Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
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Parrocchia Santi Nazaro e Celso – Arnate, Piazza L.Zaro 2 – Via San Nazaro 4, GALLARATE, VA

AVVISI - 10 MARZO 2024

NUOVI PASSI

A volte gli eventi più belli della vita ci capitano come splendide sorprese e ci cambiano. A volte li attendi dal profondo con trepidazione, li prepari con cura, ma continuano a sorprenderti e ti cambiano da capo a piedi... come la Pasqua!  Questo è il “compito” della Quaresima: cambiarci dalla testa ai piedi e insegnarci nuovi passi.

“Quaresima: dalla testa ai piedi”:
così scriveva don Tonino Bello, grande vescovo poeta e profeta: “Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi. Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala. Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. È difficile sottrarsi all’urto di quella cenere. Benchè leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: ‘Convertiti e credi al Vangelo’. Quello ‘shampoo alla cenere’ rimane impresso per sempre. Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini l’abbiamo ‘udita con gli occhi , pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica quella del Giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benchè articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l’offertorio di un piede, il lavarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio. Potenza evocatrice di segni! Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua. La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnere l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare sui piedi degli altri. Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa”. Un ritorno a casa come quello narrato dall’Evangelista Luca nella parabola del Padre misericordioso e deciso così dal figlio: “Allora rientrò in se stesso...” ( Luca 15,17).
La Quaresima è proprio così: l’occasione per rientrare in se stessi, per tornare al Vangelo con nuovi passi.
Il Padre ci aspetta, ci corre incontro per riabbracciarci, per fare festa. Ci vogliamo mettere in cammino con papa Francesco, mettere i nostri passi sui suoi passi.
L’ha detto splendidamente Roberto Benigni alla presentazione del suo libro “ Il nome di Dio è Misericordia”: “Il cuore del ministero di Francesco è proprio la misericordia. Lui sta camminando verso qualcosa e non si ferma mai. A volta sembra affaticato perchè traghetta la Chiesa in un luogo del quale ci siamo dimenticati, verso il Cristianesimo, e la forza per questa sfida gliela dà la medicina della misericordia che va a cercare tra gli sconfitti, gli ultimi degli ultimi...”. E’ la rivoluzione della tenerezza! La Chiesa che amo è la Chiesa della tenerezza! Forse per troppo tempo ci siamo chiusi come in una fortezza nelle nostre certezze, forse abbiamo trascurato l’ascolto, il dialogo, la pazienza, la dolcezza, forse ci siamo dimenticati che compito della Chiesa non è chiudere una porta, ma piuttosto tenerla sempre aperta. Forse ci siamo dimenticati di abitare nelle domande, nei dubbi delle persone. Forse abbiamo avuto timore a mostrare tutta la nostra fragilità, ad ammettere che non abbiamo una risposta per tutto e per sempre. Forse ci siamo dimenticati del Vangelo, della potenza dei gesti dimenticati del Vangelo, della potenza dei gesti pieni di tenerezza di Gesù, il nostro Maestro, ci siamo dimenticati del Concilio Vaticano II, di quel meraviglioso inizio della Gaudium et Spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
È tempo di imparare ad avere sguardo da innamorati sul mondo, sulle persone, qualunque cammino abbiano intrapreso. È tempo di avere la stessa speranza di Dio e di aprire e dare spazi a tanti e diversi cammini. Mi torna sempre più alla memoria del cuore l’episodio di Mosè e del roveto ardente narrato nel libro dell’Esodo. A Mosè è chiesto di togliersi i calzari davanti a quel luogo sacro. Nell’avvicinarsi agli uomini, è chiesto lo stesso alla Chiesa e a ogni cristiano: togliersi i calzari. Perché ogni uomo, in qualunque situazione, è un “luogo sacro” e Dio è già in ogni uomo ben prima del nostro arrivo. È tempo di passare dal ‘balconear’ – parola di papa Francesco! – cioè dallo stare al balcone, in posizione di giudizio, allo stare in mezzo per servire, ascoltare, far crescere, annunziare la misericordia, la tenerezza di Dio.
Sono questi i passi, i salti che ci sono chiesti. Dovremmo imitare i bambini che nell’imparare a camminare affrontano tranquillamente, senza paura e con tenacia, mille rischi: cadono, si rialzano, cadono ancora, si rialzano di nuovo. Bisogna imparare da loro se vogliamo avanzare nella vita, se vogliamo danzare la vita. Nella certezza che cercando l’impossibile, l’uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile, non sono mai avanzati di un passo. In fondo, ce l’ha ripetuto spesso Gesù: “Se aveste fede quanto un granello di senape...”.

don Mauro

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