Avvisi e Calendario 26 maggio 2019

DOVE, COME, QUANDO PREGARE!

 

Dove pregare
Il profeta Elia pregava sulla riva del fiume. La donna Samaritana diceva che si poteva pregare in montagna. Giovanni Battista pregava nel deserto. Gesù andava a pregare nel Tempio, con tutti, e in montagna, da solo. Sant’Antonio Abate si rifugiò in una grotta. Santa Caterina si chiudeva nella sua camera. Santa Teresina andò in convento per pregare di più.
Spesse volte in Chiesa si vedono persone che pregano davanti al Tabernacolo. Talvolta le nonne, mentre in casa lavorano a maglia, dicono il rosario. Alcuni vanno a pregare nei Santuari, alcuni addirittura a Lourdes o a Fatima. San Gerolamo andò a pregare fino a Betlemme.
Alla domenica tutti i buoni cristiani vanno in Chiesa per pregare insieme. Molti pregano in camera da letto; però di solito chi va a letto a dire le preghiere, si addormenta senza finirle. Quelli che stanno sull’uscio della Chiesa dimostrano che non hanno una grande voglia di pregare.

Come ci si mette a pregare
Alcuni pregano in piedi, come sull’attenti, pronti. Altri pregano in ginocchio, per dire che sono piccoli davanti a Dio. Ci sono quelli che si prostrano fino a terra, per dire al Signore che davanti a Lui non contano niente. Vecchi e malati pregano in poltrona, perché deboli. Alcuni preferiscono chiudere gli occhi. Altri li alzano al cielo. Alcuni mettono le braccia conserte. Altri mettono le mani giunte. Quando si dice il Padre nostro, durante la Messa, si tengono le braccia aperte. Gesù ha pregato in piedi o prostrato a terra, con le mani e gli occhi rivolti al cielo, e, alla fine, con le mani inchiodate. Spesso pregava in silenzio e qualche volta ad alta voce. Sta male pregare con le mani in tasca o le gambe incrociate: si manca di rispetto al Signore.
Non si può pregare bene se si guarda in giro.

 

Quando è il tempo di pregare
Gesù pregava anche di notte, invece di dormire, perché di giorno aveva tanta gente. Prima di morire, mentre aspettava il Paradiso, Gesù pregava. Anche il buon ladrone nella stessa circostanza si è messo a pregare. San Paolo pregava in prigione, perché aveva più tempo. Contardo Ferrini pregava prima di studiare e di fare scuola.
Talvolta in treno si vedono dei preti che pregano, leggendo il breviario. C’è gente che prega per la strada, per conto suo, mentre va al lavoro. Tutti i buoni cristiani sono invitati a pregare prima di uscire di casa, prima di mangiare, prima di dormire.
Chi dice che non ha tempo per pregare dice una bugia. Pregare di rado è come avere l’anemia. Pregare in fretta è come avere la febbre. Questo non è il modo di pregare.

 

don Mauro

 

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Giornalino INCONTRO n° 2 - 2019

Ecco il primo numero del giornalino INCONTRO marzo 2019

 

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n.2 incontro 2019 web

Convergere su un’Europa che sa promuovere la pace

A una settimana dal voto l’arcivescovo domanda di rileggere il passato con umiltà e realismo.

Convergere su un’Europa che sa promuovere la pace

 

Di Mario Delpini*

Spesso, rileggendo la storia, noi cristiani restiamo umiliati e confusi. Avremmo dovuto essere l’anima del mondo, invece, ci siamo, come tutti, lasciati sedurre dall'avidità delle ricchezze e dalla bramosia del potere. Avremmo dovuto essere un principio di unità tra i popoli e, talvolta, siamo stati un elemento di divisione tra cristiani, credenti nell'unico Signore. Avremmo dovuto essere il popolo della pace e, invece, in alcuni momenti - in troppo lunghi momenti -, ci siamo fatti la guerra. Avremmo dovuto essere gente solidale, attenti ai poveri, disponibili all'accoglienza e, invece, troppe volte, siamo stati popoli conquistatori, che hanno saccheggiato il pianeta e hanno umiliato i popoli.

