“Caro Gesù – pregava monsignor Tonino Bello (1935-1993), vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi – ho faticato non poco a trovarti.
Come mai sei fuggito dal consorzio degli uomini e sei venuto a segregarti tra queste dune, proprio tu che sei sceso qui in terra per introdurre gli stimoli della comunione nelle vene della storia, e per riunire i figli che erano dispersi? Ti sei curvato sulla sabbia e ora ti diverti a scrivere col dito le parole del profeta Osea (2, 16.17.21). “Ti condurrò nel deserto e ti fidanzerò a me”. Dunque, Signore, sei fuggito per un richiamo d’amore. All’origine del tuo ritiro su questo riarso promontorio di Giuda c’è un’ansia incontenibile di comunione. Non sei scappato dalla città perché stanco di convivere con essa, ma per tornarvi con l’accresciuta voglia di vivere ineffabili esperienze nuziali.
“E parlerò al tuo cuore, e canterai come nei giorni della tua giovinezza”. Dunque, Signore, non sei venuto qui per evadere dai rumori della vita, sei venuto perché sedotto dal presentimento che il deserto, oltre che del silenzio, è anche l’ambito delle parole che contano. Oltre che degli ululati solitari, come dicono i salmi (Sal. 69,26; 78,52) è anche il luogo dove fioriscono le canzoni. Oltre che riparo dall’assedio delle folle, è anche il recinto dove si realizzano gli incontri decisivi”.
da: Dammi, Signore un’ala di riserva, 2001
Effettivamente, seguendo il Signore e lasciandosi coinvolgere nella sua “ansia incontenibile di comunione”, la Chiesa ambrosiana – con la Chiesa tutta – entra nel “deserto” della Quaresima. Sentiamo ardere in cuore il desiderio di ascoltare le “parole che contano”, che escono “dalla bocca del Signore”. Vogliono prepararci a rivivere “l’incontro decisivo” con il Crocifisso risorto nelle celebrazioni pasquali.
E’ la seconda Quaresima che viviamo immersi in questa pandemia da coronavirus. Lo scorso anno ci ha trovati impreparati ma fiduciosi in una soluzione breve; come non ricordare tutti quegli striscioni che apparivano dai balconi con scritto: “Ce la faremo... Andrà tutto bene...”.
Ci siamo accorti che la realtà è stata e continua ad essere ben diversa e la verità è che questa pandemia ha colpito tutti: ricchi, poveri, famosi, sconosciuti, forti, fragili, anziani e giovani...
Abbiamo iniziato una nuova Quaresima che ci ricorda che convertirsi e credere al Vangelo significa uscire dalla illusione dell’autosufficienza, riconoscere e accettare la propria indigenza e quella degli altri, riconoscere di avere bisogno del perdono e dell’amicizia del Signore.
Per mettersi in questo cammino è necessaria la virtù dell’umiltà, che conduce alla scoperta della verità del proprio essere creatura debole, fragile, limitata, bisognosa di Dio e dei fratelli. Ce la faremo se restiamo uniti, nel rispetto reciproco non solo delle norme igieniche ma soprattutto dell’aiuto fraterno.
Se questa pandemia non ci ha insegnato questo, significa “vero fallimento” per tutti. Prendiamo a cuore questa nuova opportunità che la vita ci offre e togliamo dal nostro cuore ogni forma di egoismo e ipocrisia, così potremo contribuire a costruire rapporti nuovi, veri, sereni; rapporti da veri fratelli e sorelle che camminano uniti col desiderio che la prossima Pasqua sia veramente di Risurrezione innanzitutto per i nostri cuori.
Il vostro parroco, don Mauro