Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
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Avvisi e Calendario 1 settembre 2019

RIPRENDERE, RICOMINCIARE, RIAVVIARE...

Verrebbe spontaneo domandarsi: che cosa dobbiamo riprendere? Cosa ricominciare? Cosa riavviare? Mi sentirei di rispondere con queste parole, che diventano un programma: l’incessante ricerca.

La prima domanda, che si legge nella Scrittura, è una domanda rivolta da Dio all’uomo: “Adamo dove sei?” (Gn 3,9). Dio cerca l’uomo e tocca all’uomo mostrarsi, rispondendo: eccomi, sono qui. Ma poi nella Scrittura si legge spesso anche la domanda dell’uomo a Dio: “Signore, dove sei?”. Anche Dio risponde: “Eccomi”. La ricerca è dunque duplice: Dio cerca l’uomo e l’uomo cerca Dio.

E’ una ricerca incessante in ambedue le direzioni. Dio non cessa di mostrarsi all’uomo e continuamente ripete: sono qui. E’ questo il nome rivelato da Dio a Mosè. Ed è ancora questo il nome del Figlio di Dio fatto uomo: Emmanuele, Dio con noi. Ed è ancora il nome del Signore risorto, come si legge nel Vangelo di Marco: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Il nome di Dio è sempre: io sono con voi.

La ricerca di Dio è incessante, proprio perché Dio è vicino, tanto che il vero problema non è dove trovarlo, ma come riconoscerlo. Che questo sia vero ce lo dice l’episodio dei due discepoli di Emmaus.

I due discepoli incontrano Gesù che si unisce al loro cammino, ma non lo riconoscono. Non perché Egli ha assunto un volto sconosciuto per apparire in incognito, ma perché “i loro occhi non avevano la forza di riconoscerlo” (Lc 24,16). Non tocca a Gesù cambiare il volto, bensì ai discepolo cambiare lo sguardo. Quella dei due discepoli è un’incapacità profonda, che investe la mente e il cuore, una vera impossibilità, come suggerisce il verbo usato da Luca. Occorre un modo nuovo di guardare ciò che già prima si è visto.

La ricerca dell’uomo da parte di Dio è sempre incessante, ed è per questo che è vera. Ma anche la ricerca di Dio da parte dell’uomo deve essere incessante se vuole essere vera, guardando sempre in avanti.

Questa capacità di guardare in avanti, di gustare la novità, di andare altrove per vedere come Cristo si rivela anche altrove, è ciò che rende gli occhi capaci di riconoscerlo. Chi si chiude, diventa fatalmente cieco.

E illudendosi di portare il Signore, porta in realtà se stesso.

Abbiamo bisogno di un cambiamento di mentalità sia nei presbiteri che nei laici. Se non si passa dal considerare i fedeli laici da semplici collaboratori del clero a corresponsabili dell’essere e dell’agire della Chiesa, la sinodalità è frenata. La sinodalità è a servizio della missione ed è anche primo “segno” della missione. Una Chiesa sinodale è una “luce posta sul moggio” in un mondo, in cui l’egoismo, la frammentazione, l’individualismo, l’indifferenza, i particolarismi rendono difficile, se non soffocano, la condivisione, la solidarietà. E’ compito dei discepoli di Gesù manifestare che camminare insieme è possibile!

La missione non è proselitismo, è testimoniare e annunciare che l’uomo è stato liberato dal Cristo crocifisso e risorto dal male e dalla morte. Il “Vangelo dell’amore”, condiviso, annunciato e celebrato, che impregna di vera sapienza tutto il pensiero e l’agire, apre all’ “amore sociale”, al senso della vita e alla gioia.

Dobbiamo testimoniare che essere cristiani è bello, non è tristezza, noia.

Non “vivacchiare”, ma dobbiamo vivere!

 

don Mauro

 

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