IV di PASQUA
Carissimi parrocchiani,
mi capita frequentemente di incoraggiare qualcuno che è preoccupato per la salute o il lavoro o per qualche problema familiare. L’espressione che mi esce più spontanea è un dialettale “mai paura!”.
Non sono l’autore dell’espressione, che ha abbondanti radici nella Sacra Scrittura.
Quando Maria rivela titubanze di fronte al messaggio della sua maternità, l’Angelo la incoraggia proprio con queste parole: “Maria, non temere!”. Anche nell’Annunciazione a Giuseppe l’Angelo usa le stesse parole: “Non temere a prendere Maria come tua sposa, ciò che è in lei viene dallo Spirito Santo”. Gesù dovette dire molte volte agli apostoli: “Non abbiate paura!”.
Sentiva che ne avevano tanta: quando erano sul mare in burrasca, quando Gesù viene arrestato, quando venne giustiziato e … perfino quando - Risorto – apparve loro.
… E anche a noi nel periodo pasquale, spesso la liturgia della Parola ha ripetuto questo invito.
Di che cosa non dobbiamo avere paura? Innanzitutto di noi stessi e dei nostri limiti. Anche se siamo limitati e colpevoli, non siamo da buttare via. Mi ha sempre colpito quel dialogo tra Pietro e Gesù. Pietro disse con sincerità: “Allontanati da me, Signore, perché sono peccatore” e il Maestro invece: “Non temere: d’ora in poi sarai pescatore di uomini!”.
Non dobbiamo avere paura degli uomini. L’uomo è sempre uguale. Capace di amore e di odio, di eroismo e di viltà, di santità e di meschinità. Se guardo indietro negli anni vedo gli uomini buoni ma anche i malvagi che hanno creato le dittature, le guerre, l’olocausto degli ebrei, i campi di concentramento, le ruberie, lo sfruttamento degli altri a proprio vantaggio. Quasi quasi mi viene la tentazione origenista di dire che di là non ci sarà l’inferno perché di qua l’uomo ha già creato sistemi imperfetti, punitivi e infernali: tanto più quanto più era sicuro di sé. Ma poi penso che alla fin fine tutti i malvagi sono finiti e, bene o male, siamo sopravvissuti e siamo qui a potercela raccontare. Anche se nascesse un altro Hitler o un alto Stalin non dovremmo temerli più di tanto.
La Scrittura vuole eliminare i timori inutili affinché ne rimanga uno solo, importante e indispensabile: il timore di Dio.
Esso è elencato tra i sette dono dello Spirito Santo indicati nel capitolo 11 del profeta Isaia. Il salmo 110 poi afferma che il timore di Dio è l’inizio della sapienza. E il salmo 127 dice in due riprese: “Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie …”; “Così sarà benedetto chi teme il Signore!”. San Paolo poi nella lettera ai Romani precisa che noi non abbiamo paura di Dio perché il rapporto tra noi e lui non è quello del “servo” - padrone despota ma del “figlio adottivo” - Padre affettuoso. Quando dico ai miei fedeli: “mai paura!” mi sento dunque in buona compagnia.
Ricordate nella Santa Messa per l’inizio del ministero petrino come il Santo Padre Francesco nell’omelia parlava della missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere “custos”, custode.
Tra l’altro diceva: “Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggio, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà della tenerezza!”.
Chiedo al Signore di farmi vivere in prima persona “il custodirvi”, cari parrocchiani; ma domando che vicendevolmente sorretti dalla sua “grazia” ci custodiamo a vicenda.
don Mauro