Domenica 22 dicembre 2019

BUON NATALE!

Il Natale è veramente il mistero della non accoglienza di Dio.
Tutto ciò perché il Natale ci mostra “lo stile di Dio”, così difficile per noi da accettare. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo alle nostre. L’agire di Dio è abbassarsi, farsi debole, porsi in mezzo alle nostre vite fragili. Dove noi cercheremmo di emergere dalle meschinità della vita, dalle fragilità, dai problemi, questo Dio si butta dentro, mostrandoci così che è possibile camminare insieme su questa strada.
Il Signore cambia la vita da dentro, non sfuggendo alla fatica di essere uomo, ma abbracciandola pienamente e indicandoci una via.
Essere cristiani è seguire le orme di Dio, che ha scelto di entrare nella vita degli uomini, di condividere la loro condizione, soprattutto degli ultimi. Dio ha scelto di avere fiducia negli uomini, anche quando tutto sembra consigliare il contrario. E questa “luce” non è stata sopraffatta dalle tenebre. Con questa certezza auguriamoci Buon Natale!

don Mauro

BUON NATALE a tutti.
Nasce Gesù, l'atteso dai popoli e dal cuore di ogni uomo.
Se desideri vivere, Gesù è LA VITA. Se desideri pace, Gesù è LA PACE.
Se desideri perdono, Gesù è IL PERDONO del Padre.
Se desideri essere amato, Gesù è L'AMORE.
Se desideri Dio, Gesù è DIO FATTOSI UOMO.
In Lui ogni desiderio è pienamente soddisfatto: siamo figli di Dio, partecipi della Sua vita, divinizzati.
AUGURI, accogliamoLo: PER NOI GESÙ È TUTTO.

don Marco

Dalla lettera di Papa Francesco sul significato e il valore del presepe.
“Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Mentre contempliamo la scena del Natale siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall'umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui.”

…il mio augurio per ciascuno e di mettersi in cammino con gioia e speranza certi di incontrare il Signore nella nostra storia nelle persone e negli eventi del nostro quotidiano e di lasciarci trasformare da questo incontro con Dio che si fa bambino!

Suor Ivana

Si possono vedere STELLE nel buio e nel fango se si ha un bambino nel cuore! E’ l’augurio che offro a tutte le persone con cui condivido questo tratto di cammino, sicura che Lui ci darà la forza e il coraggio di seminare il Suo amore che fa crescere in ciascuno di noi le stelle che il piccolo Gesù ci offre perché possiamo essere luce per coloro che ne hanno desiderio! Gesù sia la guida di tutti e a tutti doni la sua pace! Buon Natale!

Suor Savina

Nella Santa Messa della notte di Natale, l'evangelista Giovanni ci dice: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo". Il mio augurio per questo Natale è quello di essere inondati dalla luce vera: Gesù e che questa luce risplenda così forte in voi fa irradiare tutti coloro che avvicinano. Trasformo il mio augurio per un santo e sereno Natale in preghiera per voi.

Suor Maura

Quest’anno mi soffermo a guardare il presepe dalla parte di San Giuseppe.
Lui che ha contemplato il Mistero che si è fatto carne, nella piena fiducia in quel Dio che gli ha chiesto di fidarsi oltre misura, oltre ragione, oltre l’umana resistenza, aiuti anche a noi a fidarci sempre più di Lui.
L’augurio per me e per voi è proprio quello di saper considerare la propria esistenza non solo alla luce di quello che noi possiamo sentire o pensare, ma alla luce della rivelazione di Dio. Come ha fatto San Giuseppe che, passando a questo secondo piano di riflessione, ha scoperto quale fosse la ragione e la gioia della sua vita.
Un carissimo augurio di Buon Natale a tutti voi e alle vostre famiglie.

Suor Lucia

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Buon Anno in Musica

Giovani Musicisti in Concerto a MIC

La prima edizione del Concerto di Giovanni Musicisti a MIC si era svolta come Concerto di Natale il 17 dicembre 2017.

Considerando il successo di quell'evento, la numerosa partecipazione del pubblico e l’alto livello artistico dei giovani che si sono esibiti, è arrivato il momento della sua replica.

Questa volta come Augurio di Buon Anno sulle note di musica classica, eseguita da giovani musicisti.
L'evento è organizzato grazie alla disponibilità del nostro Parroco Don Mauro, alla generosità degli sponsor e all'entusiasmo dei giovani artisti nel poter e voler esibirsi davanti al pubblico "di casa" a scopo di beneficenza per le famiglie comunitarie in difficoltà.

Siete tutti invitati!
4 gennaio 2020 inizio ore 21.00, Santuario Madonna in Campagna - Gallarate

"A Natale non accogliamo un personaggio da fiaba, ma Dio"

Non basta credere in Dio, ma serve la fede per poter credere in Gesù che ci interpella, sottolinea Papa Francesco. E lancia il conto alla rovescia per il Congresso Eucaristico Internazionale

Di Andrea Gagliarducci per AciStampa

Gesù che nasce non è un “personaggio da fiaba”, ma è piuttosto “Dio che ci interpella”, e che ci porta ad un cammino di conversione che prevede “un morire a noi stessi e al peccato che c’è in noi” e a convertirci, a partire proprio dalla conversione “dell’idea che noi abbiamo di Dio”, perché “non basta credere in Dio: è necessaria ogni giorno la nostra fede”.

