Le Messe frequentate...
La nostra Comunità Pastorale vede una frequenza di fedeli alla Messa che è nella media delle altre parrocchie cittadine.
Alcune S. Messe sono più frequentate, altre meno. Certo non tutti i parrocchiani praticano ed è ovvio domandarsi la ragione. Oltre il fatto di qualche nostra pecca celebrativa (predica, canto, comportamento dei fedeli...) o di qualche pigrizia dei “cristiani del se” (“se ho tempo... se mi sento... se non ho altre cose più importanti... se c’è una festa grossa...”) ci sono anche delle radici culturali per la disaffezione alla Messa.
I nostri vecchi andavano alla S. Messa per trovare una ricarica di energia con la quale affrontare le difficoltà della vita.
L’uomo d’oggi invece è sicuro di trovare in sé le risorse per superare gli ostacoli esistenziali e non sente interiori ad affidarsi a Dio, ad aprirsi al mistero.
La Messa è un momento sintetico: ti mette a contatto con gli altri, perché trovi una comunità riunita, col soprannaturale, perché ti fa pregare, col tuo io profondo perché ti costringe a meditare. E’ troppo per l’uomo d’oggi, che si esprime in una serie frenetica di impegni segmentati ma manca del desiderio di una visione unitaria dell’esistenza e perciò cade in una serie di contraddizioni.
La cattiva maestra di ogni casa (la TV) sfornando ogni giorno una miriade di immagini fresche, cancella automaticamente quelle di ieri e di ieri l’altro. Così nasce l’idea che l’Eucaristia, detta da Sant’Agostino “Sacramento della memoria” sia una memoria possa, stantia, non incidente sulla concretezza e sull’attualità della vita. E’ un tranello, perché la memoria viva di eventi importanti costituisce il presente. Ma tant’è...
In questa cancellazione della memoria cadono ancor più clamorosamente – purtroppo! – le celebrazioni civili; la gente gode la libertà ma non ricorda chi l’ha pagata con la vita.
E nelle famiglie i nipoti godono il benessere ma non sanno ricordare che i nonni hanno sputato sangue per accumularlo euro su euro!
La celebrazione eucaristica domenicale deve tener conto di un uomo tutto proteso all’uso del tempo in funzione del fare o dell’avere o del produrre.
Paradossalmente: una domenica senza duecento chilometri in macchina o senza una gara sportiva che domenica è?
E’ difficile cogliere il senso del tempo come dimensione dell’essere.
La domenica è festa, è riposo, è tempo di lode, ringraziamento, gioia per quello che si è. Ma questo non ha più molto senso per chi si è svuotato o brutalizzato in un fare febbrile e in un correre all’infinito.
Credo davvero che per avere più fedeli alla S. Messa servirà qualche cambiamento liturgico e nelle omelie; esso però resterà sterile se non ci sarà un cambiamento culturale più profondo.
don Mauro