Domenica 1 dicembre 2019

VIENE e poi VERRA'

Gesù Cristo è venuto, viene e poi verrà. Verrà è il senso più profondo della liturgia che stiamo celebrando. Verrà un giorno: Nell'attesa della tua venuta”. E un giorno verrà nella gloria, non nella povertà come è venuto a Nazareth: “Nella gloria a giudicare i vivi e i morti”. Il Signore verrà a portare a compimento, si compiacerà di dare l’ultimo tocco alle opere di giustizia che avremo intrapreso sulla terra. Noi, in cielo, - ricordiamocelo – un giorno godremo di quelle cose che qui sulla terra ci siamo sforzati di far progredire nei segni. Provo a spiegarmi attraverso due esempi.

Vorremo godere la pace? Se avremo lottato per la pace qui, se ci saremo sforzati di farla fiorire nei segni, la godremo lì. Vorremo la fraternità. La serenità? Se l’avremo coltivata qui, nel nostro giardino, anche se il fiore non è spuntato… la pace, la serenità la godremo nel cielo.

L’Avvento è questo: Dio è venuto, viene e verrà. Noi, allora, viviamo nell’attesa del suo ritorno. Capite tutti quale impegno ci viene presentato per la vita di ogni momento: dopo aver celebrato l’Eucaristia, non potremo più andarcene a casa e rimanere inerti, insensibili alla voce di chi soffre, alla voce di chi piange e di chi è afflitto; insensibili a tante sofferenze e dolori. Non possiamo più disinteressarci degli altri; non possiamo più camminare da soli, dobbiamo camminare insieme. I sacerdoti sono pochi… Però i laici sono tanti! Siamo tanti: quanti giovani, quante persone, quanta gente! Tutti battezzati. E’ tutto il popolo di Dio che deve camminare! Ci vuole una comunione nuova, ci vuole uno sforzo per entrare in una comunità d’intenti più forte, una convergenza più univoca. Ci vuole impegno per collegare le fila, perché tante volte noi corriamo, ma non avanziamo. Si può correre, ma non sempre si progredisce: a volte, in una comunità cristiana si possono anche verificare delle spinte isolate in avanti, ma che non danno nessun frutto alla comunità. Ecco allora: su questi punti dobbiamoconfrontarci, sostenerci, aiutarci reciprocamente, e non soltanto in Chiesa ma anche laddove si veicola la vita ecclesiale, cioè nei gruppi, nelle associazioni, negli incontri fraterni, affinché si crei questa coscienza comunitaria nuova che ci spingerà avanti, verso il Regno di Dio che noi Chiesa siamo chiamati ad annunciare con gioia. Questo è il mio augurio, cari fratelli, che tutti noi possiamo essere permeati dalla parola del Signore e andare incontro al destino che Lui ci ha disegnato. Oggi non si attende più. La vera tristezza non è quando ti ritiri a casa la sera e non sei atteso da nessuno, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita. E la solitudine più nera la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più: neppure per un eventuale ospite di passaggio. Oggi abbiamo preso, invece, una direzione tantino barbara: il nostro vissuto ci sta conducendo a non aspettare più, a non avere neppure il fremito di quelle attese che ci riempivano la vita un tempo. Intuiamo tutti che abbiamo una vita prefabbricata, per cui ci lasciamo vivere, invece di vivere. Oggi l’Avvento c’impegna invece a prendere la storia in mano, a mettere le mani sul timone della storia attraverso la preghiera, l’impegno e l’indignazione. Attesa, attesa, ma di che? Che cosa aspettiamo?

Aspettiamo prima di tutto un cambio per noi, per la nostra vita spirituale, interiore.

Buona attesa, dunque. Il Signore ci dia la grazia di essere continuamente all’erta, in attesa di qualcuno che arrivi, che irrompa nelle nostre case e ci dia da portare un lieto annuncio!

don Mauro

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Colletta alimentare 2019

Fare la spesa per i poveri, ecco come partecipare

Di Ilaria Solaini per Avvenire

L'ultimo sabato di novembre torna il tradizionale appuntamento con la solidarietà. Aderiscono moltissimi supermercati in tutta Italia

Quando e come si può partecipare alla giornata nazionale della colletta alimentare?

Sabato 26 novembre 2016 è possibile fare la spesa per chi è povero. Durante questa giornata, in una fitta rete di supermercati su tutto il territorio nazionale, ciascuno può donare parte della propria spesa per rispondere al bisogno di quanti vivono nella povertà.