In un Angelus domenicale partecipato da molti ragazzi che sono dal Papa per la benedizione dei bambinelli del Presepe, Papa Francesco parte come sempre dal Vangelo del giorno, dai dubbi di Giovanni il Battista che chiede a Gesù se davvero lui è il figlio di Dio. Ed è da lì che inizia una riflessione tutta centrata sulla conversione. Perché anche Giovanni Battista, che pure ha fatto tutta una vita incentrata sull’attesa del Messia, ha dovuto convertirsi a Gesù, e per questo non c’è uno più grande dei nati di donna, ma anche il più piccolo nel regno dei Cieli è più grande di lui.

E la domenica del gaudete, e le letture domenicali presentano Isaia che invita alla gioia per la venuta del Messia, ma anche Giovanni il Battista che ha dubbi.

“È la stessa realtà che in ogni tempo mette alla prova la fede – nota Papa Francesco – ma l’uomo di Dio guarda oltre, perché lo Spirito Santo fa sentire al suo cuore la potenza della promessa”.
La promessa si realizza con Gesù, e Gesù risponde così ai dubbi del Battista: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”.

E questo significa, nota Papa Francesco, che “la salvezza avvolge tutto l’uomo e lo rigenera”, ma è una nuova nascita che “sempre presuppone un morire a noi stessi e al peccato che c’è in noi”, e per questo c’è bisogno prima di tutto “di convertire l’idea che abbiamo di Dio”.

Proprio Giovanni deve cambiare l’idea che ha di Dio, perché “per tutta la vita Giovanni ha atteso il Messia; il suo stile di vita, il suo stesso corpo è plasmato da questa attesa”, eppure “anche lui ha dovuto convertirsi a Gesù”.

E così, prosegue Papa Francesco, “come Giovanni, anche noi siamo chiamati a riconoscere il volto che Dio ha scelto di assumere in Gesù Cristo, umile e misericordioso”, perché “non basta credere in Dio: è necessario ogni giorno la nostra fede”.

Spiega Papa Francesco: “Si tratta di prepararsi ad accogliere non un personaggio da fiaba, ma il Dio che ci interpella, ci coinvolge e davanti al quale si impone una scelta. Il Bambino che giace nel presepe ha il volto dei nostri fratelli e sorelle più bisognosi, dei poveri”.

Papa Francesco chiede infine alla Vergine Maria di aiutarci perché “mentre ci avviciniamo al Natale, non ci lasciamo distrarre dalle cose esteriori, ma facciamo spazio nel cuore a Colui che è già venuto e vuole venire ancora a guarire le nostre malattie e a darci la sua gioia”.

Dopo l’Angelus, Papa Francesco benedice i bambinelli del Presepe e poi ricorda un appuntamento cruciale del prossimo anno, il 52esimo Congresso Eucaristico Internazionale che si celebrerà a Budapest dal 13 al 20 settembre 2020.

“I Congressi Eucaristici – dice Papa Francesco - da più di un secolo, ricordano che al centro della vita della Chiesa c’è l’Eucaristia”.

Tema del Congresso sarà “Sono in te tutte le mie sorgenti”.

Domenica 15 dicembre 2019

“Come un bimbo in braccio a sua madre”

“Qualche giorno fa ho partecipato alla Messa con una mia amica: essa era orgogliosamente accompagnata dalla figlia con in braccio un bebè di due settimane di vita. Mentre osservavo la neo-mamma, mi sono emozionato nel vedere la tenerezza della giovane madre per il bebè. Ma a richiamare maggiormente la mia attenzione furono i suoi occhi: sembrava che l’accarezzassero più ancora delle sue mani. La bimba era profondamente addormentata, ma ogni tanto si muoveva per sistemarsi meglio, e quando trovava la posizione desiderata sorrideva felice, inconsciamente. Non ricordo di aver mai visto insieme tanto amore e tanta pace. Amore da parte della madre e pace che si rispecchiava nel sonno del bebè”. (Lily Naranjo)

Questa immagine illustra fedelmente l’atteggiamento che i credenti dovrebbero avere nei confronti del Signore.

“Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 131,2). Non sempre abbiamo questo atteggiamento di pieno abbandono. Quando il bambino cresce inizia a rivendicare la sua indipendenza e autosufficienza e poi si considera già abbastanza grande per non rifugiarsi più nella braccia di sua madre, vuole farne senza, per dimostrare la sua capacità. Tuttavia se cade e prende un colpo, o si sente solo e spaventato, corre di nuovo a ripararsi fra le braccia della mamma. Capita così anche a noi adulti.

Molte volte vogliamo camminare da soli e non ci lasciamo portare da Dio. Altre volte accondiscendiamo, ma protestiamo e battiamo i piedi lungo tutto il cammino, come i bambini, giacché non ci piace la strada su cui il Signore ha deciso di portarci. Quante angustie e dispiaceri potremmo evitarci se davvero riposassimo con fiducia nel Signore.

Dio stesso ci ha dato la miglior lezione di fiducia e di abbandono facendosi bambino e nascendo dalla Vergine Maria, Gesù come Dio ebbe mai bisogno delle braccia e delle cure di sua madre come tutti noi. Sarà che nella sua immensa sapienza ci volle insegnare in che cosa consista farsi vulnerabile?

Non c’è gesto che dimostri maggiormente la fiducia che addormentarsi nelle braccia di altri.

Ciò vuol dire al di là delle parole: “ho lasciato la vigilanza giacché so che da te non mi verrà mai del male”.

