AVVISI - 19 MARZO 2023

SOGNI E CAMMINI

“Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto”, ha scritto nel suo monologo “Novecento” Alessandro Baricco, come a dire che sono i sogni, i desideri, i progetti che rendono luminosi i nostri occhi e il nostro volto, che rendono vivo il nostro cuore, che ci fanno restare giovani, che non ci consegnano anzitempo alla morte.
La Quaresima che stiamo vivendo è un cammino, la vita è un cammino. E quando si cammina si sogna. Ogni passo è segnato da un sogno, ogni passo è sognato. La speranza nel cammino, la forza di continuare, di cambiare, di rinascere, di alzarci e rialzarci, di ricominciare nonostante tutto sono scritte nella nostra capacità di guardare oltre, di sognare oltre. I sogni più belli dicono la verità più profonda di noi, dicono il nostro essere a immagine di Dio, dicono il nostro essere creature fatte per amare e per essere amate, fatte per una vita che non può morire, come ci è stato promesso dalla Pasqua di Gesù.
Mi chiedo spesso, leggendo i Vangeli, quali saranno stati i sogni di Gesù. Nel suo cammino ha incontrato molte persone; forse questi incontri sono stati scambi di sogni, una consegna reciproca di sogni. Chi lo ha incontrato ha sognato di guarire, di essere perdonato, di essere salvato dal peccato e dalla morte, di essere accolto e amato, di diventare più felice, di trovare il vino della gioia, di trovare una fonte d’acqua che disseta per sempre, di ritrovare un senso e una forza per la vita di ogni giorno. Quanti sguardi ha incontrato Gesù! Sguardi che nascondevano il mistero di una vita, di una sete più grande, di straordinari desideri. Quanti sguardi ricambiati! Sguardi intensi, stracarichi di amore, tanto che Marco nel suo Vangelo scrive così di uno di questi sguardi: “Allora Gesù, fissandolo lo amò” (10,21). E in questi sguardi Gesù ri-consegnava all’altro, in un bellissimo e fecondo scambio, il suo sogno, un sogno rivelatore e portatore di felicità. Un sogno possibile.
Forse è proprio questo che ci dobbiamo chiedere, anche in questo nuovo cammino quaresimale: qual è il sogno di Gesù su di me, su di noi, sulla comunità pastorale, sulla nostra Città, sulla Chiesa? I suoi sogni sono regalati anche a noi oggi. Sono sogni evangelici. Di tenerezza, misericordia, beatitudine, perdono, giustizia, vita eterna. Non sono sogni impossibili o anacronistici, così come non è impossibile o anacronistico il Vangelo. Ce lo ridice sempre splendidamente il nostro papa Francesco:
“Il mondo cammina grazie allo sguardo di tanti uomini che hanno aperto brecce, che hanno costruito ponti, che hanno sognato e creduto; anche quando intorno a sé sentivano parole di derisione. Opera la pace in mezzo agli uomini, e non ascoltare la voce di chi sparge odio e divisioni. Non ascoltare queste voce. Gli esseri umani, per quanto siano diversi gli uni dagli altri, sono stati creati per vivere insieme. E soprattutto, sogna! Non avere paura di sognare. Sogna! Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. La speranza ci porta a credere all’esistenza di una creazione che si estende fino al suo compimento definitivo, quando Dio sarà tutto in tutti.
Gli uomini capaci di immaginazione hanno regalato all’uomo scoperte scientifiche e tecnologiche. Hanno solcato gli oceani, hanno calcato terre che nessuno aveva calpestato mai.
Gli uomini che hanno coltivato speranze sono anche quelli che hanno vinto la schiavitù, e portato migliori condizioni di vita su questa terra. Pensate a questi uomini. Sii responsabile di questo mondo e della vita di ogni uomo. Pensa che ogni ingiustizia contro un povero è una ferita aperta, e sminuisce la tua stessa dignità. E coltiva ideali. Vivi per qualcosa che supera l’uomo. Frequenta le persone che hanno custodito il cuore come quello di un bambino. Impara dalla meraviglia, coltiva lo stupore. Vivi, ama, sogna, credi. E, con la grazia di Dio, non disperare mai”. (Udienza Generale 20.09.2017 – Educare alla speranza)
Mi sembra di risentire tutta la forza delle parole del profeta Isaia (40,31): “Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”.
Capiti così per ognuno di noi in questa Quaresima: sia una nuova primavera!  Mons. Tonino Bello, vescovo poeta e profeta, cantore di speranza, giustizia e pace diceva spesso che bisogna abituarsi di più a sognare, a sognare ad occhi aperti perché i sogni diurni si realizzano sempre. Ha spesso richiamato preti e laici a non essere notai dello status quo, ma piuttosto i profeti dell’aurora che irrompe, della primavera che irrompe.
“Il difficile non è creare primavera. Ma è mantenerla viva, questa incredibile stagione dello spirito. Perché non si riduca a memoria. Perché non rimanga solo nel ricordo. Perché, dopo aver fatto divampare per troppo rapido tempo incendi sovrumani, non resti a vegliare su ceneri intrise di nostalgie”.
Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro sogni. Vi auguro bellissimi sogni e cammini indimenticabili.

don Mauro

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AVVISI - 12 MARZO 2023

IN PRINCIPIO LA RELAZIONE

Qualche anno fa il vescovo francese mons. Albert Rouet raccontò: “Mi ricordo molto bene: ero giovanissimo prete in confessionale, entra una donna che senza esitare mi dice:
‘Padre ho 73 anni e dalla mia infanzia ho fatto tutto quello che la Chiesa mi domandava, la preghiera al mattino, di mezzogiorno, della sera e sono andata a Messa tutte le domeniche, ho fatto digiuno in quaresima, ho fatto tutto quello che dovevo fare e a 73 anni scopro che non so amare’”.
Questa donna ha colto nel segno, ha colto la questione fondamentale per ogni cristiano: scoprire di non sapere amare, scoprire che la fede non è solo un insieme di pratiche e di doveri, ma è un incontro, una appartenenza affettuosa a Dio e alla comunità. È legame, è relazione.
La Quaresima che stiamo vivendo può essere una straordinaria occasione per ritornare all’essenziale, per concentrarsi sull’essenziale, per tornare al cuore della fede. A questo ci invita papa Francesco: “La Quaresima è un nuovo inizio. Il cristiano è chiamato a tornare a Dio ‘con tutto il cuore’ (Gioele 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore”.
“Non bisogna essere semplici notai dello status quo, ma profeti dell’aurora” (Tonino Bello).
Quale momento migliore per cercare di fare questo balzo in avanti della Quaresima, tempo di profondità, di radicalità, di incontro con Gesù di Nazareth? Tempo del coraggio di riprendere tra le mani i Vangeli perché ci arda il cuore. Sono sempre più convinto che anche gli uomini e le donne del nostro tempo attendano una parola che faccia ardere il loro cuore, e sono convinto che dallo stile di vita dei cristiani nel mondo dipende l’ascolto del Vangelo e la sua accoglienza come buona o cattiva notizia.
“Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza. (n.88). A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che personali tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinchè accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente e viviamo l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un popolo” ( n.270 ) ( papa Francesco, Evangelii Gaudium ).
Già, la vita si complica meravigliosamente. Ciò che il papa ci chiede è un compito straordinario, anche se difficile, perché per essere testimoni bisogna essere discepoli. Dobbiamo tutti imparare dai discepoli di Gesù che stavano molto tempo “accoccolati” ai suoi piedi, in ascolto della sua Parola, che si sono lasciati amare, hanno vissuto una vita di relazione con Lui.
Poi hanno raccontato e rivissuto le sue parole, i suoi gesti, il suo amore, la sua vita. Compito splendido ma difficile perché il testimone è colui che vive ciò in cui crede, la sua vita è il luogo, è il canto della sua testimonianza. E la radice della testimonianza sta in un incontro... non per nulla la patrona delle missioni è una mistica: santa Teresa di Lisieux. L’invito speciale della Quaresima è “tutto qui”: un incontro. Con Dio e con l’uomo. Per incontrare occorre andare, partire, camminare, uscire da sé.
Il mio sogno è che sempre più siano numerosi i cristiani della nostra Comunità o pastorale che escano dal tempio “poeti e profeti” cioè più capaci di rendere abitabile la nostra Città e la nostra terra, in un tempo come il nostro da vivere con rinnovata speranza e rinnovato ottimismo: i pessimisti non sono che spettatori, un tempo di nuove “sfide”, di nuovi sogni. Uscire dal tempio chiede audacia, genialità, ma anche ricerca, ascolto, sensibilità, pazienza, umiltà, misericordia. È lo stile che ci ha insegnato con forza profetica il Concilio Vaticano II, quello stile “rubato” a Gesù che racconta Dio nella mitezza, nella tenerezza, nella misericordia, dentro la libertà di ogni umana risposta. Uno stile che non ha i toni dell’arroganza, della forza, dell’imposizione.
La Quaresima: uscire per un incontro con Dio e con l’uomo, sulla strada che ci farà inginocchiare davanti a una croce, che ci farà trasalire di stupore e di gioia il mattino di Pasqua. La Quaresima: un tempo che ci chiede così: “Serba nella tua anima un luogo per l’ospite che non attendevi”, un ospite che ha il volto di un crocifisso e il volto degli uomini!

