LUI SOPRA IN UMANITÀ
Oggi si conclude l’anno liturgico celebrando la regalità del Signore Gesù Cristo che, risorto da morte e asceso al cielo, ha ricevuto dal Padre “ogni potere in cielo e in terra”(Mt 28,18).
Ma di quale “regalità” siamo parlando? “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele”. Ecco il re di cui ci parla la prima lettura (2 Samuele 7, 1-6. 8-9.12-14.16-17), niente di straordinario, uno come noi, un figlio d’uomo che confida nella presenza di Dio. Un Dio che per insegnarci a regnare si fa “piccolo”. E San Paolo (Colossesi 1,9b-14) ci ricorda: “È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel Regno del suo amore”. Questo re che ci ama così come siamo senza aspettarsi da noi la perfezione, ci ama e ci libera: è questo il vero amore, un amore capace di cambiarti, da cattivo a buono, da peccatore a perdonato.
Nel Vangelo di Giovanni (Gv!(, 33c-37) Gesù ci dice: “Il mio regno non è di questo mondo”. La regalità di Gesù viene solo da Dio, è la regalità di chi è venuto per servire. Gesù sgombera così il campo da ogni possibile equivoco: “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei”, come in effetti aveva tentato di fare Pietro, tagliando un orecchio al servo del sommo sacerdote (cfr.Gv 18,10). Gesù aggiunge: “Per questo sono uscito dal Padre e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità”. E Pilato a lui: “Che cos’è la verità?” (Gv 19,38). Ma Gesù non risponde a parole, perché lo ha già fatto con tutta la sua vita e soprattutto lo sta facendo ora, mediante la libertà e l’amore con cui vive la sua ingiusta passione.
Da questo episodio capiamo che nel cristianesimo la verità non è un concetto astratto, ma la rivelazione del disegno di salvezza di Dio a opera di Gesù; più semplicemente, la verità è una persona, Gesù Cristo. Il Regno di Dio si riscontra nelle opere di misericordia attuate verso i deboli, gli ultimi e gli esclusi: è l’amore del Padre nei confronti dell’uomo suo Figlio, la vittoria del bene sul male e della vita sulla morte e l’intervento di Dio nella storia attraverso le parole e li opere di Gesù.
Nella nostra realtà attuale la verità è diventata un difficile esercizio di discernimento: su molti fatti di cronaca o aspetti della vita conosciamo solo verità parziali.Ma se la verità esiste ed è Gesù, allora la verità siamo noi quando accogliamo la testimonianza di Gesù, re di verità, lottando contro la falsità, anzitutto contro quella che purtroppo ci portiamo dentro, come ogni uomo, come Pilato.Gesù sta davanti a Pilato inerme. La sua potenza – scrive Christian Bibin – è di essere privo di potenza, nudo, debole, povero: messo a nudo dal suo amore, fatto povero dal suo amore. Questa è la figura del più grande re dell’umanità, dell’unico sovrano che abbia chiamato i propri sudditi a uno a uno, con la voce sommessa della nutrice. Il mondo non poteva sentirlo. Il mondo sente solo quando c’è un po’ di rumore e potenza. L’amore è un re privo di potenza, Dio è un uomo che cammina ben oltre il tradimento del giorno”.È emozionante: Emozionante, perché è nell’ora della sua passione e solo in quell’ora che Gesù si dà nome di re, cioè quando non si può più equivocare. Dunque è il regno di un Dio, che non ama gli si costruisca una reggia, perché vuole stare nelle tende del cammino dei suoi figli, un Dio che accompagna il cammino della liberazione dei figli dalle mille forme di schiavitù. Perché i suoi figli, onorati nella loro inviolabile dignità, vivano la bellezza della fraternità.Oggi, riflettendo su questi pensieri, mi veniva al cuore la preghiera che Gesù amava ripetere e che ci ha insegnato e mi colpiva il legame inestricabile delle due parole “padre” e “regno”: “Padre, venga il tuo regno”. Come a dirci che preghiamo non perché venga il regno di un potente di turno, ma il regno di un padre. E noi a chiederci quando mai un padre si senta felice? E noi a cercare di avvicinare quel giorno, il suo regno.Chiediamo anche noi il dono di questa memoria aperta e viva. Chiediamo la grazia di non chiudere mai le porte della riconciliazione e del perdono, ma di saper andare oltre il male e le divergenze, aprendo ogni possibile via di speranza. Come Dio crede in noi stessi, infinitamente al di là dei nostri meriti, così anche noi siamo chiamati a infondere speranza e a dare opportunità agli altri. E per aiutarci ulteriormente, ecco due domande provocatorie, ma certamente utili per continuare a riflettere:- Riconosco la regalità di Gesù, cioè il suo amore fino alla morte?
- Riconosco che il Regno di Gesù è l’amore per i poveri, i deboli, è l’annuncio del suo amore a tutti?
don Mauro
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