Nelle braccia del Signore possiamo riposare a nostro agio, come fa il bebè nelle braccia di sua madre.

don Mauro

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Domenica 8 dicembre 2019

GIORNATA DIOCESANA DELL'AZIONE CATTOLICA

Mi è gradita questa occasione per fare qualche riflessione sull’Azione Cattolica (da ora AC) e sul suo ruolo all’interno della Chiesa, offrendo qualche concretizzazione per la nostra Comunità pastorale. L’AC Italiana, sorta per iniziativa di un gruppo di giovani, benedetta e poi raccomandata dai Papi e dai Vescovi, ha avuto nella sua storia trasformazioni profonde, in correlazione con le vicende della Chiesa e della società italiana. Essa è stata durante l’intero arco della sua vita, un annuncio di quella “corresponsabilità” dei laici nella costruzione e missione della Chiesa che il Concilio Vaticano II ha poi solennemente affermato. Il suo compito è oggi quello di contribuire a realizzare questa pienezza di corresponsabilità di tutti i membri del popolo di Dio per l’attuazione del Concilio.

L’AC da parte sua è una associazione di laici che liberamente si riuniscono per fini formativi, di studio e di azione pastorale; essa deve fermentare e servire la comunità ecclesiale accanto alle altre forme associate e a tutte le forze vive della comunità; con esse – insieme al clero e ai religiosi - deve offrire al Vescovo la propria attiva collaborazione per promuovere la costituzione e il buon funzionamento dei Consigli Pastorali. Il pieno sviluppo della vita e della comunità ecclesiale richiede all’AC un impegno umile e generoso nell’adempiere al suo compito specifico di riunire, esprimere e formare gruppi di cristiani che si associano nel desiderio di rendere più responsabile ed efficace il loro servizio pastorale alla Comunità, e che si fanno carico dell’insieme dei suoi bisogni, della globalità della sua missione. Fatte queste debite e necessarie chiarificazioni, mi domando: come fa un cristiano/a a non sentirsi di Azione Cattolica?

“Guai a me se non annunciassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). Questa affermazione di Paolo, dice il fatto che il Vangelo non lo annunciamo per iniziativa nostra, che non siamo padroni del Vangelo, ma servi del Vangelo! Nell’annunciarlo e nel testimoniarlo siamo coinvolti totalmente. Dice sempre Paolo: “Mi sono fatto debole coi deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per guadagnare ad ogni costo qualcuno!” (1 Cor 9,22). Non dobbiamo però immaginare che il nostro investimento totale, che deve essere tale, sia una questione di quantità, ma deve essere questione di “qualità!” E la qualità si incrementa, se sappiamo mettere nel nostro vissuto quotidiano alcuni atteggiamenti: coltivando di più la vita spirituale e incrementando la vita relazionale. Se noi diamo tutto in modo quantitativo, alla fine non abbiamo più nulla da dare! Se, invece, agiamo in modo qualitativo, allora non solo sappiamo dare, ma anche ricevere!

L’Arcivescovo Mario nella sua Lettera pastorale 2019/2020 ricordando con riconoscenza l’apostolato laicale dell’AC scrive:

“Fedeli cristiani che in modo associato sono soggetti di pastorale e scelgono di servire insieme e in modo stabile la Chiesa locale. A partire da un legame strettissimo con il Vescovo curano la formazione dei laici perché ogni battezzato possa arrivare a quella sintesi personale tra Vangelo e vita e dare testimonianza come Chiesa alla bellezza e alla forza liberante del Vangelo. Invito le Comunità Cristiane a riscoprire questa particolare vocazione laicale nella Chiesa, a favorire la conoscenza dell’AC attraverso la partecipazione alle sue attività formative, a sostenere le persone perché possano corrispondere a questa vocazione per il bene della Chiesa locale e per la sua missione in tutti gli ambienti di vita”. (cfr. pp. 23-24).

Facciamo nostro l’invito del nostro Arcivescovo e accogliamo la sfida lanciata dal Vicario Generale Mons. Franco Agnesi: Quello del laicato organizzato è una sfida bella che dobbiamo contribuire a vincere per il futuro di questa nostra Chiesa”.

Anche“questa situazione è occasione per il progresso alla gioia della nostra fede”.

don Mauro

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"Fare il presepe in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle piazze"

Di M. Michela Nicolais per AgenSir

"Non è importante come si allestisce il presepe, ciò che conta è che parli alla nostra vita". Si conclude così la lettera apostolica sul presepe, firmata a Greccio da Papa Francesco. "È come un vangelo vivo", il presupposto di una "bella tradizione" da sostenere e realizzare in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze. "Non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità".

“Sostenere la bella tradizione” del presepe: in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze. E’ l’invito contenuto nella lettera apostolica Admirabile signum, firmata ieri dal Papa durante la sua visita a Greccio. Per il primo Papa a prendere il nome di Francesco, pellegrino nel luogo dove Francesco d’Assisi ha realizzato la prima rappresentazione della Natività della storia, il presepe “è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. A fare il presepe “si impara da bambini”, ricorda il Papa: “Mi auguro che questa pratica non venga mai meno”, l’appello: “anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata”.

“Il presepe ci fa vedere, ci fa toccare questo evento unico e straordinario che ha cambiato il corso della storia, e a partire dal quale anche si ordina la numerazione degli anni, prima e dopo la nascita di Cristo”,

sintetizza Francesco. La notte di Natale del 1223 san Francesco, con la semplicità di quel segno, “realizzò una grande opera di evangelizzazione”, che consiste nel “riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità. Greccio diventa un rifugio per l’anima che si nasconde sulla roccia per lasciarsi avvolgere nel silenzio”.

Il presepe “suscita tanto stupore e ci commuove” perché “manifesta la tenerezza di Dio”, il creatore dell’universo che “si abbassa alla nostra piccolezza”. 

