Avvisi e Calendario 3 febbraio 2019

E' VITA, E' FUTURO

Si intitola “E’ vita, è futuro” il Messaggio del Consiglio Permanente della CEI per la 41esima Giornata nazionale per la vita, del 3 febbraio 2019. E’ l’amore che muove il mondo. Ne siamo consapevoli: se “non avessi la carità, non sarei nulla” (1 Cor 13,2). La bellezza della vita è nascosta nella fragilità.
Dio ha scelto di consegnarsi al mondo in un piccolo embrione, che contiene tutte le potenzialità della natura umana. Grande miracolo dell’esistenza è quello della fecondità, cioè della maniera in cui l’essere umano entra nell'esistenza. Ognuno di noi è venuto al mondo dal di dentro del corpo di un altro essere umano, nel corpo di una donna: ognuno passa i primi nove mesi della sua vita nel grembo di un’altra persona.

La vita la riceviamo gratuitamente: siamo messi al mondo, e la persona che ci ha portato nel grembo è stata per noi il mondo che si è fatto casa per noi, si è fatto ospitale. All'inizio quella persona adorabile che abbiamo chiamato “mamma” ci ha rivelato come dovrebbe essere fatto il mondo. La madre nostra, insegna fin dall'inizio che la legge suprema dell’esistenza è la misericordia.
E misericordia – secondo il significato biblico – vuol dire grembo che sempre protegge. La madre dice al bambino: tutto ti aspetta, tutto è buono, tutto è per te. Poi il bambino scoprirà che accanto alla madre c’è il “padre”, e imparerà lentamente la legge dell’amore che non si chiude e non si divide mai, ma sempre si apre e si moltiplica. E il padre insegnerà al figlio che l’amore non deve essere consumato in un rapporto a due, ma deve aprirsi continuamente ad accogliere l’altro. E che questa accoglienza ha le sue leggi.

Ogni bambino avrebbe diritto di venire al mondo e di trovare un padre e una madre che gli spiegano e gli mostrano come è fatta l’esistenza.
“Tutto è tuo”, gli dice la madre; “devi rapportarti giustamente con gli altri e col mondo”, gli ricorda il padre. Non crediate che sia facile “danneggiare” i propri figli… essi hanno le loro difese, quando si sentono amati. Io credo che i figli, soprattutto quando sono piccoli possono essere danneggiati da tre mali fondamentali.

Il primo male è indurli a dubitare dell’unità tra il papà e la mamma. Il bambino si sente collocato come su un’amaca tesa tra due tronchi che sono il papà e la mamma; se uno di questi “pilastri portanti” vacilla, egli perde il suo posto nel mondo. Il rapporto del bambino non è solo verso la mamma e/o verso il papà, ma è verso la loro unità. Il bambino è tranquillo fin quando sa che quel rapporto non si spezzerà, ma va in angoscia se teme che uno dei due possa abbandonare l’altro.

Il secondo male: che i genitori facciano sentire il figlio “di troppo”, “in più”… ed è un errore che si può fare in mille modi: con frasi sbagliate, con valutazioni superficiali, con la non curanza o il disinteresse. Per il figlio è distruttivo quel giudizio che lo raggiunge e lo ferisce in fondo al cuore magari espresso con le parole: “se tu non ci fossi stato, sarebbe meglio”.

Il terzo male che può danneggiare i figli è la violenza fisica o morale, in tutte le sue forme e che non può mai essere giustificata.

Evidentemente non dobbiamo parlare soltanto dei mali che è necessario evitare, ma anche di quei beni innumerevoli che l’amore sa produrre; qui, però, si apre un altro immenso capitolo: che cos’è veramente l’amore?

La Famiglia è ricca secondo l’amore che i membri sanno trasmettersi!
Fortunati i figli che nella loro casa hanno respirato amore. Con questo ossigeno nei polmoni potranno – a loro volta – vivere la fecondità della vita e dell’amore!

 don Mauro

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Avvisi e Calendario 27 gennaio 2019

FAMIGLIA... CAMMINA INSIEME

Il mese di Gennaio scorre tra due momenti significativi: la festa del Santo Natale, in cui tradizionalmente le famiglie si ritrovano riunite in simpatiche riunione patriarcali e la festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (ultima domenica del mese). Sentendo la gioia di essere “papà” nello spirito della grande famiglia parrocchiale, mi permetto di dare quattro suggerimenti alle famiglie della Comunità Pastorale.

