PROCESSIONE CITTADINA DEL “CORPUS DOMINI”
Se l’Eucaristia è l’essere convocati dal Signore Gesù nei segni del pane e del vino, è bello che almeno una volta all’Anno viviamo l’esperienza di portare processionalmente per le vie della nostra Città, tra le case della nostra gente
l’Eucaristia adorandola con le labbra, la mente e il cuore, docili alla sua parola e pronti a testimoniare la gioia di essere in Luifratelli e figli di un unico Padre. In particolare, nell’anno che vede la Chiesa diocesana impegnata sinodalmente a riflettere su se stessa coma Chiesa dalle genti, sentiamoci invitati a guardare e adorare LUI dal quale riceviamo energia e vita, riconoscendoci il suo santo popolo, la Chiesa che Lui ama. Mi sono chiesto che cosa significa partire da un punto della Città (Parrocchia dei SS. Nazaro e Celso) per raggiungerne un altro (la Basilica del Centro), con motivazioni e intenzioni religiose? motivazioni e intenzioni religiose? Per tentare un chiarimento, sarà opportuno partire da lontano. Che cos’è la vita cristiana? Cos’è la vita, se non un cammino, un itinerario? Si parte, si arriva, si fanno tappe. La vita è un avvicinarsi progressivo, faticoso e sudato a una meta che si teme: la morte; la vita cristiana (se è davvero cristiana) ha una meta che si spera.
La processione è una sintesi di questo cammino, quindi una parabola di vita, un suo simbolo, trasparente, limpido, convincente. Se lo si ritma con la preghiera e i canti, con meditazioni guidate e con prese di coscienza dei problemi dell’esistenza, la processione è un itinerario che, dovunque termini, conduce a un progresso, come ogni fase, ogni giorno della vita dovrebbe fare. Quando sono in processione mi tornano sempre alla mente i pellegrinaggi fatti, anche quello recente al Sacro Monte di Varese. Ogni processione mi ricorda quel salire, salire con gioia anche se con un po’ di fatica, ma senza lamentarsi, insieme e in compagnia di altri, salire per raggiungere… In realtà una processione, anche se si svolge su strade piane, è sempre una ascesa. Si sale più in alto, moralmente, si arriva migliori di quanto si è partiti. Non soltanto perché si prega, ci si concentra, ci si arrende a Dio, disarmati e semplici, confortati e sorretti dai compagni di strada che con te condividono la meta e il cammino, lo stile e i metodi. Ma anche perché camminare, faticosamente, obbligatoriamente, ritmicamente, è senz’altro una lezione. Si impara a non cedere, a non spazientirsi, a soffrire, a superare i momenti brutti, ad insistere comunque. A non scoraggiarsi e a perseverare. Si impara a tenere ben fisso il fine, a non concedersi sconti. Si fa la preziosa esperienza che la gioia vera e profonda non prescinde mai dallo sforzo, arriva dopo, è un compenso del sacrificio. La sera del 3 Giugno, immersi tra i fedeli, potremo fare questa salita spirituale e alla fine all’interno della Basilica rimessa a nuovo, tornata al suo splendore originale, saremo più vicini a Dio, ma saremo anche più vicini a noi, più Comunità. Più Chiesa. Gesù stasera sarà compagno di viaggio, ha compiuto gesti concreti. Perfino durante quell’ultima cena in cui aveva pronunciato parole solenni sul pane e sul vino non mancarono un grembiule ai fianchi e un catino d’acqua per lavare i piedi agli Apostoli. E noi, che diciamo di essere alla sua sequela, siamo davvero attenti a chi è ai margini, col cuore gonfio di domande e di attese, col desiderio di riempire l’anfora vuota? Quando l’ostensorio si alzerà per benedire tutta la Città, e Mons. Ivano Valagussa dirà le rituali parole: “Padre, Figlio e Spirito Santo”, colleghiamole con altre parole: Festa, Condivisione, Concretezza… e la Benedizione scenderà su tutti quanti si sono fatti pellegrini alla sua sequela.
don Mauro