Fin dall’origine francescana il presepe è un invito “a sentire, a toccare la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. È un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi”.

Anche quando “la notte circonda la nostra vita”, “Dio non ci lascia soli,

ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò?”. Così il Papa attualizza i vari segni del presepe. “Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo”, spiega: “la sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza”.

“Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio”,

scrive Francesco. Gli angeli e la stella cometa “sono il segno che noi pure siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il Signore”, come fanno i pastori dopo l’annuncio fatto dagli angeli. “A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata”, commenta il Papa.

“Gesù è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso”. Dal presepe, quindi, “emerge chiaro il messaggio che

non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità.

Maria e Giuseppe: insieme a Gesù Bambino, sono il centro del presepe, custodito nella grotta. “Maria è una mamma che contempla il suo bambino e lo mostra a quanti vengono a visitarlo”, è la Madre di Dio che “non tiene il suo Figlio solo per sé, ma a tutti chiede di obbedire alla sua parola e metterla in pratica”. Accanto a lei c’è San Giuseppe, “il custode che non si stanca mai di proteggere la sua famiglia”.

“ll cuore del presepe comincia a palpitare quando, a Natale, vi deponiamo la statuina di Gesù Bambino”, testimonia Francesco: “Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea e trasforma. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi”.

“I Magi insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo”, osserva il Papa: “Sono uomini ricchi, stranieri sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme. Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande. Non si lasciano scandalizzare dalla povertà dell’ambiente; non esitano a mettersi in ginocchio e ad adorarlo”.

“Non è importante come si allestisce il presepe; ciò che conta, è che parli alla nostra vita”,

l’invito finale: “Dovunque e in qualsiasi forma, il presepe racconta l’amore di Dio, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi”.

Domenica 1 dicembre 2019

VIENE e poi VERRA'

Gesù Cristo è venuto, viene e poi verrà. Verrà è il senso più profondo della liturgia che stiamo celebrando. Verrà un giorno: Nell'attesa della tua venuta”. E un giorno verrà nella gloria, non nella povertà come è venuto a Nazareth: “Nella gloria a giudicare i vivi e i morti”. Il Signore verrà a portare a compimento, si compiacerà di dare l’ultimo tocco alle opere di giustizia che avremo intrapreso sulla terra. Noi, in cielo, - ricordiamocelo – un giorno godremo di quelle cose che qui sulla terra ci siamo sforzati di far progredire nei segni. Provo a spiegarmi attraverso due esempi.

Vorremo godere la pace? Se avremo lottato per la pace qui, se ci saremo sforzati di farla fiorire nei segni, la godremo lì. Vorremo la fraternità. La serenità? Se l’avremo coltivata qui, nel nostro giardino, anche se il fiore non è spuntato… la pace, la serenità la godremo nel cielo.

L’Avvento è questo: Dio è venuto, viene e verrà. Noi, allora, viviamo nell’attesa del suo ritorno. Capite tutti quale impegno ci viene presentato per la vita di ogni momento: dopo aver celebrato l’Eucaristia, non potremo più andarcene a casa e rimanere inerti, insensibili alla voce di chi soffre, alla voce di chi piange e di chi è afflitto; insensibili a tante sofferenze e dolori. Non possiamo più disinteressarci degli altri; non possiamo più camminare da soli, dobbiamo camminare insieme. I sacerdoti sono pochi… Però i laici sono tanti! Siamo tanti: quanti giovani, quante persone, quanta gente! Tutti battezzati. E’ tutto il popolo di Dio che deve camminare! Ci vuole una comunione nuova, ci vuole uno sforzo per entrare in una comunità d’intenti più forte, una convergenza più univoca. Ci vuole impegno per collegare le fila, perché tante volte noi corriamo, ma non avanziamo. Si può correre, ma non sempre si progredisce: a volte, in una comunità cristiana si possono anche verificare delle spinte isolate in avanti, ma che non danno nessun frutto alla comunità. Ecco allora: su questi punti dobbiamoconfrontarci, sostenerci, aiutarci reciprocamente, e non soltanto in Chiesa ma anche laddove si veicola la vita ecclesiale, cioè nei gruppi, nelle associazioni, negli incontri fraterni, affinché si crei questa coscienza comunitaria nuova che ci spingerà avanti, verso il Regno di Dio che noi Chiesa siamo chiamati ad annunciare con gioia. Questo è il mio augurio, cari fratelli, che tutti noi possiamo essere permeati dalla parola del Signore e andare incontro al destino che Lui ci ha disegnato. Oggi non si attende più. La vera tristezza non è quando ti ritiri a casa la sera e non sei atteso da nessuno, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita. E la solitudine più nera la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più: neppure per un eventuale ospite di passaggio. Oggi abbiamo preso, invece, una direzione tantino barbara: il nostro vissuto ci sta conducendo a non aspettare più, a non avere neppure il fremito di quelle attese che ci riempivano la vita un tempo. Intuiamo tutti che abbiamo una vita prefabbricata, per cui ci lasciamo vivere, invece di vivere. Oggi l’Avvento c’impegna invece a prendere la storia in mano, a mettere le mani sul timone della storia attraverso la preghiera, l’impegno e l’indignazione. Attesa, attesa, ma di che? Che cosa aspettiamo?

Aspettiamo prima di tutto un cambio per noi, per la nostra vita spirituale, interiore.

Buona attesa, dunque. Il Signore ci dia la grazia di essere continuamente all’erta, in attesa di qualcuno che arrivi, che irrompa nelle nostre case e ci dia da portare un lieto annuncio!

don Mauro

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Colletta alimentare 2019

Fare la spesa per i poveri, ecco come partecipare

Di Ilaria Solaini per Avvenire

L'ultimo sabato di novembre torna il tradizionale appuntamento con la solidarietà. Aderiscono moltissimi supermercati in tutta Italia

Quando e come si può partecipare alla giornata nazionale della colletta alimentare?