Che cos'è la giornata nazionale della colletta alimentare?

Ogni ultimo sabato di novembre da 20 anni viene organizzata la giornata nazionale della colletta alimentare. È un evento promosso dalla fondazione Banco alimentare onlus in collaborazione con altre organizzazioni tra cui l'Associazione nazionale alpini e la società San Vincenzo de' Paoli.

Quali sono i supermercati che aderiscono alla giornata nazionale della colletta alimentare?

È possibile online sul sito della Colletta alimentare vedere la lista di circa 13mila supermercati e punti vendita nei quali fare la spesa e donarla a chi ne ha bisogno nella giornata nazionale della colletta alimentare. Nella scorsa edizione sono stati 5,5 milioni i donatori solo nella giornata nazionale della colletta alimentare.

È possibile fare la spesa online e contribuire così alla giornata nazionale della Colletta alimentare?

Per chi sabato lavora o non ha tempo di fare la spesa in uno dei supermercati che aderiscono alla Colletta alimentare, sul sito online è possibile acquistare fare la spesa online collegandosi al sito: https://www.collettaalimentare.it/fai-la-colletta-online e indicando come punto di consegna Fondazione Banco alimentare.

Il cibo viene donato all'estero o a in Paesi del terzo mondo? A chi vanno gli alimenti raccolti?

Gli alimenti raccolti sono destinati ad enti che assistono i bisognosi in italia. Poiché anche nel nostro Paese esiste il problema della povertà alimentare di cui soffrono 4,6 milioni di persone.

Che cos'è il Banco alimentare?

Il Banco alimentare dal 1989 recupera in Italia alimenti ancora integri e non scaduti che sarebbero però destinati alla distruzione, perché non più commercializzabili. Salvati dallo spreco questi alimenti, riacquistano valore e diventano ricchezza per chi ha troppo poco.

La rete Banco alimentare opera ogni giorno in tutt’Italia attraverso 21 organizzazioni del Banco alimentare dislocate su tutto il territorio nazionale, coordinate dalla Fondazione Banco alimentare onlus. Nel 2015 sono state recuperate 78.448 tonnellate di eccedenze alimentari e raccolte 9.711 tonnellate di prodotti alimentari donati, di cui 8.990 tonnellate durante la giornata nazionale della colletta alimentare.

Sono stati recuperati anche 1.125.803 piatti pronti di cibo cotto dalla ristorazione organizzata, mense aziendali e mense scolastiche, oltre a 343 tonnellate di pane e frutta.

Ogni giorno tali alimenti vengono ridistribuiti gratuitamente a circa 8.103 strutture caritative che aiutano circa 1.558.250 poveri in Italia. L'attività di Banco alimentare è possibile grazie al lavoro quotidiano di 1.843 volontari.

Quali tipologie di enti caritativi sostiene il Banco alimentare?

Ogni associazione Banco alimentare locale gestisce autonomamente i rapporti con gli enti della propria regione. Tra gli enti convenzionati ci sono quelli che si occupano di assistenza domiciliare a famiglie povere o ad anziani, le comunità di accoglienza per ragazze madri, bambini, comunità di recupero per tossicodipendenti, comunità alloggio per malati o disabili, le mense per i poveri, i centri di accoglienza per stranieri che hanno la richiesta di protezione umanitaria.

Durante la giornata della Colletta alimentare è possibile effettuare donazioni in denaro?

No, nel giorno della GNCA si raccolgono alimenti ma è possibile sostenere le attività della Fondazione Banco Alimentare Onlus facendo donazioni tramite:

c/c bancario Banca Intesa Sanpaolo IBAN IT31G0306909606100000003513

c/c bancario UniCredit IBAN IT70W0200801619000100943590

c/c bancario UBI Banca IBAN IT85U0311101665000000005382

Conto Corrente Postale n. 28748200 intestato a Fondazione Banco Alimentare Onlus - via legnone 4 20158

Carta di Credito: clicca su https://www.bancoalimentare.it/donaora

Come si fa a ricevere aiuto da Banco alimentare?

Consultando il sito internet di Banco alimentare è possibile sapere dove sono le sedi locali.

È sufficiente telefonare o inviare una mail alla sede dell'associazione Banco alimentare più vicina e richiedere di essere messi in contatto con gli enti caritativi convenzionati più adeguati al bisogno specifico.

