MI RACCOMANDO RICORDIAMOCI NEL SIGNORE
Avrei voluto solo una pagina bianca con scritto semplicemente un grande grazie per salutarvi... perché si sa, quando le emozioni tracimano paiono sovrastarti, quando il cuore pullula di sentimenti contrastanti, parlano meglio i silenzi, gli sguardi, gli abbracci, le strette di mano, le lacrime ... perché le parole sono così povere, così fragili, così inadeguate da non riuscire ad esprimere tutto ciò che vorresti.La “partenza” è scritta nell’avventura cristiana di un prete, è forse la sua vera “povertà” ed è un’esperienza che attraversa il suo cuore e quello della comunità con la quale ha camminato e condiviso tutto per un tratto di strada.La partenza è “obbedienza” e io lascio questa Comunità per obbedienza al mio Vescovo. Ogni partenza è una “ferita” ma, non c’è amore senza ferite. I 10 anni trascorsi insieme sono stati davvero un’esperienza straordinaria e indimenticabile, scritta per sempre nel mio cuore, come se fosse scolpita nella roccia.Un’esperienza intessuta di splendidi incontri, di affettuosi legami e relazioni, di gioia e di festa, di stupore e di incanto, di tanti segreti ascoltati, di tantissimi doni ricevuti, di sorprese inaudite.È stato magnifico fare il prete-parroco qui: ho vissuto ogni giorno quella che amo chiamare la “Chiesa dei volti” nelle celebrazioni eucaristiche, nel dopo messa anche solo per un breve scambio di parole e sguardi, nelle tante ore passate a confessare, nelle visite ai carissimi malati, negli incontri con le giovani coppie, negli itinerari per i fidanzati ... mi sono sentito amato, atteso, cercato. Persino nella benedizione natalizia delle famiglie: non si permette a chiunque di varcare la soglia della propria casa ... eppure in tantissime occasioni non ho dovuto neppure bussare: la porta era già aperta, in segno di attesa, di amicizia, di simpatia che ha fatto dire a molti: lei qui! Che bello!.Ciò che innanzitutto ho voluto comunicarvi è un’immagine di Dio: quella che ci comunicano la vita e la Pasqua di Gesù di Nazareth, il mio il nostro Maestro e Signore, il Signore della danza che mi ha sedotto e che ha “stregato” la mia vita. Un Dio che non inchioda nessuno di noi al nostro passato, che non ci chiede mai da dove veniamo ma piuttosto dove vogliamo andare. Un Dio che non è in competizione con l’uomo ma che sogna solo di vederci liberi e felici quaggiù. Un Dio che ci regala sempre con sovrabbondanza il suo perdono che ci restituisce alla vita. Alla scuola della sua misericordia ho cercato di far risplendere a tutti, di illuminare tutti con il suo perdono. Ho voluto dirvi che è possibile e insieme splendido amare Dio con cuore di carne e amare la carne con cuore di Dio. Vi ho voluto comunicare un volto di Chiesa “conciliare”, fraterno, misericordioso. Una Chiesa accogliente, dal cuore di carne, colmo di tenerezza. Una Chiesa che sa essere nel mondo e per il mondo, con lo stile che ci ha suggerito mons. Tonino Bello: “Amiamo il mondo e la storia. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia. Facciamogli compagnia. Adoperiamoci perché la sua cronaca diventi storia di salvezza. Coraggio! Riscoprite i volti! Non abbiate paura che vi accusino di parzialità se partite dai più deboli”.Una Chiesa dove i laici non sono semplici collaboratori ma splendidi “corresponsabili”... e il pensiero qui corre al neo eletto Consiglio Pastorale, al Consiglio per gli Affari Economici, all’equipe dei corsi fidanzati, della Caritas e Battesimo, ai gruppi della Condivisione della Parola e ai gruppi di Ascolto, ai gruppi familiari...Ho cercato si seminare “speranza” perché sono straconvinto che tutto ciò che viene fatto nel mondo, viene fatto dalla speranza. È la speranza che cambia il volto del mondo, il volto e il cuore degli uomini. Ed è stato magnifico vedere tanti occhi di nuovo vivi per aver di nuovo ripreso e saputo gustare la speranza.Ho cercato di far scoprire la bellezza che ognuno è e che ognuno porta dentro, sia pur mischiata alla sofferenza e al peccato. Ho voluto sempre innalzare un “inno allo spreco” perché l’amore non si spreca mai. Di più, l’amore che non ha il coraggio di sprecare, di consumarsi, di perdere, non è amore.Mi sono sentito, mi avete fatto sentire fratello, figlio, padre, dentro una grande fedeltà e una grande libertà. Ho imparato sempre più l’accoglienza, ho imparato ad aprire le porte del mio cuore e per questo sono diventato più “vulnerabile”.
Ho condiviso tante gioie, tanti incredibili ritorni alla fede e alla Chiesa. Spesso con tanti di voi mi sono sentito talmente in unità e sintonia da vivere realmente quel detto che afferma: “Sì è così uniti che quando uno piange, l’altro sente il sapore del sale”.
Avvicinandomi a ogni persona incontrata, ho cercato di vivere l’esperienza del roveto ardente: ogni persona è “un roveto ardente” davanti al quale occorre togliersi i calzari perché ogni persona è un “luogo sacro”, perché dentro ogni persona abita Dio da sempre, molto prima del mio arrivo.
Vado a Somma Lombardo col cuore che ho coltivato e imparato a Cologno Monzese, a Limito, a Maria Regina di Pioltello e sempre più qui a Gallarate: un cuore così libero, profondo e ricco di misericordia, spoglio di giudizi e pregiudizi che permette a chiunque di entrarvi dentro a piedi nudi, senza nessuna paura di ferirsi.
Vado a Somma Lombardo , ringraziando tutti, con un invito che regalo a ciascuno di voi: “Tutti noi che inciampiamo ma continuiamo a credere nell’Amore, alziamoci e facciamolo splendere!” (Bruce Cockburn)
Vado a Somma Lombardo ma vi lascio a malincuore ... E se qualcuno mi chiederà: hai vissuto? Hai amato? Io, senza dir nulla, aprirò il cuore pieno di nomi. I vostri nomi.
don Mauro