Sabato 26 novembre 2016 è possibile fare la spesa per chi è povero. Durante questa giornata, in una fitta rete di supermercati su tutto il territorio nazionale, ciascuno può donare parte della propria spesa per rispondere al bisogno di quanti vivono nella povertà.

Che cos'è la giornata nazionale della colletta alimentare?

Ogni ultimo sabato di novembre da 20 anni viene organizzata la giornata nazionale della colletta alimentare. È un evento promosso dalla fondazione Banco alimentare onlus in collaborazione con altre organizzazioni tra cui l'Associazione nazionale alpini e la società San Vincenzo de' Paoli.

Quali sono i supermercati che aderiscono alla giornata nazionale della colletta alimentare?

È possibile online sul sito della Colletta alimentare vedere la lista di circa 13mila supermercati e punti vendita nei quali fare la spesa e donarla a chi ne ha bisogno nella giornata nazionale della colletta alimentare. Nella scorsa edizione sono stati 5,5 milioni i donatori solo nella giornata nazionale della colletta alimentare.

È possibile fare la spesa online e contribuire così alla giornata nazionale della Colletta alimentare?

Per chi sabato lavora o non ha tempo di fare la spesa in uno dei supermercati che aderiscono alla Colletta alimentare, sul sito online è possibile acquistare fare la spesa online collegandosi al sito: https://www.collettaalimentare.it/fai-la-colletta-online e indicando come punto di consegna Fondazione Banco alimentare.

Il cibo viene donato all'estero o a in Paesi del terzo mondo? A chi vanno gli alimenti raccolti?

Gli alimenti raccolti sono destinati ad enti che assistono i bisognosi in italia. Poiché anche nel nostro Paese esiste il problema della povertà alimentare di cui soffrono 4,6 milioni di persone.

Che cos'è il Banco alimentare?

Il Banco alimentare dal 1989 recupera in Italia alimenti ancora integri e non scaduti che sarebbero però destinati alla distruzione, perché non più commercializzabili. Salvati dallo spreco questi alimenti, riacquistano valore e diventano ricchezza per chi ha troppo poco.

La rete Banco alimentare opera ogni giorno in tutt’Italia attraverso 21 organizzazioni del Banco alimentare dislocate su tutto il territorio nazionale, coordinate dalla Fondazione Banco alimentare onlus. Nel 2015 sono state recuperate 78.448 tonnellate di eccedenze alimentari e raccolte 9.711 tonnellate di prodotti alimentari donati, di cui 8.990 tonnellate durante la giornata nazionale della colletta alimentare.

Sono stati recuperati anche 1.125.803 piatti pronti di cibo cotto dalla ristorazione organizzata, mense aziendali e mense scolastiche, oltre a 343 tonnellate di pane e frutta.

Ogni giorno tali alimenti vengono ridistribuiti gratuitamente a circa 8.103 strutture caritative che aiutano circa 1.558.250 poveri in Italia. L'attività di Banco alimentare è possibile grazie al lavoro quotidiano di 1.843 volontari.

Quali tipologie di enti caritativi sostiene il Banco alimentare?

Ogni associazione Banco alimentare locale gestisce autonomamente i rapporti con gli enti della propria regione. Tra gli enti convenzionati ci sono quelli che si occupano di assistenza domiciliare a famiglie povere o ad anziani, le comunità di accoglienza per ragazze madri, bambini, comunità di recupero per tossicodipendenti, comunità alloggio per malati o disabili, le mense per i poveri, i centri di accoglienza per stranieri che hanno la richiesta di protezione umanitaria.

Durante la giornata della Colletta alimentare è possibile effettuare donazioni in denaro?

No, nel giorno della GNCA si raccolgono alimenti ma è possibile sostenere le attività della Fondazione Banco Alimentare Onlus facendo donazioni tramite:

c/c bancario Banca Intesa Sanpaolo IBAN IT31G0306909606100000003513

c/c bancario UniCredit IBAN IT70W0200801619000100943590

c/c bancario UBI Banca IBAN IT85U0311101665000000005382

Conto Corrente Postale n. 28748200 intestato a Fondazione Banco Alimentare Onlus - via legnone 4 20158

Carta di Credito: clicca su https://www.bancoalimentare.it/donaora

Come si fa a ricevere aiuto da Banco alimentare?

Consultando il sito internet di Banco alimentare è possibile sapere dove sono le sedi locali.

È sufficiente telefonare o inviare una mail alla sede dell'associazione Banco alimentare più vicina e richiedere di essere messi in contatto con gli enti caritativi convenzionati più adeguati al bisogno specifico.

Domenica 24 novembre 2019

"MA PERCHÉ STATE COSI' AVVILITI?"

Abbiamo iniziato l’Avvento e la Liturgia, sotto le apparenze del linguaggio catastrofico, ci parla di speranza; ci rende una notizia straordinaria, per la quale forse non riusciamo a scaldarci più perché siamo diventati vecchi, o perché queste parole ce le sentiamo ripetere da secoli e non troviamo più trasalimento.

Che cosa ci dice l’Avvento? Avvento significa “venuta”. La celebrazione di oggi, come quelle di tutto l’avvento, vogliono ricordarci che Gesù è venuto. Voi replicherete: “Ma questo lo sapevamo già; è una notizia antica, non ci dice più niente!”.