Rileggendo la nostra storia, tanto spesso ci sentiamo umiliati perché non possiamo recidere il nostro legame con le generazioni che ci hanno preceduto e non possiamo dire che non c’entriamo con la storia che è stata scritta. Anche per questo motivo ci sentiamo umiliati: perché i popoli europei, molti, in Europa, hanno pensato che fosse meglio fare a meno del cristianesimo per costruire la pace, la civiltà. Ma questa decisione, di lasciare perdere il riferimento a Gesù Cristo e alle Chiese, ha creato drammi peggiori e guerre più tremende. Così, il continente Europa ha delle buone ragioni per sentirsi umiliato, quando rilegge la sua storia. Ma questa umiliazione - in questo tempo, dai Padri fondatori dell’Europa e per tutti questi decenni - non ci induce allo scoraggiamento. Ci insegna che costruiremo l’Europa non perché saremo più bravi dei nostri padri, più spirituali e più liberi, ma perché ci affideremo alla preghiera di Gesù.

Camminiamo verso una nuova Europa, noi, Chiese cristiane, perché lasciamo che Gesù preghi per noi: «Che siano tutti una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato».
Perciò, umiliati da alcuni episodi drammatici della nostra storia, forse, è tempo che impariamo l’umiltà. Così, consapevoli dei fallimenti della nostra intraprendenza, è tempo che impariamo la docilità. Persuasi che siamo un popolo che, forse, ha troppo dimenticato la preghiera, vogliamo metterci dentro la preghiera di Gesù. Vogliamo essere l’anima dell’Europa perché vogliamo pregare, vogliamo imparare a pregare. Vogliamo imparare a camminare in umiltà e mitezza. Vogliamo guardarci gli uni gli altri come fratelli e sorelle che sono chiamati a dare compimento, per grazia di Dio, a questa preghiera, «Perché siano tutti una cosa sola».

Non siamo perfetti, non abbiamo imparato tutto dalla nostra storia; però, siamo qui, a proporci che - per grazia di Dio - scriveremo una storia nuova.

*Arcivescovo di Milano

 

PRIMA PAGINA MILANO SETTE - DOMENICA 19 MAGGIO

 

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Avvisi e Calendario 19 maggio 2019

E' BELLO ESSERE CRISTIANI

Gesù risorto ci riporta la gioia e ci fa scoprire, oggi come allora, la bellezza di essere suoi seguaci, di essere “cristiani”, come furono chiamati per la prima volta ad Antiochia i seguaci di Gesù.
Si! E’ bello essere cristiani perché l’uomo d’oggi ha bisogno di speranza e Cristo vincitore della morte ne è il fondamento sicuro.
A noi cristiani è dato un compito veramente appassionante, essere uomini e donne che diffondono speranza.

E’ bello essere cristiani perché la situazione nazionale e internazionale invoca comunione e Cristo è l’agape di Dio fattasi carne.
A noi cristiani è dato il compito bellissimo di essere la profezia e il sacramento dell’unità del genere umano. La cristianità può essere l’anima della globalizzazione.

E’ bello essere cristiani perché davanti alle molteplici piaghe dell’umanità Cristo dice di sé stesso: “Io sono il buon samaritano”.
Noi cristiani siamo lanciati sulla strada tra Gerusalemme e Gerico con la decisione di non guardare da un’altra parte quando incontreremo l’uomo ferito, ma ci chineremo su di lui e ci lasceremo commuovere nel cuore.

E’ bello essere cristiani perché la persona umana ai nostri giorni è presa in giusta considerazione e la storia attuale costringe ad andare a fondo dei problemi cruciali del destino di ciascuno di noi. Noi siamo al servizio di Cristo che conosce l’uomo meglio di ogni uomo.