Domenica 24 novembre 2019

"MA PERCHÉ STATE COSI' AVVILITI?"

Abbiamo iniziato l’Avvento e la Liturgia, sotto le apparenze del linguaggio catastrofico, ci parla di speranza; ci rende una notizia straordinaria, per la quale forse non riusciamo a scaldarci più perché siamo diventati vecchi, o perché queste parole ce le sentiamo ripetere da secoli e non troviamo più trasalimento.

Che cosa ci dice l’Avvento? Avvento significa “venuta”. La celebrazione di oggi, come quelle di tutto l’avvento, vogliono ricordarci che Gesù è venuto. Voi replicherete: “Ma questo lo sapevamo già; è una notizia antica, non ci dice più niente!”.

Ma come… “non ci dice più niente!”. Gesù è venuto duemila anni fa. Si è fatto uomo come noi: è sceso, ha penetrato gli strati dell’universo ed è arrivato nel cuore della terra.

E’ diventato come noi: sorriso umano, sofferenza umana, linguaggio umano, volto umano… Gesù Cristo ha messo la tenda in mezzo a noi. E’ diventato, dunque, nostro compagno di tenda. Dorme con noi, Gesù Cristo! Ed è nostro compagno di viaggio: cammina con noi, non ci lascia soli! Ed è diventato nostro compagno di tavola, commensale nostro. Questo, dovrebbe veramente riempirci il cuore di felicità, perché sperimentiamo tutti, a partire da me, la solitudine, la sofferenza, l’abbandono, l’incapacità di comunicare con gli altri…

Chi di noi può dire che il sorriso che gli spunta sulle labbra coincide con il sorriso dell’anima?

Quanti orpelli mettiamo ai nostri sentimenti interiori… per cui a volte abbiamo l’anima lacerata e traduciamo tutto con un sorriso fugace che si spegne subito!

Questa è una notizia che ci conforta l’anima: che Dio si è fatto proprio uno di noi, che ha assunto le stesse tenerezze umane, le stesse debolezze, le stesse frantumazioni spirituali, perché Gesù Cristo si è assoggettato tutte le esperienze dell’uomo.

Per questo è di un’incredibile consolazione, quando anch’io mi sento avvilito, mi vedo stanco, sfiduciato, pensare che Gesù Cristo non se ne è andato via da me, non ha abbandonato la mia tenda. E se io vado un poco a scostare i lembi di ingresso, mi accorgo che Lui ci dorme dentro. Come si fa a dire, o anche solo pensare, che “è roba da bambini” ciò che viviamo sulla nostra pelle. Lo sperimento nella mia vita che se mancasse Lui, non saprei trovare più ragione valida per esistere. Ecco, Avvento significa questo; una notizia di gioia: “Gesù Cristo è venuto!” E’ venuto duemila anni fa, è entrato nella storia, si è canalizzato nei meandri della vicenda umana, e adesso cammina con noi: trascina la storia con sé. Ma l’Avvento significa anche un’altra cosa: Gesù Cristo viene anche oggi!

Noi Gesù lo vediamo arrivare attraverso gli avvenimenti, le vicende dolorose e malinconiche, le vicende lieti. Lo vediamo arrivare sul volto dei nostri fratelli, nelle nostre vicende personali, nei mille fatti che attraversano la nostra vita.

Qui sta il problema: aprire gli occhi per percepire la venuta del Signore, che ci porta segni di speranza.

Il Signore viene a dirci: “Ma perché state così avviliti? Perché avete incrociato le braccia? Perché siete così delusi da pensare che ogni sforzo della giustizia non conta più di tanto?”

Questa è la sensibilità di tanta gente d’oggi che si è avvilita, non lotta più, non è capace di alzarsi e camminare: si è spenta. Invece, Gesù Cristo ci dice oggi, nella liturgia, che Lui viene ogni momento, ci parla attraverso la storia; non viene soltanto nell’Eucaristia, quando noi celebriamo la Messa; non viene soltanto nella Parola, quando noi l’ascoltiamo, ma viene anche attraverso le vicende comunitarie e personali che a volte ci esaltano e a volte ci deprimono. E noi dobbiamo aprire le orecchie e metterci all’ascolto del Signore.

L’augurio che vorrei darvi è questo: che noi potessimo acuire la nostra sensibilità per percepire un passo conosciuto, il passo di Colui che arriva, perché il Signore bussa e noi gli apriamo.

don Mauro

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Domenica 17 novembre 2019

"...SI FACCIA FESTA!"