don Mauro

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AVVISI - 5 MARZO 2023

LASCIARSI SCOLPIRE DALLA QUARESIMA

La Quaresima è proprio un’occasione propizia: è intraprendere un viaggio, un percorso che conduce all’incontro col Signore Crocifisso e Risorto; è un grande appello sempre nuovo, scomodo e insieme promettente, a verificare il nostro essere cristiani sulla Pasqua di Gesù e sul Vangelo. Intraprendere questo viaggio, rispondere a questo appello ci costruirà, ci darà una nuova forma, la forma di Gesù, ci spalancherà nuovi orizzonti, ci scolpirà come cristiani.
È noto l’aneddoto che narra di Michelangelo, visitato nel suo atelier di scultore da papa Giulio II, mentre stava accanendosi contro un blocco di marmo. “Perché colpisci così forte?” , gli chiese il pontefice. Gli rispose Michelangelo: “Non vedete che c’è un angelo imprigionato in questo blocco di marmo? Io lavoro per liberarlo!” E allora. Lasciamoci “scolpire” e liberare dalla Quaresima. In particolare vi invito a lasciarvi scolpire dalla Parola di Dio.
“La Parola di Dio non si porta in capo al mondo in una valigetta: la si porta in se stessi, la si porta su di sé. Non la si ripone in un angolo di se stessi, nella propria memoria, come sistemata sul ripiano di un armadio. La si lascia andare fino al fondo di sé, sino a quel cardine su cui fa perno tutto il nostro essere. Essa non ci deve più abbandonare, più di quanto non ci abbandoni la nostra vita e il nostro spirito. Essa vuole fecondare, modificare, rinnovare la stretta di mano che avremo da dare, lo sforzo che poniamo nei compimenti che ci spettano, il nostro sguardo su coloro che incontriamo, la nostra reazione alla fatica, il nostro sussulto di fronte al dolore, lo schiudersi della nostra gioia. Vuole stare con se stessa ovunque noi siamo con noi stessi. Allora la vedremo splendere mentre camminiamo per strada, mentre accudiamo al nostro lavoro, sbucciamo i legumi, attendiamo una telefonata, spazziamo i pavimenti; la vedremo splendere tra due frasi del nostro prossimo, tra due lettere da scrivere, quando ci svegliamo e quando ci addormentiamo. Il fatto è che essa ha trovato il suo posto: un cuore di uomo povero e caldo per riceverla”. (Madeleine Delbrel, Noi delle strade)
Ascoltare, leggere, meditare la Parola; gustarla, amarla, celebrarla, viverla è l’itinerario su cui camminare in questa Quaresima.
Certi che mettersi in ascolto della Sacra Scrittura ci fa sentire amati e ci fa capaci di amare. Ed è l’amore che si declina nelle sue varie forme – in casa e fuori casa, coi vicini e con i lontani, nelle diverse attività di volontariato, nelle sfide della giustizia – il luogo per incarnare la Parola che si ascolta e cambia il cuore.
“Sono stato colpito dalla scritta collocata sopra il Crocifisso ligneo della vostra splendida chiesa (S. Bernardino di Molfetta): ‘Charitas sine modo’. E’ un latino semplice, che vuol dire: ‘amore senza limite’. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: ‘Amore senza moderazione. Smodato, sregolato.
Amore senza freni, senza misura, senza ritegno. Volesse il cielo che, ogniqualvolta uscite dalla Chiesa, non vi sentiste affidare da Gesù Cristo nessun’altra consegna che questa: Charitas sine modo. La misura dell’amore è quella di amare senza misura”. (mons. Tonino Bello)La Quaresima torna ogni anno con le sue domande e proposte forti e con la sua richiesta di risposte forti. Non la si può mai dare per scontata o invecchiata. Invita al silenzio, all’ascolto della Parola, alla preghiera, alla sobrietà, alla fraternità. Invita alla conversione del cuore, al rovesciamento di alcune prospettive.“In un campo ho veduto una ghianda: sembrava così morta, inutile. E in primavera ho visto quella ghianda mettere radici e innalzarsi, giovane quercia verso il sole. Un miracolo, potresti dire: eppure questo miracolo si produce mille migliaia di volte nel sonno di ogni autunno e nella passione di ogni primavera. Perché non dovrebbe prodursi nel cuore dell’uomo?” (Kahlil Gibran)

La Quaresima può essere la tua, la mia primavera...

don Mauro

Ho ricevuto questa preghiera di cui vi faccio partecipi:
C’è fra i campi una chiesina con una bella Madonnina
è vicina a casa mia la chiesetta di Maria.
Quando a Maggio c’è la festa alla chiesetta corro lesta
e il Rosario di Maria lo recitiamo in compagnia,
sull’altare benedetto di rose porto un bel mazzetto,
squillano argentine le tre belle campanine,
la Madonna apre le braccia volge a noi la dolce faccia
e ci sorride il suo Figliolo che protegge lo signol.

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AVVISI - 26 FEBBRAIO 2023

ANDARE ALL’ESSENZIALE

La Quaresima è il tempo per ritrovare la “rotta della vita”, perché nel percorso della vita, come in ogni cammino, ciò che davvero conta è non perdere di vista la meta. Ognuno di noi può chiedersi: nel cammino della vita, cerco la rotta? O mi accontento di vivere alla giornata, pensando solo a star bene, a risolvere qualche problema e a divertirmi un po’? Qual è la rotta? “Ritornate a me”, dice il Signore. “A me”. È il Signore la meta del nostro viaggio nel mondo. La rotta va impostata su di Lui.