È famiglia felice quella in cui si prega. Suggerisco questa preghiera, che mi è stata data da una famiglia in cui ci sono due bambini ed è in arrivo un terzo:
La nostra casa, Signore sia salda, perché fondata su di Te, che sei la roccia, luminosa, perché illuminata da Te che sei la luce, serena, perché guardata da Te,
che sei la gioia, silente, perché governata da Te, che sei la pace, ospitale, perché abitata da Te, che sei l’amore.
Nessuno, Signore, venga alla nostra casa senza esservi accolto, nessuno vi pianga senza essere consolato,
nessuno se ne parta senza averti incontrato, nessuno vi ritorni senza ritrovarti nella preghiera nell'amore e nella pace”.

È famiglia felice quella in cui si vuol crescere. I modi sono tantissimi, ma uno che noi stiamo perseguendo come Parrocchie è quello dei “Gruppi Familiari”.
Essi non sono né una, società segreta, né un circolo di “eletti”, né un insieme di salottieri pettegoli. Sono una possibilità di crescere insieme come coppie di sposi, nel confronto con la Parola di Dio e nella fraterna amicizia. Attualmente sono tre… ma non tarpiamo le ali allo Spirito.

È famiglia felice quella in cui si riflette. Da una pubblicazione, dal titolo “Consiglio ai genitori” prendo queste domande che vi consegno:
Quanto tempo sto ad ascoltare mio figlio durante la giornata? Se qualcuno della mia famiglia entra in casa dicendo che ha un problema, io come mi comporto?
Che rapporto ho con i componenti della mia famiglia? Trovo intorno a me qualcuno con cui parlare e confrontarmi? Quante volte ho detto bravo/a a mio/a figlio/a?
Quante ore al mese parlo con mio/a figlio/a? Sono convinto che i miei problemi di adulto siano più importanti di quelli di mio/a figlio/a giovane?
So che cosa sta succedendo a mio/a figlio/a di 14-15 anni oltre alla evidente crescita fisica? Se mio/a figlio/a non mi parla più, cosa faccio?”
Cari Genitori, una sera, quando i vostri figli sono andati a dormire, spegnete il televisore, chiudete il romanzo e mettetevi faccia a faccia a ragionare fra voi, come quando eravate fidanzati.

È famiglia felice quella in cui si fanno dei buoni propositi. Eccoli qui (ma voi Genitori potete farne molti altri):
Conoscere noi stessi; ascoltare e dialogare con i ragazzi; passare qualche ora in più con i figli e qualche ora in meno davanti al televisore; metterci in discussione; imparare a crescere insieme ai nostri figli…

Cari Genitori impegniamoci affinché la Famiglia torni ad essere il luogo dell’amore gratuito.

La gratuità è una dimensione assente da molte espressioni della nostra società, dove conta comperare per vendere, vendere per guadagnare, avere successo, essere dotati, avere apparenza e riconoscimenti. La Famiglia è ancora custode della gratuità se il coniuge è amato come persona e non solo per le doti positive che ha e se il coniuge è accettato nonostante i difetti.
È la gratuità e la fede il fondamento dell’indissolubilità! Accogliamo la vita e diamo ai figli in termini umani ottimismo e in termini cristiani speranza.

 don Mauro

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Avvisi e calendario 20 gennaio 2019

IL DRAMMA DELLA SOLITUDINE

Mi capita di meditare sulla solitudine. Non vorrei essere frainteso, non vorrei che qualcuno pensasse: “il nostro parroco si sente solo e incompreso”. Niente di tutto questo!
Non so che cosa sia la solitudine del prete, perché non l’ho mai provata. La mia vita è fitta di ricordi, di incontri, di fatti che riempiono il cuore. La mia vita è piena di Dio, che non lascia mai soli. La mia vita è caso mai oppressa dai rimorsi perché non riesco ad arrivare a tutto e a tutti! Non soffro la solitudine! Più di una volta anzi mi accade di desiderarla come un bene. Tommaso da Kempis infatti la chiama “O beata solitudo! Oh sola beatitudo” (Beata solitudine… sei la sola beatitudine). Mi pesano addosso le solitudini altrui.