E’ bello essere cristiani perché la sfida educativa è di un’urgenza impressionante ma Cristo, la Sapienza divina, si è fatto carne e oggi pronuncia la parola: VITTORIA! Noi discepoli, in cammino dietro a Lui, siamo chiamati a metterci accanto ai ragazzi e ai giovani, talvolta delusi e sconfitti, perché crescano “in sapienza, età e grazia”. Mentre nel nome di Cristo chiamiamo in causa la loro libertà, siamo in un certo senso costretti ad essere tutti un po’ sempre giovani.

E’ bello essere cristiani perché la riscoperta del sacro, spesso indefinibile e vago, o legato a questa o quella religione, ci sospinge a rimanere autentici cercatori del DIO VERO e a lasciarci trovare da Lui. Dobbiamo dirci con maggiore chiarezza non semplicemente che DIO c’è, quanto piuttosto che Egli è e scoprire il primo mistero della fede, L’Unità e la Trinità di Dio, e il secondo mistero: l’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo.

E’ bello essere cristiani perché la suprema fragilità della morte pone inesorabilmente a tutti le domande cruciali di Giobbe. Ma la morte trova luce in Cristo, il Vivente, Colui che morendo ha vinto la morte e, mediante la risurrezione, ci genera, come dice l’Apostolo Pietro, “per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”.
Per questo, anche tra le prove, continua Pietro, “esultiamo di gioia indicibile e gloriosa”.

E’ bello essere cristiani: il mio augurio è che oggi e sempre siamo “contenti come una Pasqua”: è il messaggio e il dono che il mondo attende e che noi possiamo donare.

don Mauro

 

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Avvisi e Calendario 12 maggio 2019

ALLE SORGENTI DELLA GIOIA

La gioia cristiana nasce da una buona notizia e questa buona notizia si è fatta uomo, per cui Dio ora è vicino, è a fianco di ogni uomo, un Dio con noi e per noi.
La gioia è causata dall'amore. Gioia e amore si richiamano sempre: è per questo che nella gioia cristiana ha una parte determinante lo Spirito Santo, lo Spirito dell’amore. Essa è un dono: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé” (Gal 5,22).
L’uomo è un essere fatto per la gioia, non per la tristezza.

Il Vangelo è un invito alla gioia e un’esperienza di gioia vera e profonda, è la bella notizia che Dio vuole darci qualcosa di bello e di buono per noi; qualcosa che serve per farci felici. E nel Vangelo, il Regno di Dio è presentato come un invito a partecipare a un banchetto di nozze. Tutto questo perché Gesù vuole la nostra gioia:
“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Dio non vuole la nostra tristezza: “Bene, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,21). Anzi, ogni volta che può abbracciare un suo figlio, Dio fa festa: così ha fatto con Zaccheo quando, vedendolo appollaiato sull’albero di sicomoro, lo ha invitato a scendere perché doveva fermarsi a casa sua e “in fretta scese e lo accolse pieno di gioia”; per il ritrovamento della pecorella smarrita, invece, organizza una festa, alla quale invita tutti a rallegrarsi con lui: mentre per il ritorno del figlio che si era allontanato da casa chiede di portare il vitello grasso, ammazzarlo, mangiarlo e fare festa.

Dio ama follemente, da impazzire di gioia.

E’ proprio così. La gioia di Dio si manifesta fin dall'inizio, nel giorno della creazione, quando vedendo la bellezza del mondo, specialmente della creatura umana, la pupilla di io, dicono i rabbini, si è dilatata, fino a far sgorgare una lacrima di gioia divina e piacere divino. Così è cominciato tutto: con un sorriso.
Perché Dio ha creato Adamo e lo ha posto nel giardino di Eden?
Non certo per fare grandi discussioni. Voleva gustare insieme a lui la meraviglia del mondo che aveva creato e che riconosceva come una cosa bella e buona.
Di sicuro si saranno scambiati sguardi e sorrisi compiaciuti di felicità. E penso che Dio si sia divertito e abbia sorriso ancora una volta compiaciuto quando, conducendo Eva, ha visto Adamo esplodere di gioia per “l’aiuto che gli era simile”.

