DELLA SAMARITANA ( II di Quaresima )
Carissimi parrocchiani,
il “rito” della cenere sulla testa, col quale abbiamo iniziato domenica scorsa la Quaresima, ha espresso la volontà di metterci in cammino, la nostra volontà di convertirci, la nostra volontà di rifiuto del peccato. È stato un rito esteriore, un segno pregno di verità, su ognuno di noi: senza Dio siamo polvere e cenere. Siamo nulla, con Lui il nostro nulla, colmo della sua grazia, diviene oggetto delle sue meraviglie. Ci siamo messi in cammino?! È importante lasciarsi scomodare da questo interrogativo.
Vedete, la Quaresima è il tempo che ogni anno ci invita a questo: “fermati e riprendi fiato!” Per i cristiani il “fiato” è il simbolo della Spirito di Dio, del dono della vita. Riprenderci un bel po’ di vita, strapparla al gran correre di tutti i giorni. Ritrovare ciò che davvero conta. Ecco il dono della Quaresima!
Il “deserto” che abbiamo incontrato è il luogo scelto da Dio per incontrarsi con l’uomo, rivelarsi a lui, sancire con lui il patto dell’ Alleanza. Per incontrare Dio bisogna passare per il deserto!
La prima e indispensabile condizione del deserto è la fame e sete di Dio. Ma il “deserto” è anche il luogo dove la fede è messa alla prova.
“Deserto” : sembra una parola completamente fuori dal contesto della Città in cui viviamo, piena di gente e di movimento. Una parola estranea alla complessità della nostra vita che si muove tra mille impegni. Mille cose da fare,
mille persone da incontrare. È vero, e forse è proprio per questo che mai come oggi siamo invitati a costruire un piccolo angolo di deserto nel nostro cuore, dove incontrare il Signore.
Sarà per un momento della giornata, magari solo dieci minuti, dove allontanarci da tutto e metterci davanti a Dio, alla sua Parola. Sarà un giorno della settimana in cui scegliamo di fare un po’ di digiuno di televisione o di video giochi, per pensare un po’ a noi, alle persone che ci vogliono bene, all’amico Gesù. La Quaresima ci invita a cogliere ciò che si gioca nel nostro cuore, ci insegna a capire quando veniamo tentati e a imparare a rispondere come Gesù, con sentimenti di figli verso il Padre. Essere tentati – e la vita non risparmia proprio nessuno – significa essere messi di fronte a una scelta. Non vuol dire solo essere chiamati a scegliere tra il bene e il male. Può anche voler dire, a volte, dover optare tra una cosa buona e un’altra che è “più” buona. È la vita che ci chieda di affrontare continuamente situazioni in cui fare emergere ciò che abita nel nostro cuore. Infatti la “tentazione” è proprio questo: un momento privilegiato per imparare a conoscere, per verificare i veri sentimenti che muovono le nostre scelte , la nostra libertà. Quelli di Gesù, che pure vive l’esperienza della tentazione, erano tutti sentimenti buoni, sentimenti pieni di amore per Dio. Erano tutti sentimenti di Figlio che cercava di piacere a suo Padre, che voleva compiere la volontà di Colui che l’aveva mandato. E dei nostri sentimenti, invece, di ciò che abita i nostro cuore, che cosa possiamo dire? Che cosa possiamo dire di quella pigrizia che tante volte toglie entusiasmo che non fa fare una piccola fatica per amare un po’di più? Che cosa possiamo dire di un certo egoismo che si manifesta troppo spesso e che fa agire e scegliere sempre e solo preoccupati del “proprio” bene? Che cosa possiamo dire di quel voler essere sempre “ il migliore” e “ il primo”, senza riconoscere i doni degli altri forse migliori?
Poter vedere ciò che abita il nostro cuore non deve scoraggiarci, ma insegnarci che siamo persone in cammino con Gesù verso la Pasqua. È un momento di grazia che ci apre al perdono del Signore alla sua misericordia; è la condizione ideale per imparare a fidarci del Padre che passo dopo passo ci porterà attraverso i “deserti della vita” a godere della gioia e della beatitudine promessa ai suoi figli.
don Mauro