La solitudine degli Anziani. Essi soffrono perché sottovalutati quando non sono più sani, utili, produttivi. In un certo senso i vecchi accolti in case di riposo, sono abbastanza fortunati perché curati, vegliati, aiutati dagli operatori professionali e dai volontari. Il peggio è per quelli che vivono da soli in casa; o in aspettativa di ricovero (date le lunghe liste di attesa) o legati tenacemente ad una situazione non più sostenibile. Qui si apre uno spazio immenso per una Caritas o San Vincenzo parrocchiali che non si limitino a fare riflessione sui problemi o diagnosi su situazioni!

La solitudine degli Adulti. Non entro nel merito del fenomeno della massificazione che vede spesso persone terribilmente sole anche se sommerse dalla “massa” lavoratrice o studentesca, dalla “folla” sportiva o turistica, dalla “gente” che si riversa nei supermercati o alle feste popolari. Penso alle solitudini create dai divorzi: Dio ha creato la stupenda “compagnia” della coppia e l’uomo crea e legalizza l’abbandono, la solitudine nostalgica o rabbiosa.
Non meno soli si sentono certi genitori che vedono uscire i figli di casa non perché fanno una famiglia: lasciano la loro famiglia d’origine (anche se i genitori disapprovano!) senza farne un’altra, giustificandosi che oggi si usa così. Da ciò emerge che dovremmo dare più tempo e più attenzione ad una pastorale familiare che prevenga, se possibile, e aiuti le suaccennate solitudini.

La solitudine dei Bambini. E’ quella che più mi angoscia e mi interpella. Una montagna di sofisticati giocattoli, il televisore o pc acceso da mattina a sera non bastano a riempire la vita di un bambino solo. Senza fratellini, senza cuginetti, senza i nonni vicini, senza la presenza dei genitori se non nelle ore serali, possono essere segnati negativamente per il loro presente e per il loro futuro. Gli psicologi dell’età evolutiva mettono fortemente in guardia dai rischi negativi della solitudine dei bambini, anche se rinchiusi nella gabbia d’oro di un appartamento con tanti segni di benessere economico.

Forse anche noi come Comunità pastorale, dovremmo pensare a qualcosa di più di ciò che già facciamo con gli oratori, coi gruppi scout, con la catechesi organica… Molti genitori che si trovano nella necessità di lavorare ce lo chiedono… Ci arriveremo?

 don Mauro

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Avvisi e calendario 13 gennaio 2019

