Gratitudine e solidarietà

Di Marina Corradi

È qualcosa che sembra non appartenere ai nostri tempi. Ma ad altri, remoti. A Gallarate, 53 mila abitanti, nel Varesotto, le dieci parrocchie della città hanno deciso che faranno un voto, pubblico, per ringraziare della guarigione dal Covid-19; e perché il ringraziamento sia concreto verrà aperta una casa per senzatetto, con il contributo dei fedeli.

Dieci letti, per chi non ne ha nessuno (ne riferiamo nelle pagine di cronaca lombarda). Sì, sembra una cosa d’altri tempi (anche se poi non così strana in un’Italia dove tanti sanno ancora coniugare gratitudine e solidarietà).

Càpita a volte, nelle campagne italiane e non solo, di imbattersi in una piccola antica chiesa, su cui una lapide in latino ricorda: 'per grazia ricevuta' dopo una pestilenza, o una carestia infine superata.

Su quelle lapidi i caratteri sono smussati dal tempo, dal gelo di centinaia di inverni, da evi di pioggia. E anche la data della posa, in cifre latine, ci appare così lontana: 'Anno Domini..' Remoto poi ci appare in verità spesso anche il moto di fede e gratitudine con cui un popolo decideva di erigere, dopo un’epidemia, un luogo dedicato alla Madonna, o a un santo. Perché noi uomini del Terzo millennio sappiamo che le malattie le cura la scienza, e riteniamo ingenuità di secoli bui quella che, del cessato pericolo, ringraziava Dio.

E invece in questo Anno Domini 2020, da una città lombarda prospera e avanzata, a pochi chilometri da Milano, l’annuncio: faremo un voto.

«La pandemia – dice il parroco autore dell’iniziativa – ha messo duramente alla prova la nostra fede e allora vogliamo rivolgerci a Dio chiedendo la grazia della guarigione, mettendo davanti a Lui le cose che abbiamo perso, ma anche quelle che abbiamo salvato, i valori che ci hanno tenuto a galla, impegnandoci in un gesto di carità concreta e duratura».

Un simile voto, i Gallaratesi lo fecero già nel 1630, dopo il passaggio mortifero della peste. Lo faranno di nuovo il 12 settembre prossimo, davanti alla Vergine nel Santuario di Madonna in Campagna.

Fossimo passati da quelle parti solo un anno fa, davanti alla lapide avremmo pensato a Manzoni e a Renzo e Lucia, e quella memoria ci sarebbe apparsa dolorosa ma troppo distante da noi, dalle nostre certezze, per poterla fino in fondo comprendere. Ma, oggi?

Oggi che ricordiamo i giorni della paura, quando il contagio cresceva vertiginosamente, e i letti e i respiratori negli ospedali mancavano, e un virus sconosciuto annientava ogni certezza su 'diritto alla salute' e aspettativa di vita garantita?

Oggi, quando sappiamo che in certi drammatici momenti i medici in alcune corsie hanno dovuto scegliere di curare chi aveva più possibilità di salvarsi – ed è cosa, questa, di cui la nostra generazione non ha memoria, se non dai film sulle trincee delle guerre mondiali?

Oggi che abbiamo visto la morte passare così vicina, quel voto secentesco non ci pare più così altro da noi e ingenuo.

Il gesto delle parrocchie di Gallarate sembra allora il segno di una presa di coscienza, all’interno dell’ampio bacino della Grande Milano.

Coscienza che non siamo padroni della nostra vita, che siamo nelle mani di un Altro, che siamo figli: di un Dio, che questo nostro tempo rinnega.

E già è molto. Che, poi, la gratitudine e la domanda di una comunità cristiana si esprimano in solidarietà, in una casa per gli ultimi, è ancora più bello. Perché è un fare che si colloca nella tradizione del sorgere della carità, quella che costruì i primi ospedali e asili per poveri nel Medioevo. Perché, come ci ripete il Vangelo, l’«ultimo» è figura di Cristo, e quindi dare un tetto agli ultimi è dare un tetto a Dio fra noi.