La gioia è davvero, insieme, realtà interiore e manifestazione eterna. Carissimi parrocchiani aiutiamoci a vicenda a vivere nella gioia non stancandoci mai di ripeterlo: la vera gioia ha sempre a che vedere con una relazione con Qualcuno, e questo Qualcuno è Dio.

 don Mauro

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Avvisi e Calendario 5 maggio 2019

ROSARIO INSIEME NEI CORTILI

Durante il mese di Maggio si dà più ampio spazio al culto della Madonna. Oltre all'espressione di affetto filiale verso la figura della “Madre” (Madre di Dio e Madre nostra) che avviene per “convocazione”, cioè suonando le campane e aspettando chi decide di venire in Chiesa, c’è anche un culto mariano che si svolge per “visitazione”, cioè con la venuta di un sacerdote nelle sere del mese di Maggio.
Si tratta di uno dei pochi momenti di incontro prolungato tra i condomini dello stesso caseggiato, che talvolta a malapena si conoscono e si salutano rapidamente trovandosi in ascensore.
E’ un momento che può favorire comunione di sentimenti, facendo rivivere almeno per una serata quella “cultura del cortile” che il nostro contesto sociale attuale ha purtroppo azzerato e che invece una volta faceva sentire la gente molto più unita. Noi sacerdoti diamo importanza a questa possibilità di vita cristiana comunitaria e ci spiace che non tutti i cortili o i condomini lo organizzino. Non è legame nostalgico ad una civiltà agricola tramontata (tipo “Albero degli zoccoli”) ma la convinzione che le famiglie pregando riunite hanno una marcia in più per restare unite e dare un contraccolpo a questa società molecolarizzata (se non atomizzata!) in uno squallido individualismo. Grazie a tutti coloro che si faranno promotori di questi incontri mariani di caseggiato. Chissà che quest’anno ai soliti appuntamenti se ne aggiunga anche qualcuno in più!

Lo sforzo della Chiesa è di trovare le vie più idonee per far pervenire agli uomini il suo messaggio di salvezza. La pastorale contemporanea ha un compito difficile perché deve tener presente il mistero di Cristo e della Chiesa e nello stesso tempo penetrare attraverso i segni dei tempi nel tessuto umano e sociale dell’attuale società.

In questa visione pastorale rientrano i Santuari Mariani. Essi hanno avuto e hanno tutt’ora una grande importanza nella storia della Chiesa. La loro presenza ha un significato per tutti coloro che sanno leggere e capire i segni dei tempi. I Santuari Mariani sono dei fenomeni che vanno compresi nel loro contesto spirituale. La Parrocchia resta sempre il fulcro fondamentale per realizzare il mistero della Chiesa, essa quindi conserva sempre una funzione fondamentale.
I Santuari però hanno una funzione sussidiaria, “una funzione veramente integrativa della vita pastorale” (San Paolo VI). Integrare non significa sostituire, né tanto meno competere, ma piuttosto “servire”.
Si tratta di servire le anime, venendo incontro alle loro necessità spirituali. Tale integrazione pastorale si inquadra nel contesto della Chiesa: è un vero servizio ecclesiale, che si presenta come medicina, alimento di vita ed autentica comunione con i fratelli.
La visita al Santuario non è un lusso, né tanto meno un’evasione ma un tempo forte dello Spirito. E questo proprio perché il santuario mariano è il luogo privilegiato dove si esercita con grande ricchezza la maternità spirituale della Madonna.

Una buona volta amiamo, ma amiamo sul serio, per davvero!

Amiamo la Madonna e coltiviamo le devozioni che ci aiutano ad esprimere e ad accrescere il nostro amore di figli.

don Mauro

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