MARIA, VERGINE DELL’ATTESA
Ringraziamo il Signore perché stiamo vivendo l’Avvento. Chiedendo perdono dei nostri peccati, ci disponiamo ad accoglierlo, ad ascoltare la sua Parola e ad assicurargli la nostra corrispondenza.
Avvento significa venuta. Dal momento che c’è una venuta, c’è anche un’attesa; c’è uno che arriva, ma c’è anche della gente che aspetta. Ci troviamo nel contesto e nell’imminenza della festa dell’Immacolata, e la Madonna non può essere estranea alla nostra riflessione. Se infatti andiamo alla ricerca di un nuovo esemplare che possa ispirare i nostri passi, e dare agilità alle cadenze del nostro cammino in questo periodo che ci separa dal Natale, dobbiamo assolutamente rifarci alla Madonna. Lei la Vergine dell’attesa, la Vergine dell’Avvento, la Madre dell’attesa. Lo sapete che nel Vangelo, prima ancora che ci venga detto il suo nome, viene riferito un fremito d’attesa che ardeva nella sua anima? San Luca, prima ancora di dirci che “il suo nome era Maria” (Lc 1,26), ci dice un’altra cosa: “In quel tempo l’angelo Gabriele venne mandato da una ragazza promessa sposa ad un uomo di nome Giuseppe, della casa di Davide”. (Lc 1, 26-27).
“Promessa sposa”, cioè fidanzata! Noi sappiamo che la parola fidanzata viene vissuta da ogni donna come un preludio di tenerezze misteriose, di attese. Fidanzata è colei che attende. Anche Maria ha atteso; era in attesa, in ascolto: ma di chi? Di lui, di Giuseppe! Era in ascolto del frusciare dei suoi sandali sulla polvere, la sera, quando lui, profumato di vernice e di resina dei legni che trattava con le mani, andava da lei e le parlava dei suoi sogni. Maria viene presentata come la donna che attende. Fidanzata, cioè. Solo dopo ci viene detto il suo nome. L’attesa è la prima pennellata con cui san Luca dipinge Maria, ma è anche l’ultima. È infatti sempre san Luca il pittore che, negli Atti degli Apostoli, dipinge l’ultimo tratto con cui Maria si congeda dalla Scrittura. Anche qui Maria è in attesa, al piano superiore, insieme con gli apostoli; in attesa dello Spirito (At 1,13-14); anche qui è in ascolto di lui, in attesa del suo frusciare: prima dei sandali di Giuseppe, adesso dell’ala dello Spirito Santo, profumato di santità e di sogni. Attendeva che sarebbe sceso sugli apostoli, sulla Chiesa nascente per indicarle il tracciato della sua missione. Vedete allora che Maria, nel Vangelo, si presenta come la Vergine dell’attesa e si congeda dalla Scrittura come la Madre dell’attesa: si presenta in attesa di Giuseppe, si congeda in attesa dello Spirito.
Vergine in attesa all’inizio. Madre in attesa alla fine. E nell’arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l’altra cos’ divina, cento altre attese struggenti. L’attesa di Lui per nove lunghissimi mesi. L’attesa di adempimenti legali festeggiati con frustoli di povertà e gaudi di parentele. L’attesa del giorno, l’unico che Lei avrebbe voluto di volta in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito di casa senza farvi ritorno mai più. L’attesa dell’ora: l’unica per la quale non avrebbe saputo frenare l’impazienza e di cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa degli uomini. L’attesa dell’ultimo rantolo dell’unigenito inchiodato sul legno. L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria, davanti alla roccia. Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito. E noi oggi di che parliamo se non di Avvento, di attesa? Noi promettiamo fede al Signore e con i nostri sospiri, con i nostri sentimenti, con le nostre attese, riceviamo le tenerezze misteriose che ci riserva: vigilanti, così come si vive il periodo del fidanzamento. Un giorno le nozze dell’Agnello le celebreremo tutti quanti. Saremo tutti invitati, tutti protagonisti. Verrà questo giorno! Attesa, attesa, ma di che? Che cosa aspettiamo? Aspettiamo prima di tutto un cambio per noi, per la nostra vita spirituale, interiore, e poi avvertiamo che stiamo camminando su speroni pericolosi, su rocce che possono farci ruzzolare da un momento all’altro. Forse abbiamo assunto un modo non proprio allineato alla logica delle Beatitudini. Attesa quindi di rinnovamento per noi, attesa di rinnovamento per la storia dell’umanità. Attesa di cambi interiori della nostra mentalità: non siamo ancora capaci di pronunciare una parola forte per dire che la guerra è iniqua, che ogni guerra è iniqua! Ancora ci stiamo trastullando con i concetti della guerra giusta o ingiusta, o della difesa... Abbiamo nelle mani il Vangelo della non violenza attiva, il codice del perdono, ma siamo ancora cristiani irresoluti, che camminano secondo le logiche della prudenza carnale e non della prudenza dello Spirito. Siamo gente che riesce a dormire con molta tranquillità, pur sapendo che nel mondo ci sono tante sofferenze. Sopportiamo facilmente che, all’interno della nostra Città, col freddo, la stazione, l’ospedale, siano assediate da terzomondiali o da persone che vivono allo sbando, che non hanno più progetti. “Il contatto con i vasi sacri, col grano fatto pane, con l’uva fatta vino, ci mette in rapporto con il cosmo, con questa realtà materiale, toccabile, perché il regno di Dio viene costruito non con i fumi delle nostre utopie ma con le pietre che vengono scavate nelle cave della storia, della terra”. (don Tonino Bello). Buona attesa, dunque. Il Signore ci dia la grazia di essere continuamente allerta, in attesa di qualcuno che arrivi, che irrompa nelle nostre case e ci dia da portare un lieto annuncio!don Mauro
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