglie sono stanche e frastornate.
Ma soprattutto è venuta a mancare quella fiducia istintiva che la fede possa aiutare nella vita. Che senza la fede, tutto è più difficile.
E parlo di una fede non episodica, legata all’emozione, ma vissuta con regolarità: che si nutre di gesti ed appuntamenti (come la Messa domenicale) che si osservano volentieri, perché la vita è fatta anche di questo: di sane abitudini. Come lavarsi la faccia ogni giorno. Anche la catechesi che prepara ai sacramenti viene chiesta da molti genitori perché ne riconoscono il valore educativo per i piccoli, ma per loro, adulti, catechesi e fede non interessano più.
Non si coglie che il bambino viene affascinato dall’esempio dell’adulto: il bambino vuole fare le cose da grandi, ma se i genitori so-no indifferenti, tutto rischia di rimanere sterile: il bambino capisce ben presto...

Quale compito per la comunità?

Un passo della lettera del vescovo di quest’anno dice che il nostro compito è predisporre un ambiente favorevole all’incontro con Gesù. Nella libertà dell’individuo.
Ambiente favorevole, ad esempio, come oratorio (e parlo ai bari-sti, alle catechiste, agli allenatori...) C’è bisogno di ordine, pulizia, accoglienza serena di bambini e famiglie.
Ambiente favorevole come chiesa e liturgia. La Messa è cosa difficile: perchè un bambino, od una famiglia, dovrebbe venire alle no-stre celebrazioni? Sono ben curate come canti, amplificazione, accoglienza ? I bambini sono messi al primo posto?
Se li invitiamo dobbiamo pensare anche a questo.
C’è dunque tanto lavoro da fare. Molto da programmare.
E c’è bisogno di tutti.

Il parroco

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AVVISI - 30 GIUGNO 2024

MI RACCOMANDO RICORDIAMOCI NEL SIGNORE

Avrei voluto solo una pagina bianca con scritto semplicemente un grande grazie per salutarvi... perché si sa, quando le emozioni tracimano paiono sovrastarti, quando il cuore pullula di sentimenti contrastanti, parlano meglio i silenzi, gli sguardi, gli abbracci, le strette di mano, le lacrime ... perché le parole sono così povere, così fragili, così inadeguate da non riuscire ad esprimere tutto ciò che vorresti.

La “partenza” è scritta nell’avventura cristiana di un prete, è forse la sua vera “povertà” ed è un’esperienza che attraversa il suo cuore e quello della comunità con la quale ha camminato e condiviso tutto per un tratto di strada.

La partenza è “obbedienza” e io lascio questa Comunità per obbedienza al mio Vescovo. Ogni partenza è una “ferita” ma, non c’è amore senza ferite. I 10 anni trascorsi insieme sono stati davvero un’esperienza straordinaria e indimenticabile, scritta per sempre nel mio cuore, come se fosse scolpita nella roccia.

Un’esperienza intessuta di splendidi incontri, di affettuosi legami e relazioni, di gioia e di festa, di stupore e di incanto, di tanti segreti ascoltati, di tantissimi doni ricevuti, di sorprese inaudite.

È stato magnifico fare il prete-parroco qui: ho vissuto ogni giorno quella che amo chiamare la “Chiesa dei volti” nelle celebrazioni eucaristiche, nel dopo messa anche solo per un breve scambio di parole e sguardi, nelle tante ore passate a confessare, nelle visite ai carissimi malati, negli incontri con le giovani coppie, negli itinerari per i fidanzati ... mi sono sentito amato, atteso, cercato. Persino nella benedizione natalizia delle famiglie: non si permette a chiunque di varcare la soglia della propria casa ... eppure in tantissime occasioni non ho dovuto neppure bussare: la porta era già aperta, in segno di attesa, di amicizia, di simpatia che ha fatto dire a molti: lei qui! Che bello!.

