IN PRINCIPIO LA RELAZIONE
Qualche anno fa il vescovo francese mons. Albert Rouet raccontò: “Mi ricordo molto bene: ero giovanissimo prete in confessionale, entra una donna che senza esitare mi dice:
‘Padre ho 73 anni e dalla mia infanzia ho fatto tutto quello che la Chiesa mi domandava, la preghiera al mattino, di mezzogiorno, della sera e sono andata a Messa tutte le domeniche, ho fatto digiuno in quaresima, ho fatto tutto quello che dovevo fare e a 73 anni scopro che non so amare’”.
Questa donna ha colto nel segno, ha colto la questione fondamentale per ogni cristiano: scoprire di non sapere amare, scoprire che la fede non è solo un insieme di pratiche e di doveri, ma è un incontro, una appartenenza affettuosa a Dio e alla comunità. È legame, è relazione.
La Quaresima che stiamo vivendo può essere una straordinaria occasione per ritornare all’essenziale, per concentrarsi sull’essenziale, per tornare al cuore della fede. A questo ci invita papa Francesco: “La Quaresima è un nuovo inizio. Il cristiano è chiamato a tornare a Dio ‘con tutto il cuore’ (Gioele 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore”.
“Non bisogna essere semplici notai dello status quo, ma profeti dell’aurora” (Tonino Bello).
Quale momento migliore per cercare di fare questo balzo in avanti della Quaresima, tempo di profondità, di radicalità, di incontro con Gesù di Nazareth? Tempo del coraggio di riprendere tra le mani i Vangeli perché ci arda il cuore. Sono sempre più convinto che anche gli uomini e le donne del nostro tempo attendano una parola che faccia ardere il loro cuore, e sono convinto che dallo stile di vita dei cristiani nel mondo dipende l’ascolto del Vangelo e la sua accoglienza come buona o cattiva notizia.
“Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza. (n.88). A volte sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore. Ma Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che personali tocchiamo la carne sofferente degli altri. Aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinchè accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente e viviamo l’intensa esperienza di essere popolo, l’esperienza di appartenere a un popolo” ( n.270 ) ( papa Francesco, Evangelii Gaudium ).
Già, la vita si complica meravigliosamente. Ciò che il papa ci chiede è un compito straordinario, anche se difficile, perché per essere testimoni bisogna essere discepoli. Dobbiamo tutti imparare dai discepoli di Gesù che stavano molto tempo “accoccolati” ai suoi piedi, in ascolto della sua Parola, che si sono lasciati amare, hanno vissuto una vita di relazione con Lui.
Poi hanno raccontato e rivissuto le sue parole, i suoi gesti, il suo amore, la sua vita. Compito splendido ma difficile perché il testimone è colui che vive ciò in cui crede, la sua vita è il luogo, è il canto della sua testimonianza. E la radice della testimonianza sta in un incontro... non per nulla la patrona delle missioni è una mistica: santa Teresa di Lisieux. L’invito speciale della Quaresima è “tutto qui”: un incontro. Con Dio e con l’uomo. Per incontrare occorre andare, partire, camminare, uscire da sé.
Il mio sogno è che sempre più siano numerosi i cristiani della nostra Comunità o pastorale che escano dal tempio “poeti e profeti” cioè più capaci di rendere abitabile la nostra Città e la nostra terra, in un tempo come il nostro da vivere con rinnovata speranza e rinnovato ottimismo: i pessimisti non sono che spettatori, un tempo di nuove “sfide”, di nuovi sogni. Uscire dal tempio chiede audacia, genialità, ma anche ricerca, ascolto, sensibilità, pazienza, umiltà, misericordia. È lo stile che ci ha insegnato con forza profetica il Concilio Vaticano II, quello stile “rubato” a Gesù che racconta Dio nella mitezza, nella tenerezza, nella misericordia, dentro la libertà di ogni umana risposta. Uno stile che non ha i toni dell’arroganza, della forza, dell’imposizione.
La Quaresima: uscire per un incontro con Dio e con l’uomo, sulla strada che ci farà inginocchiare davanti a una croce, che ci farà trasalire di stupore e di gioia il mattino di Pasqua. La Quaresima: un tempo che ci chiede così: “Serba nella tua anima un luogo per l’ospite che non attendevi”, un ospite che ha il volto di un crocifisso e il volto degli uomini!don MauroCONTINUA A LAGGERE IL FOGLIO DEGLI AVVISI