Comunità Maria Regina Della Famiglia - Gallarate
Parrocchia Santuario Madonna in Campagna, Viale Milano 38 . Piazzale don Luigi Cassani, GALLARATE, VA
Parrocchia Santi Nazaro e Celso – Arnate, Piazza L.Zaro 2 – Via San Nazaro 4, GALLARATE, VA

AVVISI - 12 GIUGNO 2022

IL PRETE: UN UOMO FELICE

Giugno è un po’ il “mese dei preti”, è il mese in cui solitamente vengono ordinati i nuovi sacerdoti, è il mese dei loro “compleanni”.
Ecco allora qualche riflessione a cuore aperto.
All’origine di ogni vocazione sta, imponente e splendida, una Presenza: quella di Gesù di Nazareth. Non si può resistere al Suo amore implacabile, dolcemente violento. Per questo l’unica parola possibile è: “Eccomi”!”
Così mi ha insegnato un mio grande maestro, il Card. Renato Corti, che ho avuto come padre spirituale nel biennio al Seminario di Saronno:
“il diventare prete non ha a che fare con la generosità ma con la sequela. Chi diventa prete non si decide innanzitutto per i fratelli, ma per il Dio di Gesù Cristo. La motivazione fraterna non è la più profonda per diventare prete, ma la fede in Gesù Cristo è il fattore decisivo. Sarà Gesù Cristo poi a mandarti ai fratelli”. Sì, innanzitutto è per Lui, solo per Lui che ti fai prete!
“Gesù si trovava a Betania nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo” (Mc 14,3) Un gesto di pura gratuità, di tenera attenzione: è il meglio di quello che hai, per Lui, solo per Lui... È per questo, innanzitutto per questo, che si diventa preti: per Lui, solo per Lui... Con l’intrattenibile desiderio di raccontare a ciascuno, con timore e tremore “Ciò che abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita” (1Gv 1,11).

Il prete: un uomo felice. Credo che la fonte della gioia sia proprio la coscienza di appartenere a Qualcuno, la coscienza di essere amati.
E io mi sento amato dal “mio” Dio e da voi, mi sento custodito “come pupilla degli occhi” dal mio Signore. Felice perché ho incontrato il “centuplo quaggiù”. Sento come un immenso dono la mia vita, la mia vocazione, la mia missione, l’enorme possibilità che ho di incontro, di rapporti personali profondi, di ascolto, di parola, di annuncio e per questo la gratitudine è grande. E prego perché ogni prete si senta così, si lasci amare e abitare da Dio, si fidi ogni giorno smisuratamente di Lui perché, come diceva S, Caterina da Siena: “Mettere la propria mano in quella della Provvidenza è come fidanzarsi alla gioia”.
Prego perché ogni prete sia sempre “prete esclamativo”, come diceva il Santo Curato d’Ars, capace sempre dello stupore e dell’entusiasmo dei primi giorni, capace di vibrare di fronte alla Pasqua di Gesù di Nazareth e al mistero che è ogni persona. Ma da dove il prete può attingere la capacità di una vivacità inesauribile, di una presenza non scontata, di letizia?
Nell’“indugiare alla presenza dell’Altissimo, guardare a lungo la Croce, l’Eucarestia, appoggiare - come Giovanni, il discepolo che Gesù amava – la nostra testa sul petto di Gesù, appassionatamente o a volte disperatamente.
Se dici di sì a Dio, sei sempre tu ma non sei più tuo, sei di un Altro e degli altri: un’esperienza insieme esaltante e lacerante. Così ha scritto Jacques Loew: “Ci si è stabiliti in una vita senza difesa contro il prossimo”.
È proprio questa l’esperienza forte che mi è cresciuta dentro in questi quarantatré anni di sacerdozio. Per poter essere così ho cercato di vivere questa saggia frase: “Trova la tua pace interiore e molti si salveranno al tuo fianco”.

Una pace interiore, quasi sempre salvata, ce mi viene dalla certezza di essere amato e perdonato.
Mi sento al vostro fianco, in cammino con voi, mi sento l’uomo dell’“accompagnamento spirituale” sulla via della libertà, della verità del Vangelo, un po’ suggeritore, un po’ consolatore, padre e fratello, amico. Mi trovo ad essere “samaritano” , mai giudice, cerco di chinarmi con tenerezza verso chi ha la morte nel cuore, chi ha perso la fede, la fiducia in Dio, in se stesso o negli uomini, per rinnovare in loro la speranza, per dire loro l’infinita tenerezza e misericordia di Dio.
È una esperienza entusiasmate ma a volte anche scarnificante perché spesso mi sento tanto piccolo, impotente, inadeguato... e allora mi affido disperatamente ma con tanta speranza alla preghiera, allo Spirito Santo: a lui, oltre che un cuore magnanimo e amante, chiedo luce per saper vedere dentro e oltre, chiedo il coraggio di proporre la strada, difficile ma affascinante e liberante, del Vangelo di Gesù.

Prego allora perché ogni prete sia l’uomo del grazie, sempre stupito delle meraviglie di Dio; uno che crede e aiuta altri a credere; uno per cui il celibato non sia assenza ma presenza: quella di Dio e degli altri. Prego perché ogni prete sia l’uomo delle relazioni profonde, l’uomo della gratuità, del dono, del servizio, sia sempre umanissimo, sovrabbondante in umanità e misericordia, segno della gioia e dell’eccedenza del Vangelo.

Ma... ogni prete porta il suo tesoro in quel vaso di argilla che è lui, così debole, così fragile...
Per questo chiedo scusa se spesso io, noi preti non siamo all’altezza: vogliateci bene e pregate per noi.

don Mauro

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