LA FEDE E' RELAZIONE, NON MAGIA

Per comodo, per cattiva educazione, per mancata catechesi o semplicemente perché la fede è l’ultima preoccupazione della nostra vita, spesso trasformiamo i sacramenti in una magia, come se tutto avvenisse automaticamente nel momento in cui si mette piede in Chiesa.
Tuttavia le cose non stanno affatto così: i sacramenti non sono una magia, ma un atto di relazione. I sacramenti sono un impegno che Dio assume con noi, un momento in cui Dio ci riconosce come figli e in cui a noi è dato di scoprire questo dono, di accoglierlo e di poter sentire una voce che ci dice: “Sì, sei figlio, sei amato!”. Se noi accogliamo il dono dell’amore che lui ci offre e diciamo il nostro “sì” allora veniamo trasformati dai sacramenti; se invece li riceviamo e non vi diamo alcuna continuità, la relazione appassisce e non fa crescere nulla in noi.
Il Vangelo di Luca odierno, (cfr. Lc 3,15-16.21-22) , con questo racconto un po’ paradossale nel quale non viene raccontato il battesimo di Gesù, ma lo si dà per compiuto, ci aiuta a capire che i sacramenti non sono magia. Racconta infatti che: “Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese su di lui lo Spirito Santo… e venne una voce dal cielo: Tu sei mio Figlio, l’amato”. Dunque lo Spirito scende su di lui “mentre stava in preghiera” e lì, durante quella esperienza, Gesù sente la voce che lo chiama “figlio amato”.
Gesù non riceve lo Spirito durante il rito, ma dopo di esso. Non mentre riceve il battesimo, ma mentre si ferma in preghiera dopo aver compiuto questo gesto. Non vi è nulla di magico in quanto accade a Gesù: non c’è la coincidenza tra battesimo e dono dello Spirito. Ma piuttosto vi è un itinerario che inizia con il battesimo, prosegue con la preghiera, cioè la ricerca, l’attesa, l’invocazione, ed ecco il dono dello Spirito. Non è il rito che salva, ma il suo prolungarsi nella vita nell'impegno per interiorizzarlo e farlo proprio.
Registrando i battesimi su un libro dell’archivio parrocchiale, noi li riduciamo a un atto giuridico, a un’iscrizione canonica, dimenticandoci che non abbiamo automaticamente il dono dello Spirito e che possiamo continuare a vivere una vita di orfani o da schiavi benché battezzati. Finché non riscopriamo che essi sono gesti di Dio che attendono i gesti dell’uomo, noi abbruttiamo i sacramenti rendendoli impersonali, convenzionali. E quanta ambiguità abbiamo noi verso Dio!
Noi vogliamo essere figli amati e stimati. Ma poi siamo sopraffatti da un altro desiderio, che confligge con questo: vogliamo essere lasciati in pace. Anche da Dio! Vorremmo essere amati senza che questo ci impegnasse, senza che questo significasse da parte nostra una passione, una lotta, un atto di coraggio. Vogliamo una fede rassicurante, non appassionante! Ma se accettiamo di essere amati le cose non staranno più come prima: accettare una relazione cambia la vita, fa assumere responsabilità, aumenta il dolore.
Ecco perché è più facile vivere i sacramenti come atti magici o come riti amministrativi piuttosto che gesti di relazione. Perché vogliamo saperci figli di Dio senza avere l’onere di esserlo davvero.

don Mauro

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Avvisi e Calendario 7 gennaio 2019

EPIFANIA DEL SIGNORE

La festa dell’Epifania con la visita dei Re Magi al Bambino Gesù ci ricorda la dimensione universale del Natale di Cristo che è Signore di tutti gli uomini ed è venuto per “attrarre tutti a sé”. La ricerca di Cristo non è assolutamente agevole, ma appassiona. Va percorsa in compagnia, mai da soli. Con la Chiesa e nella Chiesa. Non per nulla Matteo parla di “alcuni Magi”. È una ricerca non facile perché ti scomoda, ti mette su strade polverose, impervie di pericoli, dove il sole picchia e il freddo notturno ti limano il carattere e la volontà. È una strada che, iniziato a percorrerla, ti affatica, ma non è possibile interromperla senza una delusione e una frustrazione amara. Va percorsa nella carità esplicita: ricordiamo tutti il cammino del quarto magio, che, seguendo il cuore, si era attardato troppo a lungo sulla strada per aiutare i poveri, consolare i bisognosi, portare soccorso…

Al suo arrivo Cristo era già in cammino verso l’Egitto. Eppure nel cuore portava la risposta: Cristo non era solo là a Betlemme, ma nei volti dei suoi mille incontri. I Magi prima ancora di incontrarsi faccia a faccia con Gesù sono invasi dalla gioia.

A Gerusalemme i responsabili si spaventano, sono terrorizzati dall’annuncio-ricerca, ma i Magi, vedendo i segni di Dio, provano l’unico sentimento di pienezza, una gioia, un’allegria che mette le ali al loro cammino. Accogliere i segni è lasciarci sorprendere da Dio, è aprirci alla gioia più squisita, è battere nel tempo la fatica, gli scoraggiamenti, l’incertezza, la paura… di non giungere alla meta. Cristo ti dà il surplus di doni e di forza, ti precede illuminando l’intelligenza per riconoscerlo, accoglierlo, assimilarlo alla tua vita. O meglio, lasciare a Lui di assimilarti a sé perché questa è la vera pienezza, la gioia sperimentata dai Magi, da Maria, da Elisabetta… dagli Apostoli dopo la Risurrezione.