Per ritrovare la rotta, oggi ci è offerto un segno: “cenere in testa”. È un segno che ci fa pensare a che cosa abbiamo in testa. I nostri pensieri inseguono spesso cose passeggere, che vanno e vengono. Il lieve strato di cenere che riceveremo è per dirci, con dolcezza e verità: di tante cose che hai in testa, dietro cui ogni giorno corri e ti affanni, non resterà nulla. Per quanto ti affatichi, della vita non porterai con te alcuna ricchezza. Le realtà terrene svaniscono, come polvere al vento. I beni sono provvisori, il potere passa, il successo tramonta. La cultura dell’apparenza, oggi dominante, che induce a vivere per le cose che passano, è un grande inganno. Perché è come una fiammata: una volta finita, resta solo la cenere. La Quaresima è il tempo per liberarci dall’illusione di vivere inseguendo la polvere. La Quaresima è riscoprire che siamo fatti per il fuoco che sempre arde, non per la cenere che subito si spegne; per Dio, non per il mondo; per l’eternità del Cielo, non per l’inganno della terra; per la libertà dei figli, non per la schiavitù delle cose. Possiamo chiederci oggi: da che parte sto?  Vivo per il fuoco o per la cenere?

In questo viaggio di ritorno all’essenziale che è la Quaresima, il Vangelo propone tre tappe, che il Signore chiede di percorrere senza ipocrisia, senza finzioni: l’elemosina, la preghiera, il digiuno. Chiediamoci a che cosa servono? L’elemosina, la preghiera e il digiuno ci riportano alle tre sole realtà che non svaniscono. La preghiera ci riannoda a Dio; la carità al prossimo; il digiuno a noi stessi. Dio, i fratelli, la mia vita: ecco le tre realtà che non finiscono nel nulla, su cui bisogna investire.

Ecco dove ci invita a guardare la Quaresima: verso l’Altro, con la preghiera, che libera da una vita orizzontale, piatta, dove si trova il tempo per l’io ma si dimentica Dio. E poi verso l’altro, con la carità che libera dalla vanità dell’avere, dal pensare che le cose vanno bene se vanno bene a me. Infine, ci invita a guardarci dentro, col digiuno, che libera dagli attaccamenti alle cose, dalla mondanità che anestetizza il cuore. Preghiera, carità, digiuno: tre investimenti per un tesoro che dura. Gesù ha detto: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21). Il nostro cuore punta sempre in qualche direzione: è come una bussola in cerca di orientamento. Possiamo anche paragonarlo a una calamita: ha bisogni di attaccarsi a qualcosa. Ma se si attacca solo alle cose terrene, prima o poi ne diventa schiavo: le cose di cui servirsi diventano cose da servire.

L’aspetto esteriore, il denaro, la carriera, i passatempi: se viviamo per loro, diventeranno idoli che ci usano, sirene che ci incantano e poi ci mandano alla deriva. Invece, se il cuore si attacca a quello che non passa, ritroviamo noi stessi e diventiamo liberi. Quaresima è il tempo di grazia per liberare il cuore dalla vanità. È tempo di guarigione dalle dipendenze che ci seducono. È tempo per fissare lo sguardo su ciò che resta. Dove fissare allora lo sguardo lungo il cammino della Quaresima? È semplice: sul Crocifisso. Gesù in croce è la bussola della vita, che ci orienta al Cielo. La povertà del legno, il silenzio del Signore, la sua spogliazione per amore ci mostrano la necessità di una vita più semplice, libera da troppi affanni per le cose. Gesù dalla croce ci insegna il coraggio forte della rinuncia. Perché carichi di pesi ingombranti non andremo mai avanti. Abbiamo bisogno di liberarci dai tentacoli del consumismo e dai lacci dell’egoismo, dal volere sempre di più, dal non accontentarci mai, dal cuore chiuso ai bisogni del povero. Gesù, che sul legno della croce arde di amore, ci chiama a una vita infuocata di Lui, che non si perde tra le ceneri del mondo; una vita che brucia di carità e non si spegne nella mediocrità. È difficile vivere come Lui chiede? Sì, è difficile, ma conduce alla meta. Ce lo mostra la Quaresima. Essa inizia con la cenere, ma alla fine ci porta al fuoco della notte di Pasqua; a scoprire che, nel sepolcro, la carne di Gesù non diventa cenere, ma risorge gloriosa. Vale anche per noi, che siamo polvere: se con le nostre fragilità ritorniamo al Signore, se prendiamo la via dell’amore, abbracceremo la vita che non tramonta. E certamente saremo nella gioia.

don Mauro

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AVVISI - 19 FEBBRAIO 2023

QUARESIMA tempo di riflessione, di penitenza e di preghiera

Anche quest’anno vogliamo introdurci al periodo autentico della Quaresima attraverso gli “esercizi serali” che si terranno dal 27 febbraio al 2 marzo alle ore 21,00 presso il Santuario. Sono serate di ascolto, riflessione, preghiera personale silenziosa che aiutano a favorire la contemplazione e l’incontro con Dio e la sua Parola.  In altre parole si  tratta di dedicare un po’ di tempo, alla sera in clima di raccoglimento: ascoltando la Parola di Dio; alla verifica della propria vita, rivedendo davanti a Dio la propria storia e il proprio rapporto personale con Dio stesso, allo scopo di una conversione sincera, per conoscere la volontà di Dio su di noi, per mettere ordine nella nostra vita e per conformarci a Cristo e al suo Vangelo nel concreto della vita.

Quest’anno abbiamo chiesto a don Franco Manzi, docente ordinario di Sacra Scrittura e di Ebraismo biblico, di aiutarci in questo cammino; Lui accettando, ci stimolerà su questo tema: “Signore, insegnaci a pregare!” Tre passi biblici dalla preghiera alla missione. Articolerà i suoi interventi con tre meditazioni bibliche:

Lunedì 27 Febbraio: “Ti dico la mia riconoscenza, Padre...” La preghiera singolarmente filiale di Gesù.
Martedì 28 Febbraio: “Padre nostro...” Il breviario di tutto il Vangelo.
Mercoledì 1 Marzo: “Come è misericordioso il Padre vostro” La missione di Gesù e dei cristiani di testimoniare l’amore del Dio-Abbà.

Vorrei proprio invitare tutti gli adulti a non perdere questa occasione che si rivelerà molto utile per iniziare insieme il cammino quaresimale che ci attende cogliendo l’invito che il nostra Arcivescovo Mario ci ha rivolto: Propongo che nella Diocesi di Milano si viva la Quaresima come tempo di invocazione, di pensiero, di opere di penitenza e di preghiere per la pace. Coltiviamo la convinzione che solo un risveglio delle coscienze, della ragione, dello spirito può sostenere i popoli, i governanti e gli organismi internazionali nel costruire la pace. Quanto all’invito alla conversione, invito tutti a condividere, a sottoscrivere e a far sottoscrivere – a partire dalla prima domenica di Quaresima e fino alla domenica delle Palme – l’appello che sarà reso disponibile online sul portale della Diocesi (www.chiesadimilano,it) e che potrà anche essere distribuito in forma cartacea. Questo gesto simbolico possa tramutarsi nell’assunzione di un impegno concreto per un percorso penitenziale. Mi propongo, alla fine della Quaresima, di raccogliere le adesioni e di farle pervenire alle autorità italiane ed europee.
Quanto alla penitenza invito tutti a vivere l’intera Quaresima come tempo di penitenza secondo le forme praticabili. In particolare a questa intenzione orienteremo il digiuno del primo venerdì della Quaresima ambrosiana, il 3 marzo.

