Il mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore è, tempo privilegiato per contemplarne il mistero e approfondirne il significato.
Gesù ci offre il suo cuore e ci chiede in cambio il nostro, invitandoci ad un rapporto di reciprocità e di amicizia.
Il cristianesimo è la religione dell’amore, come affermava Giovanni Paolo II e come spesso ci ha ricordato Benedetto XVI, e il Sacro Cuore è il simbolo dell’amore. Dio è la fonte infinita e inesauribile dell’amore, ci dona ogni cosa e ci perdona tutto indipendentemente dalla nostra condotta e dalla nostra risposta.
L’espressione di San Giovanni “Dio è amore” (1Gv.4,8) potrebbe essere compresa come Dio è il Primo Amore, perché esiste ed è donato prima di qualsiasi merito e di tutti i peccati dell’uomo.
Un amore assolutamente gratuito e immeritato, di fronte al quale la vera risposta non può essere altro che una profonda gratitudine. Ma NOI abbiamo il coraggio di lasciarci amare da Dio, come Lui vuole?
È una domanda di ordine teologico e spirituale, che a livello esistenziale e psicologico equivale a chiedermi: che idea ho di me stesso? Sono convinto o almeno posso accettare che sono degno di essere amato, e per giunta in modo gratuito?
Lasciarsi amare da Dio può richiedere un autentico impegno ascetico, una vera disciplina per mettere a tacere e abbandonare tutte le voci sia interiori che esterne di disapprovazione e di condanna di sé stesso, al fine di potersi aprire nella fede e nella speranza alla gioiosa esperienza di essere amato da Dio, in modo infinito e gratuito. Come è propria di Dio amare la sua creatura, così conviene all’uomo volere bene a Dio.
Il Vangelo di Giovanni si conclude con il colloquio tra Gesù Risorto e San Pietro sulle rive del lago di Galilea (Gv.21,15-19) in cui risuona la triplice domanda “Simone di Giovanni mi ami più di costoro?”.
La domanda di Gesù centra in pieno il punto debole di Simone, cioè la sua smania di primeggiare sugli altri. Pietro, avendo fatto esperienza della propria fragilità nel momento buio del rinnegamento, risponde umilmente senza paragonarsi agli altri:
“Certo, Signore, Tu lo sai che ti voglio bene”. Notiamo come alla triplice domanda di Gesù sull’amore è collegato anche l’incarico: “Pasci le mie pecorelle”.
Nella Chiesa di Gesù c’è un rapporto diretto tra l’amore e la responsabilità nei confronti degli altri. Solo chi si distingue per l’amore può esercitare legittimamente l’autorità di essere guida per gli altri, perché nella prospettiva di Gesù l’amore è la sola forza che può avere potere sulle persone. Dio non pretende più di quanto possiamo offrirgli, si accontenta del nostro piccolo e povero amore. Ed è importante che diventiamo consapevoli della piccolezza e della fragilità del nostro amore, così daremo a Dio la possibilità di amarci in modo infinito e gratuito, perché solo Dio sa amare così.
Allora potrà affidarci la responsabilità di prenderci cura delle sue pecorelle e potremo affrontare le prove e le difficoltà della vita lasciando che il suo amore ci conduce anche dove noi non vogliamo.
Ecco la nostra ambizione e il nostro obiettivo: diventare ed essere veri amici del Signore Gesù, e fare nostre le intenzioni del suo cuore.
Se scopriamo l’amore di Dio per noi e riusciamo a credergli, saremo spinti inevitabilmente a rispondergli.
don Mauro
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