È la gioia che il cristianesimo non può far venire meno all’umanità senza impoverirla, defraudarla. Cristo manifestandosi (Epifania), si dona! Ecco la gioia, una gioia che deve essere immediatamente alimentata nel dono ai fratelli: “Fecero ritorno al loro paese”. Tornare alla vita quotidiana senza portare con noi i risultati dell’incontro con Cristo è vivere nella notte. Tutto di questa festa parla di luce, di fulgore: è un grande inno alla luce a Cristo-luce.

Lasciamoci abbronzare da Lui, prendiamo luce dalla sua luce per donarla, diffonderla nei cuori. Vedere Gesù è essere raggianti!

Lo sono i Magi, lo dobbiamo essere noi dopo ogni incontro con Lui: che esso sia l’Eucaristia, la Parola, l’Amore o la Preghiera. Raggianti, esplosivi di gioia! Sono i doni che palpitano nel nostro cuore aderendo a Cristo, che prendono corpo quando la nostra vita diventa epifania, manifestazione di Lui e della potenza del suo amore.

 don Mauro

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Avvisi e Calendario 23 dicembre 2018

BUON NATALE!

Il Figlio di Dio Onnipotente ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Il Natale è mani pulite, cuore in ordine, condotta onesta. Natale è un nuovo stile di vita, una condotta più sobria, un maggior rispetto per i poveri. Natale è una grande occasione di grazia che viene riversata su di noi, per cominciare ad essere cristiani sul serio e vivere con “sobrietà e giustizia”.
Natale non cancella gli scandali, ma può convertire i cuori, indicando quelle che sono le vie giuste da percorrere.
Che Natale sarebbe il nostro se dopo aver acceso tante luci, illuminati alberi e presepi, il nostro cuore rimanesse al buio? Se continuassimo a scegliere le opere delle tenebre e non quelle della luce? Perché non creare un appuntamento con noi stessi: uno spazio per riflettere, un tempo per isolarci nel silenzio del nostro intimo?
Il nostro mondo non può vivere e sperare senza la luce di Betlemme. Che la gioia del Natale illumini i vostri cuori.

don Mauro

Gesù nasce in una stalla, perché non c’è posto per Lui nell’albergo (cfr Lc. 2,7): è rifiutato. Chi è povero, invece, accoglie Gesù e subito avverte una luce interiore che gli dona pace e gioia.
L’AMORE si è reso visibile, si è fatto uomo, perché l’uomo, amando si realizzi pienamente come immagine di DIO – AMORE. Auguri a tutti!!!
La “grazia “ del Santo Natale riempia i nostri cuori… vi accompagno con la preghiera.

don Marco

Natale è la Festa dell’incontro fra Dio e noi suo popolo, un movimento che ci spinge ad andare verso gli altri per una condivisione fraterna. Possa il Bambino Gesù aiutarci a costruire una Comunità di vera condivisione. Sereno Natale a tutti.

don Casimiro

Il mio augurio per ciascuno è che sappiamo accogliere e custodire ancora una volta Gesù nella nostra vita e attraverso le nostre parole, gesti e sguardi ognuno si senta contagiato da questo grande dono soprattutto i piccoli e gli esclusi!

Sr Ivana

“Il Bambino Gesù viene in silenzio, senza far rumore, senza imporsi, con la semplicità disarmata dei bambini; viene in mezzo a noi per portarci lo splendore del volto di Dio” (C. M. Martini)
Con affetto grande auguro un Santo Natale ricco di luce, di gioia e di speranza!

Sr Savina

“Il Natale di quest'anno ci farà trovare Gesù e,con Lui, il bandolo della nostra esistenza redenta: la festa di vivere, il gusto dell'essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell'impegno.Lui solo può resistere al nostro cuore e donarci ogni cosa." (don Tonino Bello)

Augurissimi a tutti!

Sr Tina

Vi auguro di avere occhi per vedere Gesù, bambino indifeso, in una mangiatoia Lui, il Salvatore. Vi auguro di vedere in quel Bambino gli occhi di Dio, il Suo sguardo.
Di sentirvi "guardati" da Lui. E non è poca cosa essere guardati.
Questo il mio augurio perché passiate un Natale felice con Lui.