E invito chi può e lo desidera a condividere con me la preghiera e il digiuno in Duomo dalle ore 13 alle ore 14, come forma simbolica per esprimere un proposito che ispiri il tempo di Quaresima. Quanto alla preghiera propongo che in ogni occasione opportuna condividiamo la seguente invocazione per la pace”.

Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre nostro, noi ti preghiamo per confidarti lo strazio della nostra impotenza: vorremmo la pace e assistiamo a tragedie di guerre interminabili! Vieni in aiuto alla nostra debolezza, manda il tuo Spirito di pace in noi, nei potenti della terra, in tutti.
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre nostro, noi ti preghiamo per invocare l’ostinazione nella fiducia: donaci il tuo Spirito di fortezza, perché non vogliamo rassegnarci, non possiamo permettere che il fratello uccida il fratello, che le armi distruggano la terra.
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre nostro, noi ti preghiamo per dichiararci disponibili per ogni percorso e azione e penitenza e parola e sacrificio per la pace.
Dona a tutti il tuo Spirito, perché converta i cuori, susciti i santi e convinca uomini e donne a farsi avanti per essere costruttori di pace, figli tuoi.

+ arcivescovo

VOLANTINO ESERCIZI SPIRITUALI SERALI

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AVVISI - 12 FEBBRAIO 2023

LA DOLCEZZA DI UN BACIO

Tempo di cammini e cambiamenti interiori e gesti significativi. Ce lo ripete continuamente il nostro papa: “Dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia”. Ci è chiesto di abbandonare l’insensibilità e di lasciarci vincere dalla vulnerabilità, cioè di lasciare che le ferite di chi incontriamo siano le nostre ferite. Il cuore compassionevole di Dio non ha limiti. Il cuore di Dio è più grande del cuore umano. È questo cuore divino che Dio vuole regalarci. Un regalo che si ammira e si conquista “a occhi chiusi”, nella preghiera, nell’incontro col nostro Maestro e il suo Vangelo, di cui abbiamo tutti bisogno di nutrirci all’infinito.

“Un eremita venne interrogato dal giovane discepolo sul perché l’umanità riesca in alcuni casi ad essere tanto perversa e, in altri, tanto buona e generosa: ‘Abitano in noi’ rispose l’eremita, ‘due bestie affamate: una feroce e l’altra mansueta’. Domandò il discepolo: ‘Quale delle due prevarrà in me?. Rispose l’eremita: ‘Quella che più verrà da te nutrita’.” La preghiera ci cambierà, come ci cambia l’amore e scopriremo come siamo amati e come siamo chiamati ad essere testimoni concreti e audaci dell’amore di Dio per tutti... “Lo sguardo che Dio posa sull’uomo ha la dolcezza di un bacio”.

“L’essenza dell’ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica per sé” (Dietrich Bonhoeffer)

È questo che ci è chiesto, consapevoli che questa forza ci viene dallo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù. “Non opponete resistenza allo Spirito Santo!” (cfr Atti 7,51). Lo Spirito è come il fuoco dell’amore, della passione, dell’audacia, è come il vento della libertà, della fantasia, il vento che spazza via i pregiudizi, che ci avvicina l’un l’altro. È lo Spirito che sa trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne e che sa darci occhi nuovi per saper vedere e ridare speranza.

“In una Città ove dalla mattina alla sera siamo costretti a correre, quelli che stanno in alto per competere, quelli che stanno in basso per sopravvivere, siamo un po’ tutti più distratti verso chi ci è prossimo e siamo un po’ tutti più soli nel nostro vivere quotidiano. Non saprei definirla con il Calvino delle ‘Città invisibili’ che racconta di due città che stanno in una: quella della rondine e quella dei topo. Metafore forti di chi ha come opportunità il volare alto sull’onda dell’andar per il mondo e chi ha come destino il livello del suono e del sottosuolo. E va detto che per molti nuovi arrivati spesso abitare il sottosuolo degli spazi dimessi è l’unica opportunità”. (Aldo Bonomi) Insieme possiamo ridiventare coloro che restituiscono altre possibilità!

In questo momento storico che vive un’eclisse di speranza e di bontà, occorre tornare a credere nei sogni! Ho un debole per gli inguaribili e i testardi sognatori, per tutte le persone che vogliono ricominciare, che sanno nascondere le loro cicatrici dietro un sorriso, per chi sa aprire le braccia al futuro pur avendo molti conti in sospeso con il passato, per chi avrebbe tutto il diritto di urlare contro e invece sussurra e traspira serenità. Gli ideali, i sogni sono come le stelle: forse non li raggiungeremo mai, ma come i naviganti in mare non possiamo farne a meno per tracciare la rotta dei nostri giorni. Per questo vi auguro sogni a non finire e la voglia furiosa di realizzarne qualcuno. Soprattutto vi auguro di realizzare i sogni e i desideri del nostro Dio! E vi auguro qualche “rischio”:  “Ridere è rischiare di sembrare pazzo. Piangere è rischiare di sembrare sentimentale. Interessarsi di un’altra persona è rischiare di rimanere coinvolti. Mostrare sentimenti è rischiare di mostrare il proprio vero Sé. Amare è rischiare di non essere ricambiato, Sperare è rischiare di disperdersi. Cercare è rischiare di fallire. Tuttavia bisogna correre dei rischi perché il più grande rischio della vita è quello di non rischiare niente. Le persone che non rischiano niente, non possono niente e non sono niente. Possono evitare di soffrire e piangere, ma non possono sentire, imparare, cambiare, crescere, amare, vivere. Incatenati dalle loro abitudini, essi sono schiavi, hanno imprigionato la propria libertà. Perché la persona che rischia è libera”. ... è il rischio del Vangelo!

don Mauro

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AVVISI - 5 FEBBRAIO 2023

DIO E LE PENTOLE

Febbraio: quando la “normalità” del quotidiano, dopo le feste natalizie, ci riagguanta quasi come un morso e tutto sembra scorrere via in giorni apparentemente uguali dove a volte sembra vincere il grigio... nelle relazioni, negli affetti, nei sogni, nella preghiera, nella celebrazione della Messa.

Un primo suggerimento ce lo regala Anselm Grun, teologo e monaco benedettino che ha scritto così nel suo interessante libro “Terapia dei pensieri”.
“I pensieri esercitano un influsso significativo sulla nostra mente, sulla nostra disposizione d’animo e sulle nostre azioni... I primi pensieri che si hanno al momento del risveglio ci influenzano tutta la giornata... I pensieri negativi mi sottraggono l’energia, mi fanno vedere la giornata attraverso degli occhiali scuri. Se ci osserviamo attentamente, scopriamo che viviamo costantemente di alcune frasi che ci ripetiamo o che, in determinate situazioni, ci passano autenticamente per la testa... Non è privo di importanza quali frasi ci ripetiamo. Alcune ci bloccano, ci tengono prigionieri del cattivo umore, dell’autocommiserazione e della rabbia. Altre ci donano forza, coraggio, slancio interiore, disponibilità ad affrontare situazioni difficili. Di solito è una frase della Bibbia quella che i monaci hanno pronta come antidoto... Ognuno di noi dovrebbe esaminare la Bibbia alla ricerca di simili parole di salvezza...”.
Grun afferma che chi vuole operare dei seri cambiamenti nella propria vita deve avere il coraggio di andare alla radice dei propri pensieri, dei propri stati d’animo. Come già facevano gli antichi padri del deserto: è alla loro sapienza che attinge per la sua terapia dei pensieri. Quella dei monaci non è una tecnica magica a buon mercato. Loro non si fermano a ripetere parole, agiscono in base a quelle parole. Ci scommettono con audacia, fiduciosi. Perché le nostre parole, i nostri pensieri sono la nostra vita o sono la nostra malattia. Occorre far nascere in noi pensieri che ci risanino, che ci aprano a Dio e ci conducano alla nostra autentica natura. E il nostro quotidiano si illuminerà e si aprirà a nuove prospettive, finalmente positive.