Ciò che innanzitutto ho voluto comunicarvi è un’immagine di Dio: quella che ci comunicano la vita e la Pasqua di Gesù di Nazareth, il mio il nostro Maestro e Signore, il Signore della danza che mi ha sedotto e che ha “stregato” la mia vita. Un Dio che non inchioda nessuno di noi al nostro passato, che non ci chiede mai da dove veniamo ma piuttosto dove vogliamo andare. Un Dio che non è in competizione con l’uomo ma che sogna solo di vederci liberi e felici quaggiù. Un Dio che ci regala sempre con sovrabbondanza il suo perdono che ci restituisce alla vita. Alla scuola della sua misericordia ho cercato di far risplendere a tutti, di illuminare tutti con il suo perdono. Ho voluto dirvi che è possibile e insieme splendido amare Dio con cuore di carne e amare la carne con cuore di Dio. Vi ho voluto comunicare un volto di Chiesa “conciliare”, fraterno, misericordioso. Una Chiesa accogliente, dal cuore di carne, colmo di tenerezza. Una Chiesa che sa essere nel mondo e per il mondo, con lo stile che ci ha suggerito mons. Tonino Bello: “Amiamo il mondo e la storia. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia. Facciamogli compagnia. Adoperiamoci perché la sua cronaca diventi storia di salvezza. Coraggio! Riscoprite i volti! Non abbiate paura che vi accusino di parzialità se partite dai più deboli”.

Una Chiesa dove i laici non sono semplici collaboratori ma splendidi “corresponsabili”... e il pensiero qui corre al neo eletto Consiglio Pastorale, al Consiglio per gli Affari Economici, all’equipe dei corsi fidanzati, della Caritas e Battesimo, ai gruppi della Condivisione della Parola e ai gruppi di Ascolto, ai gruppi familiari...

Ho cercato si seminare “speranza” perché sono straconvinto che tutto ciò che viene fatto nel mondo, viene fatto dalla speranza. È la speranza che cambia il volto del mondo, il volto e il cuore degli uomini. Ed è stato magnifico vedere tanti occhi di nuovo vivi per aver di nuovo ripreso e saputo gustare la speranza.

Ho cercato di far scoprire la bellezza che ognuno è e che ognuno porta dentro, sia pur mischiata alla sofferenza e al peccato. Ho voluto sempre innalzare un “inno allo spreco” perché l’amore non si spreca mai. Di più, l’amore che non ha il coraggio di sprecare, di consumarsi, di perdere, non è amore.

Mi sono sentito, mi avete fatto sentire fratello, figlio, padre, dentro una grande fedeltà e una grande libertà. Ho imparato sempre più l’accoglienza, ho imparato ad aprire le porte del mio cuore e per questo sono diventato più “vulnerabile”.

Ho condiviso tante gioie, tanti incredibili ritorni alla fede e alla Chiesa. Spesso con tanti di voi mi sono sentito talmente in unità e sintonia da vivere realmente quel detto che afferma: “Sì è così uniti che quando uno piange, l’altro sente il sapore del sale”.

Avvicinandomi a ogni persona incontrata, ho cercato di vivere l’esperienza del roveto ardente: ogni persona è “un roveto ardente” davanti al quale occorre togliersi i calzari perché ogni persona è un “luogo sacro”, perché dentro ogni persona abita Dio da sempre, molto prima del mio arrivo.

Vado a Somma Lombardo col cuore che ho coltivato e imparato a Cologno Monzese, a Limito, a Maria Regina di Pioltello e sempre più qui a Gallarate: un cuore così libero, profondo e ricco di misericordia, spoglio di giudizi e pregiudizi che permette a chiunque di entrarvi dentro a piedi nudi, senza nessuna paura di ferirsi.

Vado a Somma Lombardo , ringraziando tutti, con un invito che regalo a ciascuno di voi: “Tutti noi che inciampiamo ma continuiamo a credere nell’Amore, alziamoci e facciamolo splendere!” (Bruce Cockburn)

Vado a Somma Lombardo ma vi lascio a malincuore ... E se qualcuno mi chiederà: hai vissuto? Hai amato?  Io, senza dir nulla, aprirò il cuore pieno di nomi. I vostri nomi.

don Mauro

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AVVISI - 23 GIUGNO 2023

L’ARTE SUPREMA

Un prete felice, ecco quello che sono. Credo che la gioia sia sempre segno di una “presenza”: quella del Signore Crocifisso e Risorto che di “insinua” nelle pieghe di ogni giornata. Di ogni scelta, di ogni gioia, di ogni sofferenza. Una presenza che non ti abbandona, che si fa sentire con tutto il suo fascino e la sua forza, le sue esigenze. E la presenza di chi mi vuole bene, la presenza di tante meravigliose persone che ho incontrato sulla mia strada.

Grato dal profondo al Signore, devo confessare che vivere alla sequela di Gesù, cercare di mettere i miei passi sui Suoi passi è stato ed è per me davvero trovare il “centuplo quaggiù”. Il centuplo in libertà, in gioia, in fraternità, in speranza, in umanità, in profondità.