Sr Lucia

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Avvisi e calendario 16 dicembre 2018

LA VISITA NATALIZIA

E’ un atto di obbedienza ad un comando datoci dal Signore: Andate in tutto il mondo e portate la buona notizia”. L’azione pastorale dei preti in gran parte è una “convocazione”: vi convochiamo per le riunioni, per i gesti di culto… e voi fedeli venite. A Natale invece svolgiamo un gesto di “visitazione”: siamo noi, ormai da qualche anno aiutati da coppie di laici, che veniamo a farvi visita e a darvi una bella notizia: “E’ nato un Bambino che riempie tutti i cuori di speranza!”.

Ci spiace di non poter venire nelle ore serali, quando siete tutti a casa. Veniamo nel tardo pomeriggio; in Maggio faremo un’altra “visitazione” nei cortili e caseggiati nelle ore serali e sarà molto bello vivere un momento di fraternità e di preghiera mariana.

Per la benedizione delle Scuole, i tempi sono cambiati. Non basta che il parroco e il direttore didattico si scambino una telefonata per mettersi d’ accordo… Si devono rispettare le norme di legge: tocca agli studenti grandi e ai genitori degli alunni più piccoli fare richiesta attraverso il Consiglio di Istituto o di Circolo. La Parrocchia è disponibile a portare la benedizione (o a compiere altro gesto religioso equivalente) ma può entrare nella Scuola solo se invitata da Studenti e dai Genitori con tutti i crismi della legalità. Qui si vede se i cristiani sono attivi e convinti oppure sonnolenti e latitanti!

Analogo è il discorso dei luoghi di lavoro: fabbriche, uffici, banche, si è disponibili ad andare se si è chiamati.

Per quanto riguarda i negozi, occorre distinguere due categorie di persone: chi lavora nel negozio (proprietario o dipendente) e chi passa per caso, per un acquisto prenatalizio. Mentre i titolari e i dipendenti che vivono e lavorano abitualmente in quell’ambiente di solito gradiscono la benedizione, gli altri avventori occasionali trovano una benedizione a sorpresa, la prendono in modo distratto, possono sentirsi a disagio. Per questo motivo non organizziamo una benedizione specifica dei negozi, benedicendo un caseggiato, benediciamo le famiglie che vi abitano e i negozianti che vi lavorano previa e discreta domanda.

Per noi sacerdoti (giovani e meno giovani), e da qualche anno anche per i visitatori che ci aiutano, è una fatica non indifferente, ma percorriamo i gradini quotidiani con gioia: nella speranza che si arrivi al Natale tutti un po’ più buoni.

 don Mauro

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Avvisi e calendario 9 dicembre 2018

LA LOTTA TRA FIDUCIA E SFIDUCIA

Che significa “Immacolata Concezione?”.
La grande intuizione di questa solennità è dircelo con un linguaggio semplice, con due racconti che conosciamo bene separatamente (Genesi 3,9-15.20 e Luca 1, 26-38), ma che risultano in tutta la loro forza proprio se messi a confronto tra loro. Sono due storie opposte: quella della sfiducia che condanna alla solitudine, alla rottura dei legami; e quella della fiducia, che costruisce legami e – nel caso di Maria – un ponte così grande da legare insieme Dio e l’uomo.

La prima lettura è un racconto molto attuale: ogni volta che commettiamo il peccato, riviviamo questa storia. E’ un inganno del diavolo. Meglio, è una parola presente da sempre nel nostro cuore, che il diavolo con le sue domande porta in luce e rafforza. E, quando succede, niente è più come prima: ha vinto la sfiducia, non si è più capaci di vivere il legame e ci si deve nascondere.
Il brano inizia con una domanda che esprime la voglia e il desiderio di Dio di incontrare l’uomo: “Dove sei?” Per Adamo, purtroppo, questa domanda è ormai letta in modo minaccioso, e il peccato si trasforma in paura dell’altro. La rottura con Dio diventa rottura con Eva, su cui cade l’accusa di Adamo per il peccato commesso. Non solo: l’accusa di tradimento in fondo è proprio per Dio! “Questa donna, che tu mi hai messo accanto”… