Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
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AVVISI - 24 SETTEMBRE 2023

LA MACINA E LA CETRA

“Veit Bach, un fornaio residente in Ungheria, fu costretto ad abbandonare il paese per salvaguardare la propria fede. Si stabilì a Wechmar dove riprese a esercitare il suo mestiere. Era affezionato a una piccola cetra che portava con sé al mulino per suonare, mentre la macina era in movimento. Concerto meraviglioso! In tal modo imparò ad andare a tempo. Così, più o meno, è cominciata la musica nella famiglia Bach”. In questo modo, quasi scherzoso, Johann Sebastian Bach inizia un suo scritto sulle origini della famiglia musicale Bach. La macina la conosciamo anche troppo. E non è difficile richiamarla alla memoria: la macina del lavoro quotidiano, la macina delle preoccupazioni, la macina dell’angoscia, la macina dei vicini, la macina degli altri, la macina dell’usura, la macina della notte, la macina della fatica e del pane, la macina che tritura, ma che deve triturare affinchè il tegumento del grano, la crusca e la farina possano essere separati, offerti, consumati! E la cetra? La cetra del canto, la cetra della musica e del sogno, della melodia, della nostalgia, dell’utopia ...la cetra del desiderio. Sono necessarie entrambe: la macina senza la cetra è qualcosa di troppo pesante. La cetra senza la macina è qualcosa di troppo leggero. La macina e la cetra.

Nella vita di un uomo forse sono possibili soltanto due cetre: il culto di sé o la preghiera. Nel suo mulino Bach girava la macina, il cui ritmo instancabile scandiva l’incarnazione del lavoro quotidiano e del pane di ogni giorno. Ma aveva con sé la sua cetra. Questa cetra gli era necessaria per ripetersi che la lotta di ogni giorno, che l’incarnazione non avrebbero alcun senso se non producessero una melodia: la melodia dell’anima che prega, che loda, che adora. Non ci è possibile fare a meno della macina: tutti sappiamo benissimo che è sempre presente. Nessuno vi sfugge. Ma disgraziato colui che credesse di poter fare a meno della cetra. Questo è l’inizio di ogni cosa: la macina e la cetra”. (Bernard Bro)

Amo questo racconto e sono felice di condividerlo con voi. Macina e cetra: preghiera e lavoro, amore e paura, gioia e dolore, forza e debolezza che si intrecciano, si intersecano. Qui Dio e l’uomo si incontrano, ora in un abbraccio, ora in una lotta corpo a corpo. Spero che ciascuno di noi possa scoprire sempre più intensamente la melodia della cetra, della preghiera.

Una melodia appartenuta prima di ogni altro a Gesù di Nazareth che nei Vangeli viene sempre descritto come “assediato” da tanta gente da ascoltare, da aiutare, da guarire e insieme assiduamente impegnato a cercare momenti di solitudine per incontrarsi con suo Padre che lui chiama confidenzialmente e teneramente “Abbà ...papà. Nelle pagine evangeliche lo scopriamo capace di mettere meravigliosamente insieme azione e contemplazione: proprio perché è sempre vicino al Padre può essere vicino a tutti, capace di farsi servo di tutti perché prima e sempre servo di Dio. La preghiera era il suo segreto. E il segreto di tanti che nella storia hanno fatto grandi cose. Può diventare il nostro segreto, la nostra forza, la nostra sorgente. Possiamo cominciare a pregare con il Vangelo fra le mani. Ecco uno splendido suggerimento tratto dal libro “Vivere lo Spirito” di Henri J.M. Nouwen (1932-1996), una delle figure spirituali che più hanno inciso sulla mia vita di prete. “La contemplazione quotidiana del Vangelo e la ripetizione attenta di una preghiera possono influenzare profondamente la nostra vita interiore. La nostra vita interiore è come uno spazio santo che deve essere tenuto con cura e decorato in modo appropriato. Dopo aver trascorso alcune settimane ripetendo lentamente le parole di Paolo l’amore è paziente e benigno; l’amore non è invidioso; l’amore non cerca il proprio vantaggio, queste parole cominciarono ad apparire sulle pareti della mia dimora interiore un po’ come un certificato di laura nello studio di un medico. Col passare degli anni molti nuovi quadri sono apparsi sulle pareti della mia dimora interiore. Alcuni rappresentano delle parole, altre dei gesti di benedizione, di perdono, di riconciliazione e di guarigione. Molti rappresentano dei volti: i volti di Gesù e di Maria, i volti di Teresa di Lisieux e di Charles di Foucauld ... È molto importante che la nostra dimora interiore abbia dei quadri alle pareti, quadri che consentono a coloro che entrano nella nostra vita di avere qualcosa da guardare, che dica loro dove sono e dove sono invitati ad entrare. Senza preghiera e senza contemplazione le pareti della nostra dimora interiore resteranno povere e pochi ne saranno ispirati”. La preghiera sa compiere miracoli inaspettati ... Quando un cristiano prega sul serio, si ritrova un cuore cambiato... Quando un cristiano prega sul serio, impara il “come”, questa piccolissima parola che risuona nelle pagine evangeliche: “siate misericordiosi come il Padre...Amatevi come io vi ho amato”. Quando un cristiano prega sul serio, impara a decentrarsi, impara a dire “tu”, a dire “noi”, impara la tenerezza, la misericordia, la gratuità, la carità, trova strade impensate. Quando un cristiano prega sul serio, vede meglio, comprende meglio, si trova con idee e giudizi che cambiano. Fa così papa Francesco, uomo abitato dal Vangelo ... e per questo è così tanto amato. E da qualcuno temuto...

don Mauro

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