II DOPO LA DEDICAZIONE
La partecipazione delle genti alla salvezza
Carissimi parrocchiani,
è Novembre la preghiera di suffragio per i nostri cari che non sono più attraversa la pia pratica cristiana. Tanti volti e tante vicende si riaffacciano alla nostra memoria, riprendono vita, ci fanno sorridere e stimolano il nostro pianto, mentre deponiamo un fiore sulla tomba di chi ci è caro al cuore ancora oggi.
Perché anche se il corpo è li davanti a noi, sappiamo che egli continua a vivere, non semplicemente nel nostro ricordo, anch’esso fragile e finito, come tutte le cose di questo mondo, ma nel seno stesso di Dio.
Noi, in questi giorni – passati e futuri – non facciamo memoria di concetti, idee, conoscenze: facciamo memoria di persone e del rapporto che noi stessi abbiamo instaurato con loro.
Ricordiamo loro, ma con loro ricordiamo noi in rapporto a loro. Quello che ci resta, e che ora ci fa commuovere è l’affetto che ci ha legati.
Ricordando noi diamo vita al nostro mondo interiore. Per questo diventa importante vivere bene la memoria: succede quando “celebriamo nella fede”.
Qui il ricordo non è più soltanto nostro, i nostri cari non vivono solo grazie ad esso, per cui senza di noi non ci sarebbe più traccia di loro. Ricordare nella fede vuol dire che il nostro ricordo viene letto con gli occhi di Dio che è vita. Per questo crediamo che le persone oggetto del nostro “ricordare” possono essere e sono “perdonate, guarite, salvate: ancora in vita”.
Sta qui la forza della preghiera di suffragio, che coinvolge certamente i nostri cari, ma anche noi con loro. Pregando per loro, preghiamo per noi: nella fede preghiamo per i vivi, non per i morti.
L’invocazione che ci accompagna in questi giorni, la possiamo sintetizzare così: “lo Spirito del Risorto ci aiuti a celebrare nella fede la memoria dei fratelli defunti, tenendo fisso lo sguardo verso il Regno, meta ultima del nostro pellegrinaggio terreno”.
Sì, il ricordo dei nostri cari è anche la presa di coscienza del nostro personale cammino e di come esso deve essere svolto. “Tenere lo sguardo fisso verso il Regno”, cioè il luogo dove già riposano i nostri cari e verso cui tutti noi siamo incamminati.
Il Regno a cui qui si fa riferimento è quello di Dio ed è identificato con il paradiso. E il vangelo ci insegna che il Regno è vicino e il tempo è compiuto: in qualche modo noi siamo entrati già in esso, grazie al nostro convertirci e credere al vangelo.
Questa conversione comporta che noi diventiamo coscienti che il nostro cammino ha una meta e la sua presenza decide del nostro essere nel mondo: non siamo nomadi che si spostano alla ricerca di pascoli migliori, o vagabondi che non sanno dove vanno. Siamo pellegrini. La meta del Regno è l’ultima. Il che presuppone che ci siano mete parziali e che queste siano sulla terra.
Il nostro cammino non è solo spirituale: tende alla meta finale, ma si scontra con gli incroci, i bivi, le stazioni di sosta, i brutti incontri, gli aiuti dati e ricevuti su una strada che tutti dobbiamo compiere.
Celebriamo la memoria dei fratelli defunti e insieme ricordiamo a noi stessi che siamo per strada e che per compierla ci vorrà tempo e l’aiuto necessario dello Spirito del Risorto.
Amava dire Giovanni Paolo II: “La vita lunga o breve è un viaggio verso il paradiso; là è la nostra patria, là è la nostra vera casa; là è il nostro appuntamento! Gesù ci attende in paradiso”.
Proviamo anche noi a vivere con questa consapevolezza nel cuore, vivremo senza affanno e più sereni.
don Mauro