Un altro suggerimento sta nella splendida intuizione di santa Teresa d’Avila che, rivolgendosi alle altre suore, aveva detto: “Sorelle ricordatevi, Dio va fra le pentole, in cucina!”. Dio non è lontano. Il nostro è un Dio che ci dice: Io sono. Io sono qui. Io sono qui con te. Io ti abito. Io sono qui per te. Ti custodisco come pupilla degli occhi. Ti prendo per mano. Non temere. Non lasciarti cadere le braccia. Cammina. Io ti porto. Non lasciarti schiacciare dal fardello del passato e del presente, dalla paura del futuro. Vivi il presente e sentilo come il luogo della mia presenza e il luogo della tua libertà.

“Non temere perché io sono con te; non smarrirti perché io sono il tuo Dio. Ti rendo forte e ti vengo in aiuto. Io sono il Signore tuo Dio, che ti tengo per la destra e ti dico ‘Non temere!’ Non temere perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Tu sei prezioso ai miei occhi”. (da Isaia cap. 41 e 43)

“Non temere” nella Bibbia questa espressione è presente 365 volte... una per ogni giorno dell’anno! E il nostro quotidiano si illuminerà perché abitato e sorretto dalla presenza di Dio e del suo Spirito.

Quando c’è un dolore, quando c’è una festa, le nostre porte si aprono alla condivisione, senza timore, nel desiderio di un abbraccio, di una stretta di mano, di un sorriso, di un aiuto... Che meraviglia se le nostre case, la nostra vita fosse così anche nella normalità del quotidiano! La vita è così bella quando è tessuta da mani che si stringono, da mani strette le une nelle altre. Già nelle prime pagine della Bibbia stava scritto il sogno di Dio su di noi: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Un sogno che può essere reso reale percorrendo la strada per diventare uomini adulti cos’ descritta da Erik Erikson: “Esiste un solo tipo di uomo, veramente adulto: è la persona che ha cura di sé, dell’altro e dell’ambiente; in una parola: l’uomo solidale”.

Aldo Capitini, un poeta partigiano, ha scritto questo splendido verso: “Nasco ogni volta che dico tu... Nasciamo, rinasciamo ogni volta che ci prendiamo cura dell’altro, che amiamo e ci lasciamo amare dall’altro. Perché se è vero che nessuno è così legato come chi ama, è altrettanto vero che nessuno è così libero e felice come chi ama. Ogni giorno dovremmo chiederci: Per chi sono tutti i nostri passi e gli affanni di questa giornata? Per chi vivo? Si può vivere solo per qualcuno. Ad ogni passo, oggi, ripeti il suo nome. E ripeti il nome di Dio, Padre, il nome che contiene tutti gli altri nomi. Avrai una giornata più ‘leggera’.

don Mauro

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AVVISI - 29 GENNAIO 2023

AMARE È METTERSI IN VIAGGIO, AMARE È ASCOLTARE

L’apice, il cuore del Vangelo di Lc 2,41-52 è la risposta asciutta e intrigante di questo ragazzo-maestro di nome Gesù: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). “Occuparmi” è stare presso il Padre, nella casa del Padre (Enzo Bianchi), è essere nelle cose del Padre (Bruno Maggioni).

Tra Giuseppe e Maria da una parte e Gesù dall’altra qualcosa non funziona: siamo di fronte ad una incomprensione, ad un equivoco. Giuseppe e Maria non capiscono Gesù, l’equivoco sta sul “Padre”. Maria dice: “Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo” (v.48). E Gesù risponde: “Non sapevate che è necessario che io dita nelle cose di mio Padre?”. Gesù riprende lo stesso termine “Padre” con lo stesso aggettivo possessivo “mio”, ma è un altro padre, non è Giuseppe. I genitori pensavano di aver trovato un figlio e Lui dichiara di essere figlio di un Altro. Questo episodio allora è un episodio epifanico: ci svela l’identità di Gesù: vuole farci capire chi è Gesù: non è il figlio di Giuseppe, non è il figlio solo di Maria: Gesù è il figlio di Dio presente in mezzo a noi. Questo episodio ci rivela anche che la parola-chiave della vita di Gesù e di tutto il messaggio cristiano è la parola “Padre”. È la prima parola di Gesù: “Io devo occuparmi delle cose del Padre mio” È l’ultima parola di Gesù: Padre nelle tue mani consegno il mio spirito. (Lc 23,46).  Il segreto di questo ragazzo-maestro è allora il Padre.

E Maria e Giuseppe, ottimi genitori, se pur a fatica, si mettono in viaggio interiormente. Dico, se pur a fatica, perché è scritto: “Ma essi non compresero le sue parole” (Lc 2,50). Questa annotazione di Luca allude a una condizione essenziale del costituirsi di un buon rapporto tra moglie e marito, tra genitori e figli, tra una generazione e l’altra: la condizione del viaggio, dell’andare insieme “altrove”, verso la casa del Padre e verso le cose del Padre. La vita è un viaggio verso Dio e verso gli altri. Se vogliamo incontrare gli altri e l’Altro dobbiamo metterci in viaggio. Anche nel matrimonio tanti rapporti si spezzano, perché uno dei due non si muove, o perché né l’uno né l’altro si muovono. Occorre mai dimenticare che il cammino verso l’altro è il viaggio più lungo che esista al mondo, è un viaggio mai finito. Anche nel matrimonio l’altro resterà sempre l’altro e cioè un mistero, anche dopo il rapporto intimo.

Il filosofo contemporaneo Lévinas ha affermato il primato dell’ascolto sul dialogo. Egli si distanzia così dall’amico e connazionale Buber il quale aveva affermato che è la relazione io-tu a far crescere le persone, perché la persona è una realtà relazionale. Lévinas, pur partendo da questa intuizione, sostituisce la relazione “io-tu” con la relazione “io-altro”, perché, secondo lui, tra le persone c’è una lontananza, un abisso insormontabile. L’altro no è tanto un “tu” che permetta una certa confidenza al punto di eliminare la distanza, ma uno straniero irraggiungibile. L’altro è una realtà che si sottrae al mio possesso, al mio potere.

Egli può svelarsi solo se c’è ascolto, attenzione, empatia. Egli può svelarsi solo se lui vuole raccontare e raccontarsi.

