Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
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AVVISI - 27 NOVEMBRE 2022

DALLA PARTE DI DIO

Noi guardiamo l’Avvento un po’ troppo dalla parte dell’uomo. Forse bisognerebbe guardarlo di più dalla parte di Dio. Cerco di spiegarmi.

C’è una parola chiave che caratterizza quest’arco dell’anno liturgico, e attorno alla quale noi articoliamo abilmente i contenuti dell’annuncio cristiano: attesa! E’ come una bambola russa: ad aprirla, cioè, ne trovi un’altra: vigilanza. Se apri anche questa, ci trovi dentro speranza. E così via, fino a giungere alle più interessanti sottospecie della stessa famiglia. Messe tutte allo scoperto, queste bambole riempirebbero un tavolo di buoni sentimenti.
E’ un gioco bellissimo di implicazioni e di esplicazioni, che ci fa vedere quanto sia esteso il fronte su cui deve esprimersi la nostra conversione in questo periodo che ci prepara al Natale. Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera. Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza.

Dopo aver meditato i testi biblici, sarebbe interessante sedersi intorno ad un tavolo con la gente (cfr. Condivisione della Parola) , e chiedere, per ogni bambola russa, il nome delle altre successivamente racchiuse. Ne verrebbe fuori un campionario di atteggiamenti interiori davvero interessante che, proprio perché elaborato da un processo critico, potrebbe essere assunto con più facilità come telaio ascetico su cui disegnare il cammino dell’Avvento. Ma, con questa procedura, si rimane ancora un po’ troppo dalla parte dell’uomo. Si dà troppo l’impressione, cioè, che l’Avvento costituisca un espediente ciclico che, con le sue risorse, ci stimola a ricentrare la vita sul piano morale, e basta.

Senza dubbio, tutto questo non è sbagliato; però si corre il rischio di trasformare l’Avvento in una specie di palestra spirituale, in cui si pratica l’allenamento intensivo alle buone virtù. La qual cosa resta sempre un’esercitazione eccellente, ma dà un’immagine riduttiva di questo grande momento di grazia. Occorre allora guardare le cose anche dalla parte di Dio. Sì, perché anche in cielo comincia l’Avvento, il periodo dell’attesa. Qui sulla terra è l’uomo che attende il ritorno del Signore. Nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo.

E’ una visione prospettica splendida, che ci fa recuperare una dimensione meno preoccupata degli aspetti morali della vita cristiana e più interessata a cogliere il disegno divino di salvezza. Forse si potrebbe ripetere anche qui il gioco delle bambole russe. Visto che anche per Dio la parola chiave dell’Avvento è attesa: ma quali ulteriori parole potrebbero successivamente trovare l’una all’interno dell’altra? Si può provare a indicarne due: salvezza e pace. La parola salvezza evoca il progetto finale di Dio. I popoli che salgono al monte del Signore e che esultano finalmente dinanzi a Gerusalemme, esprimono il trasalimento di Dio, che vede raccolte, attorno a sé, tutte l genti nello stadio finale del Regno. Attese irresistibili di comunione. Solidarietà con l’uomo. Bisogno di comunicargli la propria vita.

Disponibilità a un perdono senza calcoli. Questi sono i sentimenti di Dio, così come ci viene dato di coglierli nella filigrana delle letture bibliche. Oggi è impossibile non rifarsi alla tenerezza del Padre, alle sue sollecitudini, alle sue ansie per il ritorno a casa di ogni figlio. Viene in mente l’espressione della parabola del figlio prodigo: “Mentre era ancora lontano, il padre lo vide” (Lc 15,20). Di qui l’avvio della speranza in ognuno i noi. Di qui anche l’avvio dell’impegno. Che cosa fare per non deludere le attese del Signore? Quali sono le “opere delle tenebre” di cui bisogna liberarsi, e quali le “opere della luce” di cui bisogna rivestirsi? Non si potrebbe oggi fare, magari con opportuni silenzi, una sorta di check-up, individuale e collettivo, in fatto di comunione?

Forse si torna ancora al prontuario dei buoni atteggiamenti morali, ma stavolta come galassia di impegni, affinché la gioia di Dio sia completa.

La parola pace evoca, invece, tutta una serie di percorsi obbligati per poter giungere alla salvezza.

Oggi non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione della concretezza, per dire senza frasi smorzate che pace, giustizia e salvaguardia del creato sono il compito primordiale di ogni Comunità cristiana. Che la nonviolenza attiva deve divenire criterio irrinunciabile che regola tutti i rapporti personali e comunitari.  La Parola del Signore non tollera interpretazioni di comodo. Se noi cristiani permetteremo l’ingrandirsi degli arsenali delle spade e delle lance a danno dei depositi dei vomeri e delle falci, non risponderemo alle attese di Dio. Così pure, se non sapremo leggere in termini fortemente critici le esercitazioni dei popoli nell’arte della guerra, sviliremo il profeta Isaia, estingueremo la nostra carica profetica, e difficilmente, nella notte di Natale, potremo accogliere l’esplosione dello shalom, annunciato dagli angeli agli uomini che Dio ama (lc 2,14).

don Mauro

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