Il prologo con cui l’apostolo Giovanni apre la sua prima lettera (1Gv 1,1-4) ci offre l’occasione per parlare delle dinamiche del mistero della Chiesa. Esso scandisce in tre momenti il sorgere della Chiesa come comunione fraterna. Il primo momento fa attingere alla sorgente. “Quello che era da principio, quello che abbiamo udito, quello che noi abbiamo veduto coi nostri occhi, quello che noi abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato…” (v.1).
Giovanni descrive l’incontro co Cristo attraverso il ventaglio dei sensi spirituali: abbiamo visto, contemplato, ascoltato, toccato con mano il mistero di Dio che si rende presente nella carne di Gesù e che ci fa suoi discepoli. Che cosa hanno visto, ascoltato, contemplato, toccato gli apostoli? Che cosa annunciano? Che cos’hanno contemplato sin qui?
Un uomo, una persona che parla le nostre parole, che condivide i nostri sentimenti, che si avvicina a noi, che fascia le nostre ferite, che guarisce il nostro cuore, che mangia con i peccatori. Abbiamo trovato – dice Giovanni – la Parola della vita. Si potrebbe tradurre in due modi: la Parola che è la vita e che dà la vita, o forse “che dà la vita perché è la vita”.
Questo è il primo movimento della fraternità cristiana. Il fondamento della Chiesa non può essere che l’esperienza viva di Gesù di Nazaret.
La fraternità ecclesiale deve riconoscere il “fondamento” del nostro essere insieme, il centro vivo e pulsante dell’esperienza ecclesiale, che è un’esperienza ricevuta, di cui noi non siamo titolari, ma di cui siamo tutti discepoli. Ecco, allora, la caratteristica fondamentale della Chiesa. La Chiesa c’è per dire e comunicare il Signore, bisogna sperimentare che si è nella Chiesa soprattutto per Lui e perché c’è Lui. Questa è la ragione radicale per cui noi possiamo essere comunione fraterna, la Chiesa del Signore.
Il secondo momento del ritmo della Chiesa descrive il sorgere della fraternità: “Quello che abbiamo visto e udito…” - il testo riprende il filo sospeso alla prima fase – “Noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (v.3). Annuncia Gesù in un’esperienza, ma l’esperienza non è chiusa su di sé, rimanda oltre, perché chi ascolta l’apostolo incontri il Signore. E dice: è passato in mezzo a noi, è morto e risorto, lo annunciamo anche a voi, perché voi siate in comunione con noi.
La Chiesa nasce così, è generata come una comunione attorno all'annuncio dell’apostolo e della comunità apostolica. Noi siamo Chiesa perché realizziamo ogni giorno la comunione attorno all'annuncio apostolico. La Chiesa deve preservare l’armonia tra annuncio, celebrazione e carità, perché ciò che rimane, ciò che deve essere edificato è il credente che vive la sua esistenza come “culto spirituale, sacrificio gradito a Dio”.
Il terzo momento del sorgere della Chiesa è introdotto da un’espressione inattesa: “La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (v.4). La “nostra comunione”, quella che realizziamo nelle nostre comunità, quella che viviamo nella parrocchia, non è un vago segno, non è un rimando incerto alla comunione co Dio, ma è la comunione con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. Non c’è altra strada per incontrate il Padre e il Figlio, il volto cristiano di Dio, che attraverso questa “nostra” comunione. Per questo, forse, oggi si fa così fatica ad incontrare Dio! Non c’è altra via per incontrare il Dio cristiano, se non attraverso la comunione visibile fraterna.
don Mauro
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