VOGLIO PREGARE
Tutto Penso siamo tutti convinti, in linea teorica, di questa necessità assoluta della preghiera: per un cristiano non può essere diversamente. Ma come si traduce in realtà questa convinzione? Dove cominciare e dove arrivare a questo
proposito: “voglio pregare?”. E cioè: com’è la mia preghiera? Quanto è il tempo ad essa da noi riservato? Dalle risposte e queste domande noi potremo verificare il grado pratico di convinzione nostra circa la necessità e l’importanza della preghiera. E’ stato asserito: la preghiera è mistero;certo, perché mistero è Dio e la preghiera è il contatto diretto con Dio. E’ stato detto: la preghiera è dono e grazia ciò è vero soprattutto dei gradi più alti della preghiera. Si aggiunge: la preghiera è fatica, ossia sforzo personale, è arte da apprendere, è conquista tenace; tutto vero! E tali qualifiche giustificano le nostre difficoltà, i nostri alti e bassi in fatto di preghiera. Sì, pregare è un apprendimento arduo, quindi non dobbiamo scoraggiarci se ne avvertiamo la fatica. Ma lo voglio affermare: la preghiera è volontà. Chi è capace di dire sul serio “voglio pregare” questi si avvia a diventare anima di preghiera. Nella vita del cristiano la preghiera è vista come “il pane quotidiano”, come scansione costante delle nostre giornate. E noi, confessiamolo, non siamo ancora diventati preghiera, ahimè! Se diamo uno sguardo alla nostra vita, alle nostre preghiere, ai nostri esami e alle nostre confessioni, vediamo che il punto della preghiera è sempre ritornante, in negativo. La preghiera dobbiamo confessarlo, non è per noi la cosa più importante, non è vitale, non è l’atmosfera in cui siamo immersi, non è il respiro. E’ invece un’occupazione aggiunta, spesso stancamente e di malavoglia, alle altre, un’occupazione come le altre. Ed ancora, la materia delle nostre accuse in confessione comprende un’abbondante dose di distrazioni durante la preghiera, di omissioni di preghiera… Non vi è mai capitato di imbattervi in persone diventate preghiera? Persone la cui natura sembrava essere niente altro che preghiera? E non accenno ai grandi mistici di cui parla l’agiografia, no, parlo di anime spesso molto comuni, buone vecchiette, magari neppure tanto istruite, educate tuttavia alla scuola delle cose di Dio: da tutto il loro essere traspare un’atmosfera soprannaturale, una comunione con Dio tradotta in un pregare non fatto di grandi formule, ma di poche parole, di semplicissime espressioni, spesso di soli sospiri. Quando ci si imbatte in queste persone, si resta a bocca aperta, si ammira, si cerca di imparare. Ci si accorge in questi casi che il vero maestro della preghiera è lo Spirito. E si comprende bene la regola fondamentale della vita cristiana: aprirsi docilmente all’attenzione dello Spirito.Per il resto ci pensa lui. E vengono fuori capolavori della santità. Quante anime, fortunatamente, arrivano a questa docilità e perciò a questo risultato! Sono dei discepoli modello. E noi, dovremmo imitarli! Ecco allora emergere quest’esigenza di chiarezza con noi stessi. Io voglio sapere da me, dalla mia anima, dalla mia disposizione interiore se intendo mettermi sinceramente almeno sulla stessa strada, a questa scuola. Voglio sapere se intendo impegnarmi seriamente. Talvolta ad impedirci tali decisioni impegnative è una specie di segreta paura: la paura di dover dare troppo a Dio, la paura delle conseguenze ardue di un lasciarsi afferrare da Dio. E allora rimaniamo in superficie, rimaniamo nel minimo necessario, anche nei nostri rapporti con il Signore. E in tal modo ci precludiamo la strada ad alti voli. Ci tagliamo le ali con le nostre stesse mani. Domandiamoci sinceramente a che punto siamo arrivati circa la vita di preghiera, se siamo sinceramente interessati a questo apprendimento, a questo abbandono al maestro unico della preghiera. Proviamo a rispondere a queste domande: vuoi pregare? Vuoi imparare a pregare? Vuoi chiedere al Signore che ti insegni a pregare? Vuoi diventare preghiera? Vuoi togliere da parte tua ogni ostacolo all’azione di Dio e del suo Spirito?
don Mauro