ALI COME DI COLOMBA
Un versetto del Salmo 54 mi ha stregato. È un salmo in cui un uomo in preda a un timore che si fa terrore, testimone di cattiveria e violenza, invoca Dio a tutta voce, chiedendogli di ascoltarlo, chiedendogli salvezza. Nella riga che più mi ha colpito e fatto pensare, pregare, sta scritto: “Dentro di me freme il mio cuore... Dico: chi mi darà ali come di colomba, per volare e trovare riposo?”.
Già, da dove vengono queste “ali” per affrontare i momenti di dolore che ognuno di noi inevitabilmente prova e incontra nella vita, per affrontare il bello e insieme faticoso e a volte tremendo quotidiano? Da dove vengono queste “ali” quando abbiamo i nostri occhi velati di lacrime, con i tanti perché che rimangono senza risposta, quando spesso ci si sente portar via il cuore? Forse bisogna aver radicato dentro di sé la fede pasquale, la speranza pasquale, forse bisogna frequentare ogni giorno il giardino del risorto, bisogna riandare al mattino di Pasqua per imparare la speranza, per imparare ad avere ali come di colomba... Io prego ogni giorno di saper fare così e intanto ringrazio tutti coloro che mi hanno insegnato ad avere queste ali, maestri e testimoni di fede e di speranza.
Uno è don Giovanni Moioli, affascinante e straordinario professore di teologia: un vero innamorato di Gesù Cristo, che ci confidava: “Gesù è colui che mi ha sottomesso il cuore”. Così ha scritto sul mattino di Pasqua: “Signore, che nessun nuovo mattino venga ad illuminare la mia vita senza che il mio pensiero si volga alla tua Resurrezione e senza che in spirito io vada, coi miei poveri profumi, verso il sepolcro vuoto dell’orto! Che ogni mattino sia per me mattino di Pasqua! Che ognuno dei miei risvegli sia un risveglio alla tua presenza vera, un incontro pasquale con Cristo nell’orto, questo Cristo talvolta inatteso. Che ogni episodio della giornata sia un momento in cui io ti senta chiamarmi per nome come chiamasti Maria! Concedimi allora di voltarmi verso di te. Concedimi con una parola sola ma con tutto il Di un altro maestro di speranza e gioia parla Henri J. M. Nouwen, teologo a me molto caro e che ha lasciato in me un’indelebile impronta spirituale: “Ho un amico che irradia gioia, non perché la sua vita sia facile, ma perché egli è solito riconoscere la presenza di Dio in mezzo ad ogni umana sofferenza, la propria come quella degli altri. Dovunque vada, chiunque incontri, è capace di vedere e udire qualcosa di positivo, qualcosa per cui essere grato. Non nega la grande sofferenza che lo circonda, né è cieco o sordo alle voci e ai sospiri di angoscia degli altri esseri umani, ma il suo spirito gravita verso la luce nelle tenebre, e verso la preghiera in mezzo alle grida di disperazione. Il suo sguardo è dolce e la sua voce è pacata. Non vi è nulla di sentimentale in lui. cuore di rispondere: ‘Maestro’”.
Egli è realistico, ma la sua profonda fede gli consente di sapere che la speranza è più vera della sfiducia, e l’amore più vero della paura”. (Henri J.M. Nouwen, Vivere nello Spirito).
Molti maestri di speranza che ho conosciuto non hanno nomi famosi, ma non li dimentico. Li ho incontrati nella mia vita di prete, di parroco, di confessore, di amico. Sono uomini e donne che continuano a stupirmi perché hanno saputo ribellarsi alla disperazione, testardi nella speranza, nell’affrontare la malattia, le difficoltà, le assenze ... ho ammirato e continuo a custodire e a portare dentro di me le loro ali!
Così li descrive Ettore Masina, uno che mi ha insegnato che quando si dice Vangelo, si dice speranza: “Là dove c’è un’assenza, un’assenza di gioia, di giustizia, di tenerezza, di speranza, di salute ... bisogna che ci ribelliamo alla disperazione. Bisogna che le nostre speranze si facciano più testarde e vitali. È possibile? Io voglio esprimere qui, per quel che conta, la mia certezza: è possibile. Le nostre speranze possono, se siamo cristiani, alimentarsi della convinzione che il Salvatore vive nella storia e la anima in maniera misteriosa ma reale, attraverso la forza che il suo vangelo offre a chi lo accoglie; ma le nostre speranze possono e debbono alimentarsi anche della contemplazione delle inesauribili volontà di tanti popoli di uscire dalla loro oppressione. Dobbiamo imparare da loro. La speranza oltrepassa la statura dell’uomo, oltrepassa la prudenza. La speranza prolunga l’uomo al di là di tutti i suoi limiti. La speranza non è mai facile, non è mai banale e illusoria. La speranza porta nel mezzo del difficile. Tutti coloro che hanno vissuto la speranza nei sotterranei della storia o nei tunnel della malattia ...furono o sono come noi, soltanto non hanno lasciato che la voce del buon senso e della paura che nasce dal buon senso soverchiasse quella della primavera che è in noi: voce bambina, fionda del piccolo Davide che lancia il sasso ed ecco il mostruoso gigante è a terra, non si rialzerà mai più”.
La Presenza del Signore crocefisso e risorto è la fonte, è la radice delle nostre ali. E’ a questa Presenza che bisogna tornare ogni giorno nella preghiera, nell’intimità con il Vangelo – con le “divine sillabe”, per dirla con padre David Maria Turoldo – ogni domenica nella celebrazione eucaristica, primo giorno della settimana. La luce, la forza, tenerezza, la potenza trasformante di questa Presenza ci porteranno in dono ali come di colomba! E ci porteranno in dono la capacità di accompagnare le persone a cui la vita ha spezzato a tarpato le ali.don MauroCONTINUA A LEGGERE IL FOGLIO DEGLI AVVISI