Ma come… “non ci dice più niente!”. Gesù è venuto duemila anni fa. Si è fatto uomo come noi: è sceso, ha penetrato gli strati dell’universo ed è arrivato nel cuore della terra.

E’ diventato come noi: sorriso umano, sofferenza umana, linguaggio umano, volto umano… Gesù Cristo ha messo la tenda in mezzo a noi. E’ diventato, dunque, nostro compagno di tenda. Dorme con noi, Gesù Cristo! Ed è nostro compagno di viaggio: cammina con noi, non ci lascia soli! Ed è diventato nostro compagno di tavola, commensale nostro. Questo, dovrebbe veramente riempirci il cuore di felicità, perché sperimentiamo tutti, a partire da me, la solitudine, la sofferenza, l’abbandono, l’incapacità di comunicare con gli altri…

Chi di noi può dire che il sorriso che gli spunta sulle labbra coincide con il sorriso dell’anima?

Quanti orpelli mettiamo ai nostri sentimenti interiori… per cui a volte abbiamo l’anima lacerata e traduciamo tutto con un sorriso fugace che si spegne subito!

Questa è una notizia che ci conforta l’anima: che Dio si è fatto proprio uno di noi, che ha assunto le stesse tenerezze umane, le stesse debolezze, le stesse frantumazioni spirituali, perché Gesù Cristo si è assoggettato tutte le esperienze dell’uomo.

Per questo è di un’incredibile consolazione, quando anch’io mi sento avvilito, mi vedo stanco, sfiduciato, pensare che Gesù Cristo non se ne è andato via da me, non ha abbandonato la mia tenda. E se io vado un poco a scostare i lembi di ingresso, mi accorgo che Lui ci dorme dentro. Come si fa a dire, o anche solo pensare, che “è roba da bambini” ciò che viviamo sulla nostra pelle. Lo sperimento nella mia vita che se mancasse Lui, non saprei trovare più ragione valida per esistere. Ecco, Avvento significa questo; una notizia di gioia: “Gesù Cristo è venuto!” E’ venuto duemila anni fa, è entrato nella storia, si è canalizzato nei meandri della vicenda umana, e adesso cammina con noi: trascina la storia con sé. Ma l’Avvento significa anche un’altra cosa: Gesù Cristo viene anche oggi!

Noi Gesù lo vediamo arrivare attraverso gli avvenimenti, le vicende dolorose e malinconiche, le vicende lieti. Lo vediamo arrivare sul volto dei nostri fratelli, nelle nostre vicende personali, nei mille fatti che attraversano la nostra vita.

Qui sta il problema: aprire gli occhi per percepire la venuta del Signore, che ci porta segni di speranza.

Il Signore viene a dirci: “Ma perché state così avviliti? Perché avete incrociato le braccia? Perché siete così delusi da pensare che ogni sforzo della giustizia non conta più di tanto?”

Questa è la sensibilità di tanta gente d’oggi che si è avvilita, non lotta più, non è capace di alzarsi e camminare: si è spenta. Invece, Gesù Cristo ci dice oggi, nella liturgia, che Lui viene ogni momento, ci parla attraverso la storia; non viene soltanto nell’Eucaristia, quando noi celebriamo la Messa; non viene soltanto nella Parola, quando noi l’ascoltiamo, ma viene anche attraverso le vicende comunitarie e personali che a volte ci esaltano e a volte ci deprimono. E noi dobbiamo aprire le orecchie e metterci all’ascolto del Signore.

L’augurio che vorrei darvi è questo: che noi potessimo acuire la nostra sensibilità per percepire un passo conosciuto, il passo di Colui che arriva, perché il Signore bussa e noi gli apriamo.

don Mauro

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Domenica 17 novembre 2019

"...SI FACCIA FESTA!"

Siamo dunque pronti per la festa? Il cuore è rinnovato dall'amore verso Gesù e i fratelli? Non me ne vorranno i fedeli di Arnate, se oggi mi rivolgo in particolare a quelli di Madonna in Campagna che vivono oggi il loro 71° Palio della Rama di Pomm; ma i contenuti che andrò a proporre sono universali, quindi nessuno si senta escluso.

La Festa che celebriamo non ci deve far dimenticare “Chi vogliamo festeggiare”: Maria la nostra Madre celeste.

Una stupenda preghiera ci fa proclamare queste parole: “in Maria ci hai offerto o Signore uno specchio esemplare del culto a te gradito”.

Sì, Maria è:

Con oggi inizia l’Avvento e il nostro Arcivescovo Mario nella lettera per il tempo di Avvento lo definisce come “tempo di grazia non per preparare la commemorazione di un evento passato, ma per orientare tutta la vita nella direzione della speranza cristiana… Invito ad alimentare la virtù della speranza: ne abbiamo un immenso bisogno, noi, il nostro tempo, le nostre comunità”.

Facciamo diventare questa Lettera e le sue indicazioni oggetto di attenta lettura, riflessione e meditazione. Vivere di conseguenza l’Avvento per orientare tutta la vita nella direzione della speranza.

Auguriamocelo di cuore, ne va del bene della nostra Comunità pastorale.

Buon Avvento, camminando insieme!

don Mauro

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Alda Merini

«PER ME LA VITA È STATA BELLA PERCHÉ L’HO PAGATA CARA»

“La pazza della porta accanto” che intingeva il calamaio nel cielo. A dieci anni dalla morte, ritratto della poetessa milanese. I versi, la malattia, la potenza della vita. E «il primo bacio di Gesù»

di Silvia Guidi  per Tracce 

«Composizione / atroce: la mia mente che / è andata / a pezzi / sul mio parabrezza infinito».

