Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
Parrocchia Santuario Madonna in Campagna, Viale Milano 38 . Piazzale don Luigi Cassani, GALLARATE, VA
Parrocchia Santi Nazaro e Celso – Arnate, Piazza L.Zaro 2 – Via San Nazaro 4, GALLARATE, VA

AVVISI - 26 GIUGNO 2022

Vivere dentro – Vivere insieme, Vedere oltre
Il prete l’uomo dai due amori… Di un unico Amore

Ci sono poche parole che fanno la storia della nostra vita e, fra queste, una certamente è “sì”.
Nel mese di Giugno il mio pensiero corre spesso a quel “sì” che ho pronunciato il 16 Giugno del 1979, quando sono stato ordinato prete. E corre al sì dei tanti amici prete che mi hanno preceduto e seguito in questo passo. Voglio cantare la mia infinita gratitudine a Dio e a loro, a tutte le persone che ci vogliono bene e che camminano con noi. E voglio dire ai giovani, ai ragazzi che essere prete oggi è un modo originale, esaltante, felice di essere uomo. Così hanno descritto mons. Tonino Bello, vescovo poeta e profeta, uno dei segni più luminosi della Chiesa italiana degli ultimi decenni, uno dei “fari” per la mia vita di prete: un uomo che visse dentro, un uomo che visse insieme, un uomo che vide oltre. E’ ciò che sogno anche per me!
“La mia vocazione? Non è mia! È una vocazione dal cuore aperto e dalle mani forate, impregnata di preghiera e di adorazione il cui unico recapito è il Tabernacolo”. (mons. Tonino Bello).
Il cuore di un prete deve saper vibrare come se ogni giorno fosse un nuovo mattino di Pasqua, come se ogni giorno il Signore gli mettesse al dito l’anello del figliol prodigo, l’anello della festa. Ogni giorno bisogna saper “indugiare alla presenza dell’Altissimo...” guardare a lungo la Croce, l’Eucarestia, vivere in ‘Amicitia Christi’.
Scriveva Mons. Albert Rouet: “Mi piacerebbe una Chiesa che osi mostrare la sua fragilità. Nel Vangelo non si nasconde che il Cristo ha avuto fame e che è stato stanco. Talvolta la Chiesa dà invece l’impressione di non aver bisogno di nulla e sembra che gli uomini non abbiano niente da darle. Vorrei una Chiesa che si metta ad altezza d’uomo senza nascondere che è fragile, che non sa tutto e che anche lei si pone delle domande”.
Un uomo tessitore di fraternità, di relazioni profonde: questo è il prete.
Uno che vive con, che cammina con, che sa lasciarsi scavare l’anima dalle lacrime e dalla gioia di chi incontra. Uno che cerca di non passare mai accanto ad alcuno con un volto indifferente, con un cuore chiuso. Uno che, come uomo del Vangelo e del Concilio Vaticano II, sa che ha bisogno di tutti e di ciascuno, sa che deve camminare con tutti e con ciascuno. Uno che non possiede facili risposte ma si lascia “inquietare” dalle domande.
Il mio sogno una Comunità pastorale che sia sempre più una comunità fraterna, corresponsabile, missionaria. Dove il Consiglio Pastorale sia “centrale evangelica”, segno forte ed incisivo di corresponsabilità, di comunione e di missione, cuore pensante e propulsore della Comunità, cuore vulnerabile alle ferite dei fratelli.
“Vedere oltre” è il dono e il compito che ci lascia la Pasqua di Gesù, lo Spirito di Gesù. E se si riesce a vedere oltre non ci si lascia scoraggiare e demoralizzare dalle difficoltà del presente.
Vedere oltre è saper vedere “con occhi di gufo”, anche nella notte, oltre la notte. “Se la notte è troppo oscura, segui chi ha gli occhi brillanti. Lui vede già l’aurora”.
Di uomini e donne così, di preti così, con gli occhi brillanti, ne ho incontrati tanti.
Spero proprio che anche sul mio volto ci sia dipinto questo sguardo... Vedere oltre è non ritenere nessuna situazione “a cielo chiuso”, perché si crede nel Risorto. Così deve essere ogni cristiano, ogni prete. Uomo della speranza, della profezia, dell’utopia.
“La speranza cristiana non è domanda di qualcosa: è risposta a Qualcuno. Essa è credibile solo se riesce a misurarsi con il mistero della morte e del male, oltrepassandolo.
Sperare è riconoscere che il cielo e la terra si toccano; e il cielo è credibile solo quando illumina, promuove e riscatta la terra, non quando la demonizza, la dimentica o l’abbandona a sé stessa. La terra può tendere verso il cielo, perché il cielo si è chinato sulla terra.
Tocca a noi far incontrare la grande speranza, che nasce dalla contemplazione dei cieli nuovi e della nuova terra, verso cui fissa lo sguardo la comunità dei seguaci del Risorto, e le piccole attese, figlie di una fragile voglia di futuro, che riemergono faticosamente oltre le disperazioni del presente” (Luigi Alici, già presidente AC.)
In questo mese di Giugno, ormai alla conclusione, chiedo al mio Signore e Maestro e chiedo a ciascuno di voi di aiutarmi a essere un uomo, un prete dai due amori: “Bisogna amare la terra sino in fondo, sino all’ultimo confine, cioè sino al cielo. E bisogna amare il cielo sino in fondo, cioè sino all’ultimo confine, cioè sino alla terra. E allora capiremo che non sono due amori, ma un unico amore”. (Nikolaj Berdiaev).

don Mauro

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