Più passano gli anni sempre più mi sento dolcemente costretto dallo Spirito a essere, a diventare padre, a convertirmi alla misericordia e alla magnanimità di Dio. Diventare il padre misericordioso è l’esperienza spirituale più profonda che mi sta accompagnando in questi ultimi anni, sta diventando lo scopo ultimo della mia vita spirituale.

“Un figlio non rimane un bambino. Un figlio diventa un adulto. Un adulto diventa padre e madre. La sfida, o meglio la chiamata, è diventare io stesso il Padre. Sono intimorito da questa chiamata. Sebbene io sia entrambi, tanto il figlio minore che quello maggiore, non devo rimanere come loro, ma diventare il Padre. Voglio essere non solo colui che è perdonato, ma anche colui che perdona; non solo colui che è accolto festosamente a casa, ma anche colui che accoglie; non solo colui che ottiene compassione, ma anche colui che la offre. Il ritorno al Padre è in definitiva la sfida a diventare il Padre. Diventare il Padre misericordioso è lo scopo ultimo della vita spirituale. (H. Nouwen, L’abbraccio benedicente).

Forse lo dobbiamo diventare tutti. Certamente lo devo diventare ed essere io, prete da quarantacinque anni. Per questo cerco di vivere ogni giorno il rapporto con l’altro come lo descrive quel grande parroco che è stato don Primo Mazzolari.

“Nell’altro non si entra come in una fortezza, ma come si entra in un bosco in una bella giornata di sole. Bisogna che sia un’entrata affettuosa, non un’usurpazione. Nell’altro si entra da pari a pari, rispettosamente, affettuosamente, per tenergli compagnia, per dargli consapevolezza di forze ancora inesplorate, per dargli una mano a compiersi, ad essere se stesso, secondo la sua inclinazione, la sua regola, il suo gioco interiore”.

Come prete è quarantacinque anni che sogno: un prete non può smettere di “sognare”, di scommettere sul Vangelo, di inventare, di rischiare nuove strade, di vivere e comunicare l’incanto della fede. Con passione e un pizzico di follia.

Mi spinge potentemente a continuare a sognare un Vescovo a me molto caro, mons. Oscar Romero, ucciso mentre celebrava Messa. Così racconta di lui il giornalista Maurizio Chierici: “ Lo trovavo sempre più triste, eppure continuava a lottare. Ed era solo. Gran parte dei Vescovi lo aveva abbandonato ... Eppure tre mesi prima di morire manteneva la speranza, duro come un ragazzo. Non è un’utopia? Provavo a dirgli. ‘Mi guardi. Se non credessi all’utopia porterei questo vestito?’”.

Ho ancora negli occhi una meravigliosa sequenza del film “La vita è bella” di Roberto Benigni in cui il protagonista, cercando di imparare l’inchino da cameriere, a poco a poco si inchina letteralmente in due. Lo zio lo “rimprovera” con queste parole:
“Guarda i girasoli, s’inchinano al sole. Ma se vedi qualcuno che è inchinato un po’ troppo significa che è morto! Tu stai servendo, però non sei un servo! ... Servire è l’arte suprema. Dio è il primo servitore...”.

È questa “arte suprema” che auguro a me e a ogni sacerdote che ho incontrato sul mio cammino.

don Mauro

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AVVISI - 16 GIUGNO 2024

PRETE FELICE DA 45 ANNI

16 Giugno 1979 – 16 Giugno 2024: sono prete, prete felice da quarantacinque anni! Sono stati “quarantacinque anni arcobaleno”.  Come l’arcobaleno narrato dalla Genesi, segno posto da Dio nel cielo a memoria della sua alleanza con ogni uomo. È un’alleanza, un rapporto, un amore che sento molto forte, che sento ancora freschissimo e tenerissimo come nei miei primi passi da prete e ancor prima da giovane seminarista. Sentirmi amato, straamato da Dio, plasmato dalla sua tenerezza, è l’esperienza che mi accompagna straordinariamente e potentemente ogni giorno della mia vita. Lui ama me ... io cerco di amare Lui ... mi lascio amare da Lui e il mio cuore è “occupato” da questa dolcissima appartenenza, È l’esperienza che mi strappa ogni velo di malinconia, che mi dà una carica speciale ogni giorno, anche in quelli raggiunti dall’onda della tristezza e del dolore. Sento per questo di poter dire: “Mia forza e mio canto è il Signore”, il mio Signore, il Signore della danza, il Signore della croce e del mattino di Pasqua, il Signore della gioia, della speranza, della misericordia, del perdono, della fraternità, del centuplo quaggiù ...