I versi di Alda Merini, scomparsa il primo novembre di dieci anni fa, vengono copiati, postati e condivisi sui social network. La pazza della porta accanto, l’habitué del caffè Chimera, come definiva se stessa, è sempre più conosciuta, sempre più citata, anche nel mondo digitale.
Google le ha dedicato un doodle il giorno del suo 85esimo compleanno: Alda tiene tra le braccia uno dei suoi libri e ha alle spalle un ponte stilizzato, che idealmente richiama quelli dei Navigli di Milano, zona in cui ha abitato per anni. «Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta», dice di se stessa.

Ma la follia, dimensione a cui viene associata, per Alda Merini non è solo una metafora letteraria. È anche un’esperienza concreta, quotidiana, penosa, un pozzo di angoscia da cui risorgere ogni volta più ferita ma più forte, più consapevole del valore del dono ricevuto, la grazia di parole viventi a cui può attingere a piene mani. E far attingere anche gli altri. Si tratta di una vera morte, seguita da autentiche, concrete resurrezioni, una sequenza di guarigioni e ricadute che dalla clinica psichiatrica la riportano nel mondo dei “normali”, e viceversa.

Alda inizia a scrivere molto giovane; non ha ancora sedici anni quando l’amica Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, mostra alcune sue poesie allo scrittore Angelo Romanò, che a sua volta le fa leggere al critico Giacinto Spagnoletti.

Nel 1947 conosce tre figure fondamentali del mondo letterario: Giorgio Manganelli, Luciano Erba, Maria Corti. In questo stesso anno si manifestano i primi segni della malattia mentale. Spagnoletti inserisce alcuni dei suoi versi nella sua Antologia della poesia italiana 1909-1949, pubblicata da Guanda nel 1950. Altri sono inseriti nella raccolta, curata dall’editore Vanni Scheiwiller, Poetesse del Novecento, del 1951. Il suo primo libro è La presenza di Orfeo (Schwarz, 1953), apprezzato da pesi massimi della letteratura italiana come Montale, Pasolini, Quasimodo, cui seguono altre due raccolte di liriche, Paura di Dio e Nozze romane, entrambe del 1955.

Sei anni più tardi appare Tu sei Pietro, l’opera che chiude il primo periodo della sua produzione.

Segue un lungo intervallo di tempo segnato dalla malattia che la porterà a subire lunghi ricoveri nell’Istituto psichiatrico Paolo Pini di Milano. In ospedale ricomincia sporadicamente a scrivere, anche a scopo terapeutico, ma è a partire dal 1979 che prende avvio la nuova produzione. La riflessione sulla terribile esperienza del manicomio genera le liriche che solo nel 1984 verranno pubblicate da Scheiwiller con il titolo La Terra Santa, che otterrà nel 1993 il Premio Librex Montale.

Dio è onnipresente nei versi di Alda, a volte in modo non esplicito, a volte con i connotati inconfondibili del figlio del falegname di Nazaret, sorgente di continue rinascite e rinnovate creazioni.

Scrive in Corpo d’amore: «Mi ha resa giovane e vecchia / a seconda delle stagioni / mi ha fatto fiorire e morire / un’infinità di volte. / Ma io so che mi ama / e ti dirò, anche se tu non credi / che si preannuncia sempre / con una grande frescura in tutte le membra / come se tu ricominciassi a vivere / e vedessi il mondo per la prima volta. / E questa è la fede, e questo è lui / che ti cerca per ogni dove / anche quando tu ti nascondi / per non farti vedere».

Alda, nata il 21 marzo, nelle sue opere è la messaggera di una primavera che assomiglia all’aldilà, a un mondo alieno che ha il compito di mettere meglio a fuoco la profondità dell’aldiquà. 

Non a caso all’inizio della sua lunga e sofferta vicenda editoriale c’è una silloge che ha Orfeo nel titolo: il poeta si lancia nell’abisso per cercare gli dèi fuggiti dal mondo, o almeno per riportarne in superficie le tracce, e la musica. I versi della Merini sono, appunto, una discesa nella notte dell’uomo, ma è una notte illuminata da lampi, popolata di anime e di contrasti, altamente vitale.

Un itinerarium mentis in Deum personalissimo, che può diventare esperienza condivisa solo grazie alla visitazione delle parole, una ricognizione per epifanie, deliri, nenie, canzoni, dello spazio in cui irrompe il naturale inferno e la naturale luce dell’essere umano. Il dolore e la malattia in fondo sono solo il reagente che rende visibili entrambi.

«Ogni poeta vende i suoi guai migliori», diceva la Merini con il suo naturale, abituale understatement: «La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara». In fondo, continua Alda, persino Dante fu «un genio miserabile. Il poeta muore spesso».

Ed è questa la chiave per comprendere, chiosava Manganelli, i modi ingegnosi in cui l’altrove si nasconde sotto l’apparenza dell’ovvio: «Di rado è stata più fermamente sperimentata la qualità empirea della parola impegnata nella ricognizione dell’inferno; la felicità dei testi di Alda Merini non è altro che l’incontro con la perfezione del dolore; la salvezza è il battesimo verbale della disperazione».

Profetessa suo malgrado, perennemente in lotta con il suo compito e la sua vocazione di croce e annuncio, delirio e consapevolezza, Alda Merini parla di se stessa sempre con un sorriso dolceamaro: «Comunemente si pensa che si possa scegliere la vita e il genere di vita che più ci compete, ma è difficile per tutti sottrarsi all’impero della nascita, e a quello più urgente del dolore. E del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita».