Su questa tematica dell’ascolto la lettera pastorale dell’Arcivescovo Tettamanzi, “L’amore di dio è in mezzo a noi”, ha delle pagine splendide. Folgorante il n. 18: “Di fronte a questa ‘Parola’ e a queste parole, vogliamo metterci in ascolto. Ascoltare non è una strategia, ma una condizione umana e teologica fondamentale. Parlare e ascoltare non sono nell’uomo solo una capacità fra le altre: sono le facoltà che fa dell’uomo un uomo. Da solo l’uomo non esiste. Esiste solo nella relazione. E nel suo corpo c’è un organo che è sempre in esercizio, che funziona sempre: è l’orecchio. Gli antichi saggi di Israele facevano notare che l’uomo ha due orecchie e una bocca: il tempo dedicato all’ascolto dovrà essere almeno doppio di quello dedicato a parlare”.

Il Dio della Bibbia è un Dio che parla. (Deuteronomio 4, 32ss.).  Ma un Dio che parla richiede ascolto. Auguriamoci che la nostra Comunità pastorale sia capace di “regalare ascolto” alle persone, alle famiglie, alle parole degli uomini, alla loro esperienza umana. Ma per regalare ascolto non basta sentire: sentire è soltanto ricevere un’informazione, ascoltare è permettere che l’altro possa “rivelarsi”. Il buon ascolto non è dar ragione all’altro, non è accontentarlo, ma capirlo, comprenderlo, è coltivare un cuore misericordioso come ci insegna magistralmente l’Arcivescovo Tettamanzi al n. 28: “Per praticare l’ascolto e per entrare in sintonia con il vissuto degli altri è necessario un cuore misericordioso, senza asprezza, senza giudizio, senza condanna, senza intolleranza. Il cuore misericordioso ama e proclama la verità, ma lo fa con amore e per amore, specie quando la verità è particolarmente esigente”.  Un cuore misericordioso sa riconoscere le diversità che ci sono nella storia e nella vita delle persone e delle famiglie, sa correggere e perdonare, incoraggia sempre e valorizza anche la più piccola briciola di bene.

Chiediamo e auguriamoci che le Famiglie della nostra Comunità pastorale siano comunità di accoglienza, così che chiunque vi si avvicina si senta desiderato, amato, ben accolto e aiutato a stabilire relazioni significative con le persone.

don Mauro

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AVVISI - 22 GENNAIO 2023

DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO

Nella terza Domenica del Tempo ordinario un giorno da vivere in modo solenne per riscoprire il senso pasquale e salvifico della Parola di Dio che spinge in modo sempre rinnovato ad uscire dall’individualismo per rinascere nella carità.
Con la lettera apostolica in forma di Motu proprio “Aperiut illis”, il Papa stabilisce che “la III Domenica del tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio”. Il documento è stato pubblicato il 30 Settembre 2019, nella memoria liturgica di San Girolamo, all’inizio del 1600° anniversario della morte del celebre traduttore della Bibbi8a in latino che affermava: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.
Il Papa ricorda come il Concilio Vaticano II, “ha dato un grande impulso alla riscoperta della Parola di Dio con la Costituzione dogmatica Dei Verbum”, e Benedetto XVI che ha convocato il Sinodo nel 2008 sul tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” e ha scritto l’Esortazione Apostolica Verbum Domini, che “costituisce un insegnamento imprescindibile per le nostre comunità”. In questo documento – rileva – “viene approfondito il carattere performativo della Parola di Dio, soprattutto quando nell’azione liturgica emerge il suo carattere propriamente sacramentale”.
Sottolinea il Pontefice: “Celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a una unità autentica e solida”.
Francesco esorta a vivere questa domenica come un giorno solenne. Sarà importante che nella celebrazione eucaristica si possa intronizzare il testo sacro, così da rendere evidente all’assemblea il valore normativo che la Parola di Dio possiede. Richiamare l’importanza della proclamazione della Parola di Dio nella liturgia, e che non venga meno ogni sforzo perché si preparino alcuni fedeli ad essere veri annunciatori della Parola con una preparazione adeguata. Non dimenticando che la Bibbia non può essere solo patrimonio di alcuni: la Bibbia è il libro del popolo del Signore che nel suo ascolto passa dalla dispersione e dalla divisione all’unità. La Parola di Dio unisce i credenti e li rende un solo popolo.
E anche in questa occasione, il Papa ribadisce l’importanza della preparazione dell’omelia: i Pastori “hanno la grande responsabilità di spiegare e permettere a tutti di comprendere la Sacra Scrittura con un linguaggio semplice e adatto a chi ascolta”. Per molti dei nostri fedeli, infatti, questa è l’unica occasione che possiedono per cogliere la bellezza della Parola di Dio e vederla riferita alla loro vita quotidiana. “Quando ci si ferma a meditare e pregare sul testo sacro, allora si è capaci di parlare col cuore per raggiungere il cuore delle persone che ascoltano”. Il Papa ricorda l’importante affermazione dei Padri conciliari “secondo cui la Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta” (Dei Verbum, 12). Con Gesù Cristo la rivelazione di Dio raggiunge il suo compimento e la sua pienezza; eppure, lo Spirito Santo continua la sua zione. È necessario, pertanto, avere fiducia nell’azione dello Spirito Santo che continua a realizzare una sua peculiare forma di ispirazione quando la Chiesa insegna la Sacra Scrittura, quando il Magistero la interpreta autenticamente e quando ogni credente ne fa la propria norma spirituale”.
Quando la Sacra Scrittura è letta nello stesso Spirito con cui è stata scritta, permane sempre nuova. Così, “chi si nutre ogni giorno della Parola di Dio si fa, come Gesù, contemporaneo delle persone che incontra; non è tentato di cadere in nostalgie sterili per il passato, né in utopie disincarnare verso il futuro”.
Francesco esorta a “non assuefarsi mai alla Parola di Dio” che richiama sempre in modo nuovo “all’amore misericordioso del Padre che chiede ai figli di vivere nella carità. La Parola di Dio è in grado di aprire i nostri occhi e permetterci di uscire dall’individualismo che conduce all’asfissia e alla sterilità mentre spalanca la strada della condivisione e della solidarietà”.
Se hai avuto la pazienza di leggere queste righe, ora concretamente potresti domandarti: che ruolo ha la Parola di Dio nella mia vita? Che spazio gli do nella mia giornata? È luce per i miei passi?

don Mauro

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AVVISI - 15 GENNAIO 2023

IMPARATE A FARE IL BENE CERCATE LA GIUSTIZIA
(Isaia 1,17)

Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani - 18-25 gennaio 2023

La settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani è un’iniziativa ecumenica di preghiera nel quale tutte le confessioni cristiane pregano insieme per il raggiungimento della piena unità che è il volere di Cristo stesso. Questa iniziativa è nata in ambito protestante nel 1908 e nel 2008 ha festeggiato il centenario. Dal 1968 il tema e i testi per la preghiera sono elaborati congiuntamente dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, per protestanti e ortodossi, e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani, per i cattolici.