“Quarantacinque anni arcobaleno” proprio come un insieme di splendidi colori che hanno segnato, attraversato, fatto fiorire e rifiorire molteplici esperienze, così diverse tra loro, vissute nelle varie parrocchie dove sono stato, nelle scuole dove ho insegnato, ma soprattutto nei volti che ho incontrato, nei momenti della gioia, del dolore, della scelta, della fede, del dubbio, dell’incredulità ... volti e cuori a cui mi sono fatto vicino perché un sorriso lo puoi vedere da lontano ma le lacrime sono trasparenti e le puoi vedere solo in un’intima vicinanza ... È un arcobaleno di volti che riempie la mia vita di prete a cui sono smisuratamente debitore, perché smisuratamente amato. È proprio vero se dici di sì a Dio, sei sempre tu ma non sei più tu, perché Dio, Ospite dolce, non ti dà più riposo ...

”Padre”, chiesi all’anziano monaco ‘parlaci un poco di te stesso’ “Di me stesso?”, chiese. L’anziano monaco ebbe una lunga pausa di riflessione. “Il mio ...nome”, disse quasi sillabando, “era ... io! Ma ora è divenuto ...TU!” (Teofane il Monaco)

... il “tu” di Dio, il tu” del prossimo! Ma credo non ci sia esperienza più bella e grande dell’amore, quando scopri che il tuo baricentro è fuori di te. È quello che mi insegna, che ci insegna la Pasqua, l’Eucaristia. È con l’Eucaristia nelle mani, all’altare, sono chiamato a guardare il mondo e le persone con occhi diversi, con cuore diverso, con occhi e cuore da amante. Per ogni persona che ho incontrato ho cercato d’essere il “presbitero della speranza”. A ognuno ho cercato di comunicare che:

“Il rapporto tra Dio e l’uomo si colloca sul livello dell’eccedenza e della sovrabbondanza. La logica non è quella del minimo indispensabile ma del massimo possibile. Dio dialoga con l’uomo nei larghi spazi della bellezza e dell’amore non nell’angustia dei diritti e dei doveri”. (Maria Ko Ha Fong)

A ognuno ho cercato di far intravedere il volto misericordioso di Dio e di mostrare che ogni pagina evangelica, soprattutto quella delle Beatitudini, ci descrive ciò che diventa possibile a chi si “abbandona” a Dio. Ho cercato e cerco di essere un prete che vive non come in un matrimonio invecchiato, lasciando che l’abbandonarsi l’uno all’altro diventi abitudine, ma come un innamorato ... E come un innamorato di Dio, con un grande amore alla Chiesa e alla gente, ho sempre detto sì a ogni cambiamento, in obbedienza. E ogni volta ho ricevuto tanto di più. Anche in questo nuovo cammino, in questa nuova sfida.

Ringrazio e prego per questi quarantacinque anni e per il tempio che mi è dato a venire. Prego di essere sempre l’uomo delle relazioni profonde, che sa far scaturire il bene:

“Un’icona ci richiama al mistero della Visitazione, a una parola di Elisabetta: ‘Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo’ (Lc1,43). L’effetto positivo della relazione pastorale autentica è simile all’effetto della voce di Maria: si risveglia quanto di più vivo c’è in ogni persona. È una relazione, perciò, che vuole con tutte le forze e ottiene il bene dell’altro e poi riverbera in un Magnificat per colui che l’ha offerto”. (C. M. Martini, Prove e consolazioni del Prete).

Prego di saper essere sempre all’altezza dell’amore di Dio, all’altezza del Vangelo, del fuoco dello Spirito Santo, Prego di avere sempre il calore della passione che sa essere all’altezza dei cambiamenti dentro e fuori la Chiesa, e all’altezza dei sogni di chi incontri.