Siamo dunque pronti per la festa? Il cuore è rinnovato dall'amore verso Gesù e i fratelli? Non me ne vorranno i fedeli di Arnate, se oggi mi rivolgo in particolare a quelli di Madonna in Campagna che vivono oggi il loro 71° Palio della Rama di Pomm; ma i contenuti che andrò a proporre sono universali, quindi nessuno si senta escluso.

La Festa che celebriamo non ci deve far dimenticare “Chi vogliamo festeggiare”: Maria la nostra Madre celeste.

Una stupenda preghiera ci fa proclamare queste parole: “in Maria ci hai offerto o Signore uno specchio esemplare del culto a te gradito”.

Sì, Maria è:

Con oggi inizia l’Avvento e il nostro Arcivescovo Mario nella lettera per il tempo di Avvento lo definisce come “tempo di grazia non per preparare la commemorazione di un evento passato, ma per orientare tutta la vita nella direzione della speranza cristiana… Invito ad alimentare la virtù della speranza: ne abbiamo un immenso bisogno, noi, il nostro tempo, le nostre comunità”.

Facciamo diventare questa Lettera e le sue indicazioni oggetto di attenta lettura, riflessione e meditazione. Vivere di conseguenza l’Avvento per orientare tutta la vita nella direzione della speranza.

Auguriamocelo di cuore, ne va del bene della nostra Comunità pastorale.

Buon Avvento, camminando insieme!

don Mauro

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Alda Merini

«PER ME LA VITA È STATA BELLA PERCHÉ L’HO PAGATA CARA»

“La pazza della porta accanto” che intingeva il calamaio nel cielo. A dieci anni dalla morte, ritratto della poetessa milanese. I versi, la malattia, la potenza della vita. E «il primo bacio di Gesù»

di Silvia Guidi  per Tracce 

«Composizione / atroce: la mia mente che / è andata / a pezzi / sul mio parabrezza infinito».

I versi di Alda Merini, scomparsa il primo novembre di dieci anni fa, vengono copiati, postati e condivisi sui social network. La pazza della porta accanto, l’habitué del caffè Chimera, come definiva se stessa, è sempre più conosciuta, sempre più citata, anche nel mondo digitale.
Google le ha dedicato un doodle il giorno del suo 85esimo compleanno: Alda tiene tra le braccia uno dei suoi libri e ha alle spalle un ponte stilizzato, che idealmente richiama quelli dei Navigli di Milano, zona in cui ha abitato per anni. «Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta», dice di se stessa.

Ma la follia, dimensione a cui viene associata, per Alda Merini non è solo una metafora letteraria. È anche un’esperienza concreta, quotidiana, penosa, un pozzo di angoscia da cui risorgere ogni volta più ferita ma più forte, più consapevole del valore del dono ricevuto, la grazia di parole viventi a cui può attingere a piene mani. E far attingere anche gli altri. Si tratta di una vera morte, seguita da autentiche, concrete resurrezioni, una sequenza di guarigioni e ricadute che dalla clinica psichiatrica la riportano nel mondo dei “normali”, e viceversa.

Alda inizia a scrivere molto giovane; non ha ancora sedici anni quando l’amica Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, mostra alcune sue poesie allo scrittore Angelo Romanò, che a sua volta le fa leggere al critico Giacinto Spagnoletti.

Nel 1947 conosce tre figure fondamentali del mondo letterario: Giorgio Manganelli, Luciano Erba, Maria Corti. In questo stesso anno si manifestano i primi segni della malattia mentale. Spagnoletti inserisce alcuni dei suoi versi nella sua Antologia della poesia italiana 1909-1949, pubblicata da Guanda nel 1950. Altri sono inseriti nella raccolta, curata dall’editore Vanni Scheiwiller, Poetesse del Novecento, del 1951. Il suo primo libro è La presenza di Orfeo (Schwarz, 1953), apprezzato da pesi massimi della letteratura italiana come Montale, Pasolini, Quasimodo, cui seguono altre due raccolte di liriche, Paura di Dio e Nozze romane, entrambe del 1955.

Sei anni più tardi appare Tu sei Pietro, l’opera che chiude il primo periodo della sua produzione.