Si celebra dal 18 al 25 Gennaio che è la data tradizionale nell’emisfero nord, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di San Pietro e quella della conversione di San Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste (coma suggerito dal movimento Fede e Costituzione nel 1926), periodo altrettanto simbolico per l’Unità della Chiesa.
In realtà, la prima ipotesi di una preghiera per l’Unità delle Chiese, antenata dell’odierna Settimana di preghiera, nasce in ambito protestante alla fine del XVIII secolo; e nella seconda metà dell’Ottocento comincia a diffondersi un’Unione di preghiera per l’unità sostenuta sia dalla prima Assemblea dei vescovi anglicani a Lambeth (1867) sia da papa Leone XIII (1894), che invita a inserirla nel contesto della Pentecoste. Sarà infine il reverendo Paul Wattson a proporre definitivamente la celebrazione dell’Ottavario che lo celebra per la prima volta a Graymoor (New York), dal 18 al 25 gennaio, auspicando che divenga pratica comune.
Nel 2008 viene celebrato solennemente, in tutto il mondo, con vari eventi, il primo centenario della settimana di preghiera, il cui tema “Pregate continuamente!” (1 Ts 5,17) manifestava la gioia per i cento anni di comune preghiera e per i risultati raggiunti.
Attualmente la Settimana si celebra con un tema generale, e a partire da un passo biblico appositamente scelto e da un sussidio elaborato congiuntamente, a partire dal 1968, dalla commissione Fede e costituzione del CEC (protestanti e ortodossi) e dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (cattolici), “antenato” del Segretariato per l’unione dei cristiani voluto da Giovanni XXIII. Per il 2023 il tema scelto è: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” (Isaia 1,17).
È questa perentoria affermazione del profeta Isaia che le sorelle e i fratelli del Minnesota (USA) pongono alla mostra riflessione per la preghiera comune di quest’anno. E’ un ammonimento che riceviamo, da comprendere anzitutto nel contesto più generale del linguaggio profetico. Il pensiero 693 del filosofo francese Blaise Pascal ci esorta: “senza la voce dei profeti, non sapremmo chi ci ha messo in quest’angolo di universo, che cosa siamo venuti a fare e che cosa diventeremmo morendo”. Niente meno di questo ci pone sotto gli occhi la pagina profetica che ci guiderà nella preghiera quest’anno.
Proprio nel brano che ci viene proposto, noi intravediamo come il linguaggio del profesta insista sul nodo d’oro che unisce queste due realtà: rito e vita, culto ed esistenza, liturgia e giustizia, preghiere e opere.
Il brano delinea proprio i principi per un discernimento del nesso fede ed esistenza e cioè il fatto che il valore di un culto non è legato alla molteplicità dei riti. Il culto è celebrato cercando il volto di quel Dio che per primo ha scelto di legarsi al suo popolo. Ma il culto, non può sostituire i doveri più elementari verso il prossimo, specialmente quando questo è debole e indifeso. La fede per Isaia non è perciò un’operazione intellettuale ma è adesione a Colui dal quale scaturisce un legame in cui c’è saldezza e che si manifesta nel praticare la giustizia perché “lumano è il punto naturale di intersezione della fede”, come afferma il cardinal Walter Kasper.
La giustizia, la rettitudine e l’unità hanno origine dal profondo amore di Dio per ognuno di noi e rispecchiano chi è Dio e come Dio si aspetta che ci comportiamo gli uni con gli altri.
Consapevoli che tutte le divisioni affondano le loro radici nel peccato, cioè negli atteggiamenti e nelle azioni che vanno contro l’unità che Dio desidera per tutta la sua creazione, ci si rende sempre più conto nel cammino ecumenico che la verità del Vangelo può dunque essere detta in una varietà di forme e spesso necessita di una nuvola di testimoni per esprimere la grandezza della fede sperimentata.
I cristiani, pur radicati nella propria chiesa che li ha generati alla fede, sono chiamati così a scoprire il mistero della comunione, da cui scaturisce la fraternità, tra loro ritrovata al di là dei confini confessionali.

don Mauro

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AVVISI - 8 GENNAIO 2023

TI BASTI IL BATTESIMO!

 

Lo svelamento di Dio – e qui nel Battesimo di Gesù, siamo a un’ulteriore svelamento, ad una ulteriore epifania – lo svelamento di Dio è sempre sorprendente, sconcertante. Il modo più semplice, più facile, ma anche il più rozzo di togliere la sorpresa, lo sconcerto, è quello di banalizzare l’episodio del Battesimo. Crea sorpresa, sconcerto il vedere Gesù immerso con i peccatori a farsi battezzare? Commentiamo dicendo che insomma lui faceva finta, era una finta per dare a noi un esempio. Vedete come si può banalizzare tutto: un metodo ampiamente usato in passato.

Invece il Vangelo – particolarmente quello di Matteo – registra lo sconcerto, la sorpresa, tant’è che Giovanni il Battista voleva impedire questo battesimo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me”. Ma Gesù gli disse: “Lascia fare per ora, poiché conviene che cos’ adempiamo ogni giustizia”. E anche su questo, sulla categoria della giustizia – che cosa è giusto e che cosa non è giusto – ci troviamo sconcertati. Perché per noi è giusto che nella fila con i peccatori vadano i peccatori e che a farsi battezzare vadano coloro che hanno peccati da confessare e non chi di peccati da farsi perdonare non ne ha. Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Ma cos’è giustizia? Giustizia nella Bibbia è la conformità alla volontà di Dio, l’adesione al suo sapiente disegno su di noi. E’ come se Gesù dicesse: guarda che c’è un disegno su di me, e non è quello che forse hai in mente tu: quello di un Messia fustigatore, trionfante, giudice severo. E’ altro il disegno su di me: il mio trionfo sarà la croce, la condivisione della sorte degli abbandonati, non il distacco, ma l’immersione, il mescolarsi. E questa mia prima scelta dice la direzione della mia vita: dalle primi luci dell’alba potete capire quale sarà la giornata. Queste del mio Battesimo sono le prime luci dell’alba. E così con questa domenica del Battesimo del Signore si completa il discorso sul Natale. Ci è stato raccontato da chi è nato il Messia, quando è nato, dove è nato, come è nato. Ma per che cosa è nato? Per che cosa è nato lo puoi arguire da questo Battesimo. Qui è scritto il suo programma, la giustizia, il progetto di Dio sulla sua vita.

E’ la sua investitura; viene detto figlio, “il figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”, proprio quando si mescola con tutti, porta il peso di tutti. Trasparente l’allusione al capitolo 42 di Isaia; anche là: “Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio”. Ci sono tre “no” nel programma del servo di Yahvè. Vediamoli brevemente. “Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce”. Non l’arroganza, non l’insulto, non il coprire la voce degli altri, non la spettacolarità sarà il suo stile, ma un umile sentire di sé. Lo vedi già nel giorno del Battesimo.

E ancora, “non spezzerà la canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta”. Sarà un segno di misericordia, segno della compassione di Dio per i deboli, per i vacillanti: non li scarterà. Non la distanza dalla gente che fatica, ma la condivisione della fatica, della debolezza: già lo vedi nel giorno del Battesimo.

E il terzo no: non spezzerà il debole certo, ma nemmeno lui si spezzerà: “non verrà meno, non si spezzerà finche’ non avrà stabilito il diritto sulla terra”. E cioè la soavità e la mitezza, accompagnate da fermezza nel soffrire, da tenacia nel ristabilire il diritto”. Ecco sintetizzato il programma a c’introduce l’investitura del Battesimo.

Forse non ci pensiamo, o pensiamo troppo poco che nel nostro Battesimo siamo stati segnati col segno di Cristo, di questo servo di Yahvè in fila con i peccatori.

Chissà se pensiamo, quando diamo il Battesimo a un figlio, che lo introduciamo a questo programma: non griderà, non spezzerà, non verrà meno.

Chissà se pensiamo che questo programma è il nostro segno di appartenenza.

“Ci basti il nostro Battesimo!”