“Un cuore freddo non può assolutamente percepire un linguaggio di fuoco” (S: Bernardo).

don Mauro

AVVISI - 9 GIUGNO 2024

IL GIOCO DELL’AMORE

“Un monaco mendicante trovò, in uno dei suoi viaggi, una pietra assai preziosa e la ripose nella sua sacca. Un giorno incontrò un viandante, e mentre apriva la sacca per trarne cibo da spartire con lui, il viandante vide la pietra preziosa e gliela chiese. Il monaco gliela donò immediatamente. Allora il viandante lo ringraziò e se ne andò pieno di gioia con quel regalo insperato: un gioiello che sarebbe bastato a dargli ricchezza e sicurezza per tutto il resto dei suoi giorni. Tuttavia dopo poco tempo, quel viandante tornò indietro, in cerca de monaco e, trovatolo, gli restituì il regalo e lo supplicò: ‘Ti prego, ora dammi qualcosa di maggior valore di questa pietra, pur tanto preziosa. Dammi, per favore, ciò che ti ha permesso di regalarmela!”.

Credo che ogni felicità, ogni capacità di fare della propria vita un “regalo” e una “passione” abbia il suo segreto, la sua sorgente inesauribile e sempre nuova in un incontro, in una relazione, in un amore. Così è stato e continua ad essere per me prete da quarantacinque anni: la scelta di Gesù Cristo come primo amore. Non si può resistere al Suo amore implacabile, dolcemente “violento”. Per questo l’unica parola, l’unica risposta possibile è stata ed è per me “Eccomi!”

Da sempre mi sono sentito amato dal “mio” Dio, custodito “come pupilla degli occhi” dal mio Signore e la coscienza di appartenere a Qualcuno, la coscienza di essere amato, di essere sempre preceduto, immerso, avvolto nell’amore è la fonte della mia gioia nella mia avventura di essere cristiano e prete, del mio mettermi a servizio di chi incontro, ascolto.  “Quando l’amato accetta di stare al gioco dell’Amore, ecco l’invasione di Colui che strappa, libera e imprigiona allo stesso tempo, che fa entrare nella sua gioia”. (Louis-Albert Lassus).

Dentro questo “gioco dell’Amore” gli anni sono passati, veloci e intensi, ma la gratitudine, la passione, lo stupore sono restati intatti. Sono grato di aver attraversato e vissuto le diverse stagioni della vita, della società, della Chiesa nelle diverse comunità in cui mi sono trovato. E sono entusiasta di poter vivere quella splendida e straordinaria stagione che ci regala papa Francesco!  Nella stagione che più vuole comunicare la gioia del Vangelo, dell’essere cristiani, dell’essere cittadini del mondo portatori di giustizia e di libertà, in cammino e in dialogo con tutti, perché tutti possano “rialzare la testa” e rimettersi in piedi. Nella stagione in cui vivere la potenza della tenerezza e della misericordia. Il Papa in particolare chiama ogni prete a essere missionario della tenerezza di Dio.

“Non mi stancherò mai di insistere perché i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre. Non ci si improvvisa confessori. Lo si diventa quando, anzitutto, ci facciamo noi per primi penitenti in cerca di perdono. Nessuno di noi è padrone del Sacramento, ma un fedele servitore del perdono di Dio. Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia di averlo ritrovato. Non si stancheranno di andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire...”. (Misericordiae Vultus, n.17, aprile 2015, Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia).

La gratitudine, la passione, lo stupore sono restai intatti anche nell’attuale esperienza di responsabile della Comunità pastorale “ Maria Regina della Famiglia” in Gallarate che amo descrivere così: un’esperienza di “fallimento con tanto successo” perché ha aperto possibilità di esperienze di comunione e di missione per i sacerdoti e per i laici, perché è splendida occasione per lavorate in rete, per superare barriere, perché i laici siano sempre più protagonisti appassionati, competenti, comunicatori gioiosi, amanti della pienezza della vita e della gioia di tutti e per tutti a cui ci chiama il Vangelo. Splendida occasione di scelte comuni. Coraggiose, audaci, creative come ci insegnano tante scelte “scandalose” fatte da Gesù.

”Il Vangelo è uno scroscio d’acqua impetuoso, ma spesso lo si rende un flebile rigagnolo; perché? Perché si ha in mente un Dio che deve essere razionale, uguale al buon senso dell’uomo normale”. (don Bruno Maggioni).

Sono sempre più convinto che la speranza ci fa muovere un piede, la fede ci fa muovere l’altro e così si cammina sempre avanti. Se poi ci sono le ali della carità e della misericordia, non solo si cammina, ma si corre, si vola!

Pregate perché diventi vero per me, nell’occasione del 45° della mia Ordinazione sacerdotale, un verso del poeta Vladimir Majakovkij : “Sul cuore nemmeno un capello bianco”.

don Mauro

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