Segue un lungo intervallo di tempo segnato dalla malattia che la porterà a subire lunghi ricoveri nell’Istituto psichiatrico Paolo Pini di Milano. In ospedale ricomincia sporadicamente a scrivere, anche a scopo terapeutico, ma è a partire dal 1979 che prende avvio la nuova produzione. La riflessione sulla terribile esperienza del manicomio genera le liriche che solo nel 1984 verranno pubblicate da Scheiwiller con il titolo La Terra Santa, che otterrà nel 1993 il Premio Librex Montale.

Dio è onnipresente nei versi di Alda, a volte in modo non esplicito, a volte con i connotati inconfondibili del figlio del falegname di Nazaret, sorgente di continue rinascite e rinnovate creazioni.

Scrive in Corpo d’amore: «Mi ha resa giovane e vecchia / a seconda delle stagioni / mi ha fatto fiorire e morire / un’infinità di volte. / Ma io so che mi ama / e ti dirò, anche se tu non credi / che si preannuncia sempre / con una grande frescura in tutte le membra / come se tu ricominciassi a vivere / e vedessi il mondo per la prima volta. / E questa è la fede, e questo è lui / che ti cerca per ogni dove / anche quando tu ti nascondi / per non farti vedere».

Alda, nata il 21 marzo, nelle sue opere è la messaggera di una primavera che assomiglia all’aldilà, a un mondo alieno che ha il compito di mettere meglio a fuoco la profondità dell’aldiquà. 

Non a caso all’inizio della sua lunga e sofferta vicenda editoriale c’è una silloge che ha Orfeo nel titolo: il poeta si lancia nell’abisso per cercare gli dèi fuggiti dal mondo, o almeno per riportarne in superficie le tracce, e la musica. I versi della Merini sono, appunto, una discesa nella notte dell’uomo, ma è una notte illuminata da lampi, popolata di anime e di contrasti, altamente vitale.

Un itinerarium mentis in Deum personalissimo, che può diventare esperienza condivisa solo grazie alla visitazione delle parole, una ricognizione per epifanie, deliri, nenie, canzoni, dello spazio in cui irrompe il naturale inferno e la naturale luce dell’essere umano. Il dolore e la malattia in fondo sono solo il reagente che rende visibili entrambi.

«Ogni poeta vende i suoi guai migliori», diceva la Merini con il suo naturale, abituale understatement: «La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara». In fondo, continua Alda, persino Dante fu «un genio miserabile. Il poeta muore spesso».

Ed è questa la chiave per comprendere, chiosava Manganelli, i modi ingegnosi in cui l’altrove si nasconde sotto l’apparenza dell’ovvio: «Di rado è stata più fermamente sperimentata la qualità empirea della parola impegnata nella ricognizione dell’inferno; la felicità dei testi di Alda Merini non è altro che l’incontro con la perfezione del dolore; la salvezza è il battesimo verbale della disperazione».

Profetessa suo malgrado, perennemente in lotta con il suo compito e la sua vocazione di croce e annuncio, delirio e consapevolezza, Alda Merini parla di se stessa sempre con un sorriso dolceamaro: «Comunemente si pensa che si possa scegliere la vita e il genere di vita che più ci compete, ma è difficile per tutti sottrarsi all’impero della nascita, e a quello più urgente del dolore. E del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita».

Di tutte le vite, anche di quelle meno “riuscite” secondo i parametri della mentalità mainstream, e ha reso sempre più concreto e più serrato, negli anni, il suo dialogo con Dio. A chi le domandava come si scrive, rispondeva: «Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi. Io scrivo sempre intingendo il mio calamaio nel cielo».

Tutta la sua ampia, variegata opera è un diario senza traccia di sentimentalismo, compiacimenti estetizzanti o di facili condanne in cui emergono variazioni sul tema dello “sperdimento”, quel dimenticare se stessi che è effetto collaterale dell’amore, e ha forza trainante delle passioni più elementari. Ma anche la sicurezza di sé e della propria, singolarissima voce in una sorta di innocenza primaria che osserva e trasforma tutto, lacerando l’abitudine, l’indifferenza e la paura del mondo che c’è “fuori”. Senza mai disconoscere la malattia, con il suo carico di pena costante, ma considerandola una prova da attraversare.

Così lontana e così vicina a tutti noi, la poesia della pazza della porta accanto dei Navigli. 