Oggi si fa un gran parlare di identità cristiana, dell’importanza di non venir meno all’identità cristiana. Ma guardate che l’identità cristiana è questa. Gesù presenta qui la sua carta d’identità. Ci viene chiesto di guardarlo e di osservarlo, se non vogliamo fare carte false, se non vogliamo falsificare i documenti. Il documento è questo, uno che si fa fratello, uno che si mischia coi peccatori, uno che si fa solidale con tutti.

Questa la vera carta d’identità. E Pietro – lo abbiamo letto – la riconoscerà nella casa del pagano Cornelio e emozionato dirà: Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto”. Ecco la vera carta d’identità.

Troviamo oggi il tempo per ripensare al nostro Battesimo e sostenuti da questa convinzione di fede, preghiamo: Signore Gesù, fin dall’inizio della tua missione, hai voluto essere solidale con i peccatori. T’invochiamo, mentre ci sei vicino in questa Eucaristia; continua a camminarci accanto nella vita quotidiana: in famiglia, a scuola, al lavoro, in parrocchia, nell’umanità, che per mezzo della croce hai riconciliato con Dio. E poi, insegnaci l’arte di essere compagni di viaggio credenti, che pregano specialmente per chi cammina a fatica; compagni di strada solidali, che tengono il passo di chi tenta di convertirsi, senza abbandonare chi ne ha smarrito il desiderio; ma soprattutto compagni di viaggio fedeli a te, che sanno prendere ogni giorno la propria croce e seguirti nel gioioso pellegrinaggio da questo mondo al Padre”.

don Mauro

 

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AVVISI - 1 GENNAIO 2023

UOMINI DAL CUORE IN FIAMME

“Indovinami, indovino, che leggi nel destino: l’anno nuovo come sarà? Bello, brutto o metà e metà? Trovo stampato nei miei libroni che avrà di certo quattro stagioni, dodici mesi ciascuno al suo posto, un carnevale e un ferragosto, e il giorno dopo del lunedì sarà sempre un martedì. Di più per ora scritto non trovo nel destino dell’anno nuovo: per il resto anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno” (Gianni Rodari)
Anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno... E anche un quadro davvero originale ci può dare degli splendidi suggerimenti. “ La Natività” di Konrad Von Soest (1943). Di solito nelle Natività Giuseppe sembra dormire, forse perché nei Vangeli è descritto come l’uomo che ascolta i sogni, oppure ha un volto perplesso e del resto come non capirlo! In questa rappresentazione invece Giuseppe attizza il fuoco e sta preparando del cibo!  Ho lasciato che il quadro mi parlasse.
Ho ripreso con gioia queste riflessioni del nostro Arcivescovo, mons. Mario Delpini: <<Quest’anno il mio presepe è fatto di musica e parola, è un presepe di cantici. Se potete fare silenzio e vi ponete in ascolto, riuscirete forse a sentire anche a casa vostra il cantico di Giuseppe dal mio presepe. Giuseppe canta il cantico della responsabilità. Giuseppe non canta con parole, ma solo col quotidiano prendersi cura. Il cantico di Giuseppe è la prossimità affidabile, la sollecitudine per quello che serve, il rendersi disponibile anche per l’imprevisto. Il cantico di Giuseppe è la vigilanza che si prende cura della vita che gli è affidata. Il cantico di Giuseppe è la fatica e la fierezza, è la tenerezza e la discrezione, è l’affetto intenso e puro. Il cantico di Giuseppe è la libertà dall’amor proprio: non è incline al lamento né al risentimento. Giuseppe porta la responsabilità e il suo cantico è nella quotidiana vigilanza e nella naturalezza del prendersi cura: “Mi è stato affidato, devo pensarci io. Che cosa faccio di straordinario?”>> ( Dicembre 2018 )
Essere prossimo affidabile, responsabile, in tenerezza, in sollecitudine e in discrezione, nel vivere quotidiano: ecco ciò che il nostro Dio ci chiede nel nuovo anno!
Il quadro continua a parlarmi e a evocare in me nuove risonanze... “Bisognerà pure che nel campo dei dormienti qualcuno attizzi il fuoco nella notte”. (Kafka )
Come per San Giuseppe, l’invito è a saper tenere acceso il fuoco della tenerezza, della giustizia, è a saper tenere una luce accesa anche quando tutto intorno ci sembra irrimediabilmente buio. Sant’Agostino paragona il ruolo del maestro q quello di colui che soffia sulla brace e, in fondo, Natale è Dio, il nostro Maestro interiore, che soffia sulla nostra brace. A volte la cenere sembra pesare a tal punto da spegnere la brace, ma il nostro Dio sa risvegliare il divino che abita in noi e sa farci uomini migliori, uomini dal cuore grande... basta dar ascolto a quel fuoco che è il Vangelo. Nella quotidianità dei nostri affetti, delle nostre scelte, del nostro lavoro, dell’appartenere alla Comunità pastorale. Lo diceva in modo straordinario Santa Teresa d’Avila: dove sta Dio? “Dio sta tra le pentole in cucina!”.
In ogni quadro della Natività, San Giuseppe viene sempre raffigurato vecchio... Mi è tornato alla mente ciò che padre Gheddo ha raccontato di padre Clemente Vismara, missionario di Agrate: “L’ho visitato in Birmania nel 1983, a 86 anni era ancora parroco a Mongping. Volevo intervistarlo sulle sue avventure e mi diceva: Lascia perdere il mio passato che ho già raccontato tante volte: Parliamo del mio futuro”. E mi parlava dei villaggi da visitare, delle scuole e cappelle da costruire, delle richieste di conversioni che gli venivano da varie parti. Come diceva un confratello: “E’ morto a 91 anni senza mai essere invecchiato”. Aveva conservato l’entusiasmo dei primi tempi per la sua missione.
E’ giovane chi ha desideri, chi ha progetti, chi ha sogni, chi segue i sogni con coraggio e audacia, come San Giuseppe. E’ vecchio invece – chi ha rinunciato a sognare, a lottare, chi si è assestato – in questo mondo di pesanti ingiustizie – con rassegnazione o con furbizia. Che cominci così il nuovo anno: con il desiderio di essere, di restare sognatori inguaribili, testardamente e tenacemente!
Così descriveva padre David Maria Turoldo i cristiani di cui il mondo e la Chiesa hanno bisogno oggi: “uomini certi di Dio, uomini dal cuore in fiamme”. Credo sia stato così Giuseppe, lo sposo di Maria, il padre di Gesù. Si è fidato largamente, si è affidato. E’ stato un uomo certo di Dio. Ha dato vita ai sogni. Sono certo che ogni realizzazione umana è stata intravista da un sogno e resa vera dalla passione di un uomo dal cuore in fiamme... Lasciamo che Dio possa entrare nei nostri sogni, possa trasformarci il cuore.
Se spostiamo lo sguardo da Giuseppe, il quadro ci regala un’altra meraviglia: non è Maria a baciare il suo Bambino, è il Bambino che bacia lei... La fede è proprio questo: lasciarci “toccare” da Dio, lasciarci amare da Dio. Soltanto attraverso uomini toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Qualcuno ha scritto che “Lo sguardo che Dio posa sull’uomo ha la dolcezza di un bacio”: sentiamoci ogni giorno “baciati da Dio”. Questo amore scritto dentro di noi ci farà capaci di grandi cose, ci farà capaci di riamare. BUON ANNO!

don Mauro

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