IL ROVETO ARDENTE
Una chiesa, un tabernacolo, un roveto, un pezzo di pane... rimando al mistero di Dio, al mistero dell’amore. Va vissuta così l’Eucarestia, la Messa domenicale: l’avvicinarsi con timore, tremore, stupore a qualcosa di grande, mai del tutto conosciuta, capita. Che sconvolge l’intelligenza e commuove il cuore. E l’incontro, è il memoriale della Pasqua di Gesù, dell’ultima sua cena, della sua croce, della sua risurrezione. Del suo farsi dono. Credere è “ricordare”, riportare al cuore, fare memoria. Di chi è il Dio di Gesù Cristo. Di chi siamo noi. Senza l’Eucarestia, senza la Messa rischieremmo di non sapere più chi siamo, né perché ci diciamo cristiani. Ci si accosta all’Eucarestia, alla Messa, come ci si accosta all’amore... in punta di piedi, irresistibilmente attratti dall’invito e dalle promesse del nostro Dio. Andare a Messa è anzitutto “respirare Dio a pieni polmoni”.
E’ dire “Eccomi”. Andare alla Messa è anzitutto andare da Lui...
Quale gioia se accadesse anche nella nostra Comunità Pastorale, una Chiesa chiamata ad essere “roveto ardente”, chiamata ad attrarre quanti sono in ricerca, grazie alla fede, all’intensità, alla bellezza delle celebrazioni che sanno rimandare a un oltre, che sanno aprire al mistero, all’incontro reale con il Tu di Dio, con la Pasqua di Gesù! Che meraviglia se sempre più cristiani ridiventassero “gelosi” della domenica, come il giorno della vera festa, della gioia... del resto il primo dono fatto da Dio all’uomo dopo la creazione è stato proprio la festa... come il giorno della celebrazione, dell’assemblea, della comunità, come il giorno in cui abbeverarsi alla fonte della nostra speranza, a ciò che fonda la nostra speranza: il Cristo risorto.
“Gelosi” della domenica come giorno del Signore, come giorno dell’uomo. Consapevoli che a essere in gioco è la stessa fede, è la Chiesa. Sono sempre più convinto di ciò che, in maniera pungente, dice il teologo Vergote: “Più si abbandona la domenica cristiana più ci si allontana dalla vera fede e più si corre il rischio di arrivare a perdere la fede stessa”.
Gli ebrei, nostri fratelli maggiori nella fede, ci sono ancora maestri: “Come sono riusciti gli ebrei a preservare il sabato, lungo i secoli?” chiesero a un rabbino. “Non sono gli ebrei che hanno preservato il sabato. Il sabato ha preservato gli ebrei”.
Nel film “Francesco” di Liliana Cavani c’è una scena che non dimentico.
Due degli amici di gioventù di Francesco si mettono a “spiarlo”, a seguirlo, in cerca del suo segreto, del segreto della sua gioia, del suo amore.
Francesco fa loro un dono: un piccolo pezzo di pane... scena che ha tutto un sapore “eucaristico”... Uno dei due porta a casa quel pane. Lo guarda a lungo, lo contempla. Ripensa alla vita e alla gioia di Francesco e finisce per pronunciare queste parole: “Per quel pezzo di pane sarei stato pronto a dare via tutto”... e lascerà tutto, seguirà Francesco e troverà gioia
Troverà il “centuplo quaggiù”. E’ questo il meraviglioso dono dell’Eucaristia: una nuova forza, una nuova libertà, una nuova speranza. Inaspettate.
“Nel giorno di Ognissanti del 1943, con tanti altri compagni, mi trovavo in un grande lager, in una landa lontana e tristissima. Sotto un cielo plumbeo e nevoso, il cappellano padre Marcolini, ci raccolse a Messa e al Vangelo ci lesse le Beatitudini.
Lentamente, senza commento, nel più assoluto silenzio e sotto lo sguardo delle guardie che dall’alto delle torrette ci tenevano puntate le mitragliatrici. Noi eravamo come la grande folla ai piedi del monte delle Beatitudini: ogni parola entrò nel nostro cuore e ci sentimmo immensamente più liberi delle nostre guardie”. (Mario Rigoni Stern)
E’ Questo il meraviglioso dono dell’Eucarestia: una nuova intimità con Dio che sa trasformare, trasfigurare la nostra vita. Lo diceva già S. Efrem: “Chi mangia Me mangia il fuoco”.
“Molti cristiani vivono senza Eucarestia; altri fanno l’Eucarestia , ma non fanno la Chiesa; altri ancora celebrano l’Eucarestia nella Chiesa, ma non vivono la coerenza dell’Eucarestia”.
(Conferenza Episcopale Italiana)
L’Eucarestia rimane ancora una sorta di sacramento incompiuto. Rimane incompiuto quando manca la sequela eucaristica. L’Eucarestia è uno scandalo da vivere fino in fondo.
La comunità eucaristica, come Gesù, deve essere sovversiva e critica verso tutte le miopi realizzazioni di questo mondo.
“Noi tra le opere di misericordia corporale abbiamo sempre insegnato che bisogna consolare gli afflitti, ma non abbiamo mai invertito l’espressione dicendo che bisogna affliggere i consolati. Tu devi essere una spina nel fianco della gente che vive nelle beatitudini delle sue certezze. Affliggere i consolati significa essere voce critica, additatrice del non ancora raggiunto. La Chiesa deve farsi presente a ogni dolore umano, a ogni fame di giustizia e di liberazione”. (mons. Tonino Bello, Affliggere i consolati).
L’Eucarestia ci regala un pane da spezzare per tutti, con tutti, che ci deve fare “carezza” per chi soffre e insieme aurora di giustizia.
don Mauro
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