Tutti noi in questi giorni siamo andati in qualche luogo sacro per le nostre memorie e per la presenza delle spoglie mortali dei nostri cari defunti: i Cimiteri sono infatti i “Santuari” delle nostre memorie più sacre, non tanto per quel po’ di polvere che rimane del nostro corpo, ma per quello che significa: sono i nostri fratelli-sorelle che attendono la beata risurrezione. E al cimitero si va non solo per dare: un fiore, un lume, una lacrima, una preghiera, ma si va anche per ricevere.
Mi sembra un aspetto bello da sottolineare in queste occasioni: che cosa mi danno questi defunti con chi è rimasto a compiangerli? “Per amore dei miei fratelli e dei miei vicini io dirò: su di te sia la pace!” Ecco l’augurio, la speranza che da loro viene a noi: la pace che è liberazione dall’affanno, dalla noia, dalla paura, dalla depressione, dal turbamento del cuore.
Allora continua il dialogo, la preghiera si fa più fiduciosa, la lacrima si fa carica di speranza: il cimitero non è più il luogo tetro, cupo, solo fonte di mestizia ma al contrario è l’approdo di chi cammina verso la fine con la certezza di un addio e di un incontro. Scusate, mi sono permesso di buttare qualche riflessione immediata che viene dal cuore e dalla considerazione delle cose ultime che in questi giorni si fa più pressante.
Il “Giorno dei Morti”; su questa celebrazione mi pare giusto spendere una parola, anche perché da noi, come da altre parti è particolarmente diffuso il culto dei morti. Questa giornata di preghiera e di suffragio ebbe origine nel Monastero Benedettino di Cluny nel X secolo (verso gli anni 950/60).
Ma il giorno della Commemorazione di tutti i defunti è come il rovescio della medaglia: non lo si può davvero comprendere se non collegandolo al giorno precedente: il giorno di Tutti i Santi. Questi sono quelli già arrivati, dalla Chiesa sono ufficialmente riconosciuti, i defunti invece sono tuttora in attesa del riposo e della pace eterna.
Possiamo fare qualcosa per i nostri morti? Cominciamo col dire che la vita non è tolta, ma solo cambiata, trasformata.
Essi sono ancora parte della Comunità degli uomini, della Chiesa ancora bisognosa di purificazione. Sono uomini e donne che ci hanno preceduto nel segno della fede, la cui profondità è nota solo a Dio. Anche coloro che durante la loro vita hanno avuto situazioni di peccato, noi non li possiamo giudicare: solo Dio può conoscere fino in fondo la loro fede, la buona fede.
Certo è che davanti al Signore bisogna giungere preparati, anzi purificati. In ogni persona anche la più santa ed eletta, morta in stato di grazia, può sussistere tanta imperfezione e tanto antico egoismo da purificare, togliere, liberare.
Quanto tempo durerà questa purificazione? Quando i morti entreranno nell'eterna beatitudine?
Questo noi non lo sappiamo: in cielo, nell’eternità, non c’è la misura del tempo come lo abbiamo noi. Neppure sappiamo come e dove avvenga questa purificazione indispensabile per comparire degni e preparati al cospetto di Dio.
Cosa possiamo fare per i nostri defunti? Sicuramente pregare tanto per loro e pregare bene: è l’aiuto più bello, significativo che ce li rende tanto vicini e ancora uniti a noi. La preghiera più incisiva è la S. Messa partecipata per loro, anzi fatta celebrare per loro. Ma il suffragio non è solo preghiera, è pure compiere opere buone, in carità, generosità, impegno… vivere le sette opere di misericordia spirituale e materiale.
E’ lo stesso Gesù, quello che noi crediamo nell'Eucaristia e nel volto dei fratelli, che anche i nostri morti contemplano faccia a faccia: sempre Lui.
Ricordiamo i defunti in modo cristiano e parteciperemo alla loro pace.
don Mauro
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