Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
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AVVISI - 27 OTTOBRE 2024

IL MORIRE DELL'UOMO... IL 2 NOVEMBRE

Nel nostro mondo si cerca di evitare di parlare della morte e del morire: il tema crea sempre un certo imbarazzo. Se ne parla in ambito politico in riferimento al diritto di una “dolce morte”, per il resto si cerca di vivere l’evento in modo privato. Anche nella predicazione della chiesa c’è un certo silenzio: purgatorio, inferno e paradiso, sembrano invenzioni poetiche, dantesche e medioevali .
Quali sono invece le occasioni che ancora smuovono le coscienze collettive? Quando la morte ci colpisce per la sua evidente, ingiusta, tragicità. Pensiamo alla morte dei giovani, dei bambini, per incidenti o fatti criminosi, o di persone significative che hanno saputo donare la vita per gli altri.
Allora qualcosa si smuove: la domanda del “perché “ riappare.
Ma il tema della morte percorre tutta la storia dell’uomo: i nostri progenitori, uomini di Neanderthal o “Sapiens” già seppellivano i loro defunti con cura, con fiori freschi ed oggetti cari ai defunti. 100.000 anni fa il morire dell’uomo non era affatto paragonato al morire di un animale domestico.
Nella storia dell’umanità che ci sono due modi fondamentali di affrontare il tema del morire.
Il primo si nutre dell’idea di necessità. E’ necessario morire per il rinnovarsi del mondo. Già l’antica filosofia greca lo intuiva.
Anassimandro (550 a.C.) diceva che ogni essere deve morire, ritornando alla sua origine, poiché è giusto così: nascere e morire sono le due facce della stessa realtà. Chi oggi va in pellegrinaggio a Vara-nasi, città sul Gange, dove ogni giorno si bruciano pile di morti, probabilmente respirerà un clima di serenità ed abbandono.
La cultura induista aiuta a superare l’angoscia della morte: “ La vita è fatta così. Non ha senso chiedersi il perché ”.
Ma ecco il secondo modo di pensare la morte. E’ stato l’ebraismo ed il cristianesimo ad introdurre nella cultura dell’umanità un elemento nuovo: quando la Bibbia dice che la morte non era previ-sta, che è frutto di una scelta dell’uomo (il peccato), si introduce un elemento “dirompente”. La morte è entrata nel mondo per col-pa dell’uomo e del diavolo. Sì, la morte è in sé ingiusta.
Oggi l’uomo occidentale, che ha perso il senso del peccato, guarda con ironia la chiesa che continua a predicare il peccato come origi-ne del morire. Ci si chiede: “Cosa c’entra il peccato con la mia morte biologica ? Se esiste un Dio buono, perchè non interviene di fronte al dolore? Non siamo forse solo materia ? “
L’ateo non osa sperare, il credente contempla la resurrezione di Cristo, come estrema possibilità offerta al nostro destino.
“Avvenga di me secondo la tua parola”
Ecco le parole di Maria !
Per i nostri morti questo si è attuato definitivamente. Essi sono nella dolce casa per cui l'uomo nasce, alla quale l'uomo è chiamato. E chiedono a noi, dopo l'esperienza fatta quaggiù, di essere generosi, sensibili, impegnati, senza paura del sacrificio o della fatica di vivere questa vita. La vita cristiana è anticipo della dolce casa a cui siamo incamminati. E per questo ci incitano a pregare con profondità e attenzione, le parole di Maria, come raramente avviene per la distrazione che ci consuma.
Don Giussani

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