Di tutte le vite, anche di quelle meno “riuscite” secondo i parametri della mentalità mainstream, e ha reso sempre più concreto e più serrato, negli anni, il suo dialogo con Dio. A chi le domandava come si scrive, rispondeva: «Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi. Io scrivo sempre intingendo il mio calamaio nel cielo».

Tutta la sua ampia, variegata opera è un diario senza traccia di sentimentalismo, compiacimenti estetizzanti o di facili condanne in cui emergono variazioni sul tema dello “sperdimento”, quel dimenticare se stessi che è effetto collaterale dell’amore, e ha forza trainante delle passioni più elementari. Ma anche la sicurezza di sé e della propria, singolarissima voce in una sorta di innocenza primaria che osserva e trasforma tutto, lacerando l’abitudine, l’indifferenza e la paura del mondo che c’è “fuori”. Senza mai disconoscere la malattia, con il suo carico di pena costante, ma considerandola una prova da attraversare.

Così lontana e così vicina a tutti noi, la poesia della pazza della porta accanto dei Navigli. 

«I pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi», scriveva Carlo Dossi a cavallo fra Otto e Novecento. Nel caso della Merini, è successo davvero. «Due giorni prima che morisse», racconta l’amico di sempre Arnoldo Mosca Mondadori, «mi chiese di riscaldarla con un fon.
Poi si tolse la maschera dell’ossigeno e accese una sigaretta. Allora un amico, Silvio Bordoni, le disse: “Ma signora Merini, non è il caso che lei fumi”.
E lei rispose: “Caro Bordoni, oramai mi rimane questa sigaretta e il primo bacio di Gesù”».

Alda Merini (Milano, 1931-2009) esordisce con il suo primo libro di poesie, La presenza di Orfeo (Schwarz), nel 1953.
Nel 1984 pubblica La Terra Santa (Scheiwiller) che le vale il Premio Librex Montale. Le sue opere sono raccolte nell’antologia Il suono dell’ombra. Poesie e prose (1953-2009), edita da Oscar Mondadori.

Avvisi e Calendario 10 novembre 2019

E DI NUOVO VERRÀ A GIUDICARE I VIVI E I MORTI

Siamo giunti all'ultima Domenica dell’Anno Liturgico, in cui si celebra la Solennità di Cristo Re dell’Universo.
Il Vangelo ci fa assistere all'ultimo atto della storia umana: il giudizio universale. Senza fede nel giudizio finale, tutto il mondo e la storia divengono incomprensibili, scandalosi.
Al visitatore che giunge in Piazza San Pietro, a Roma, il colonnato del Bernini appare, a prima vista, uno spettacolo abbastanza confuso. I quattro ordini di colonne che cingono la piazza si presentano “disparati”.

Ma si sa che c’è un punto, segnato in terra da un cerchio, nel quale bisogna collocarsi. Da quel punto di osservazione il colpo d’occhio cambia completamente. Appare una mirabile armonia; i quattro ordini di colonne si allineano come per incanto, quasi fossero una colonna sola. Miracolo della prospettiva. E’ un simbolo di ciò che avviene in quella piazza più grande che è il mondo. In esso tutto ci appare confuso, assurdo, frutto più di un capriccio del caso che di una provvidenza divina.

Bisogna collocarsi dal punto giusto per non smarrirsi e intravedere un ordine dietro il tutto, e questo punto giusto è il giudizio di Dio.

Come cambiano aspetto le vicende umane, viste da questa angolatura, anche quelle in atto nel mondo d’oggi!
Dio che regna in Cristo, è il giudice che siede sul trono della sua gloria ed esprime il suo giudizio definitivo con un criterio del tutto unico, la carità.

Il Regno di Dio non è dunque un regno dell’altro mondo, bensì la possibilità di vivere qui in terra “cose dell’altro mondo” grazie alla capacità di riconoscere Gesù nei poveri, negli affamati, nei prigionieri… Insomma, chi agisce prendendosi cura degli altri, agisce prendendosi cura di Dio stesso: ecco come si manifesta la presenza totalizzante di Dio nella nostra vita.

Il Regno di Dio, che non sarà mai distrutto, prende forma nella quotidianità più normale ed assume i contorni di un’umanità che si scopre ad agire proprio al modo di Dio; un’umanità frutto della risurrezione di Cristo, primizia dei risorti perché anche quelli sono di Cristo, quelli in cui regna Cristo, possano vivere una vita di risorti nella carità.

Celebrare la Solennità di Cristo Re dell’Universo è rivolgere lo sguardo al futuro pieno di speranza: nonostante tutte le difficoltà e il male che sembra regnare ancora nel mondo, noi affermiamo con fierezza che Cristo è già fin d’ora Re e che la sua sovranità su tutto l’universo apparirà con chiarezza alla fine dei tempi. Questa quindi è la conclusione dell’Anno Liturgico, ma è anche quella che noi crediamo essere la conclusione della storia del mondo, per questo il nostro cuore è pieno di speranza, perché sappiamo con certezza che sarà Cristo a regnare per sempre su di noi e su tutti gli uomini dell’universo intero.

Viviamo la gioia di questo giorno con sentimenti di gratitudine per tutti i doni di grazia che abbiamo ricevuto e apprestiamoci a ricominciare, come il Signore ci dona, un nuovo Anno Liturgico che riparte con Domenica prossima, prima domenica del nostro Avvento Ambrosiano.

Ci dedicheremo in modo speciale alla preghiera liturgica che vivremo con rinnovato impegno partecipando “da protagonisti” alla nostra Festa della “Rama di Pomm”.

 don Mauro

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