«I pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi», scriveva Carlo Dossi a cavallo fra Otto e Novecento. Nel caso della Merini, è successo davvero. «Due giorni prima che morisse», racconta l’amico di sempre Arnoldo Mosca Mondadori, «mi chiese di riscaldarla con un fon.
Poi si tolse la maschera dell’ossigeno e accese una sigaretta. Allora un amico, Silvio Bordoni, le disse: “Ma signora Merini, non è il caso che lei fumi”.
E lei rispose: “Caro Bordoni, oramai mi rimane questa sigaretta e il primo bacio di Gesù”».

Alda Merini (Milano, 1931-2009) esordisce con il suo primo libro di poesie, La presenza di Orfeo (Schwarz), nel 1953.
Nel 1984 pubblica La Terra Santa (Scheiwiller) che le vale il Premio Librex Montale. Le sue opere sono raccolte nell’antologia Il suono dell’ombra. Poesie e prose (1953-2009), edita da Oscar Mondadori.

Avvisi e Calendario 10 novembre 2019

E DI NUOVO VERRÀ A GIUDICARE I VIVI E I MORTI

Siamo giunti all'ultima Domenica dell’Anno Liturgico, in cui si celebra la Solennità di Cristo Re dell’Universo.
Il Vangelo ci fa assistere all'ultimo atto della storia umana: il giudizio universale. Senza fede nel giudizio finale, tutto il mondo e la storia divengono incomprensibili, scandalosi.
Al visitatore che giunge in Piazza San Pietro, a Roma, il colonnato del Bernini appare, a prima vista, uno spettacolo abbastanza confuso. I quattro ordini di colonne che cingono la piazza si presentano “disparati”.

Ma si sa che c’è un punto, segnato in terra da un cerchio, nel quale bisogna collocarsi. Da quel punto di osservazione il colpo d’occhio cambia completamente. Appare una mirabile armonia; i quattro ordini di colonne si allineano come per incanto, quasi fossero una colonna sola. Miracolo della prospettiva. E’ un simbolo di ciò che avviene in quella piazza più grande che è il mondo. In esso tutto ci appare confuso, assurdo, frutto più di un capriccio del caso che di una provvidenza divina.

Bisogna collocarsi dal punto giusto per non smarrirsi e intravedere un ordine dietro il tutto, e questo punto giusto è il giudizio di Dio.

Come cambiano aspetto le vicende umane, viste da questa angolatura, anche quelle in atto nel mondo d’oggi!
Dio che regna in Cristo, è il giudice che siede sul trono della sua gloria ed esprime il suo giudizio definitivo con un criterio del tutto unico, la carità.

Il Regno di Dio non è dunque un regno dell’altro mondo, bensì la possibilità di vivere qui in terra “cose dell’altro mondo” grazie alla capacità di riconoscere Gesù nei poveri, negli affamati, nei prigionieri… Insomma, chi agisce prendendosi cura degli altri, agisce prendendosi cura di Dio stesso: ecco come si manifesta la presenza totalizzante di Dio nella nostra vita.

Il Regno di Dio, che non sarà mai distrutto, prende forma nella quotidianità più normale ed assume i contorni di un’umanità che si scopre ad agire proprio al modo di Dio; un’umanità frutto della risurrezione di Cristo, primizia dei risorti perché anche quelli sono di Cristo, quelli in cui regna Cristo, possano vivere una vita di risorti nella carità.

Celebrare la Solennità di Cristo Re dell’Universo è rivolgere lo sguardo al futuro pieno di speranza: nonostante tutte le difficoltà e il male che sembra regnare ancora nel mondo, noi affermiamo con fierezza che Cristo è già fin d’ora Re e che la sua sovranità su tutto l’universo apparirà con chiarezza alla fine dei tempi. Questa quindi è la conclusione dell’Anno Liturgico, ma è anche quella che noi crediamo essere la conclusione della storia del mondo, per questo il nostro cuore è pieno di speranza, perché sappiamo con certezza che sarà Cristo a regnare per sempre su di noi e su tutti gli uomini dell’universo intero.

Viviamo la gioia di questo giorno con sentimenti di gratitudine per tutti i doni di grazia che abbiamo ricevuto e apprestiamoci a ricominciare, come il Signore ci dona, un nuovo Anno Liturgico che riparte con Domenica prossima, prima domenica del nostro Avvento Ambrosiano.

Ci dedicheremo in modo speciale alla preghiera liturgica che vivremo con rinnovato impegno partecipando “da protagonisti” alla nostra Festa della “Rama di Pomm”.

 don Mauro

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