Ciò che voleva fare Etty Hillesum, giovane ebrea morta ad Auschwitz, nel campo di raccolta olandese di Westerbork: cercare un tetto a Dio, scriveva nelle sue Lettere. Un tetto magari grande solo come il cuore di un uomo. Dio cerca una casa fra noi.

E allora la casa per i clochard di Gallarate è almeno il segno di qualcosa di buono che questo buio inverno ci ha lasciato. Di qualcosa in cui, forse minimamente, questo inverno ci ha cambiato.

Fonte: Avvenire, 24 luglio 2020

Da un “voto” post-Covid una casa per senza dimora

Di Maria Teresa Antognazza

In un momento di prova, dove bruciano le 'ferite' e i vuoti lasciati dall’epidemia da Coronavirus, e si vanno profilando i gravi danni economici, i fedeli di Gallarate hanno deciso di dare un segnale forte.

«Faremo un voto», annuncia il prevosto, monsignor Riccardo Festa: «Sarà un atto non puramente formale o devozionistico, con la semplice promessa di 'essere più buoni', ma un gesto concreto e visibile, da cui non possiamo tornare indietro. Costruiremo una casa per chi non ha un tetto, e dove trovare un’occasione di riscatto e nuova vita. La pandemia ha messo alla prova la nostra fede; vogliamo rivolgerci a Dio chiedendo la grazia della guarigione, mettendo davanti a lui le cose che abbiamo perso ma anche quelle che abbiamo salvato, i valori che ci hanno tenuto a galla, impegnandoci in un gesto di carità concreta e duratura, che sia un memoriale».

Nascerà così 'Casa di Eurosia', intitolata alla giovanissima sposa martire per la fede, co-patrona di Gallarate (vedi anche editoriale in prima pagina): dieci posti per i senza dimora, da realizzare ristrutturando un immobile oggi sottoutilizzato, di proprietà delle parrocchie.

«La casa è uno dei valori fondamentali riscoperti in questo tempo – riprende monsignor Festa. – Ma non tutti ne hanno una, non tutti la sanno gestire come si deve, qualcuno di casa è uscito e non è più tornato. E allora partiamo da questo segno forte, al servizio di tutta la città di Gallarate».

Piano finanziario e modalità di gestione verranno presentati alla città il 12 settembre in occasione del 'voto' ma perché sia davvero concreto tutti i fedeli dovranno mettere mano al portafogli: «Ci impegniamo per tre anni a farla funzionare con circa 40.000 euro, raccolti attraverso donazioni da 1.000 euro di gruppi di persone che si autotassano mensilmente, per esempio destinando gli 80 euro del credito di imposta che abbiamo in busta paga».

La Casa per i senzatetto sarà al momento solo un ricovero notturno, che si collega alle altre opere di carità, le docce e la Mensa del Buon Samaritano, con la presenza di alcune figure educative, per offrire accoglienza e accompagnamento agli ospiti verso una nuova dignità di vita. Il 'voto' per i gallaratesi non è una novità. Lo hanno già fatto in passato, in occasione della peste del 1630, e lo ripeteranno il 12 settembre, solennemente, davanti alla Vergine nel Santuario di Madonna in Campagna. La decisione è arrivata lunedì scorso, quando si sono radunati nella basilica di Santa Maria Assunta i consigli pastorali e degli affari economici delle 10 parrocchie cittadine e hanno approvato il progetto messo a punto da monsignor Festa con gli altri tre parroci della città: don Mauro Taverna, don Luigi Pisoni e don Giovanni Ciocchetta.

Ne è stato informato anche l’arcivescovo Mario Delpini.

Mentre il prevosto ha parlato dell’iniziativa con l’assessore ai Servizi sociali, Stefania Cribioli. «Con questo atto religioso – aggiunge Festa – vogliamo convertirci e cambiare il nostro modo di vivere e relazionarci con gli altri, di pianificare gli investimenti, anche come parrocchie: sono accaduti fatti in questi mesi che non vogliamo cancellare».

Fonte: Avvenire, 24 luglio 2020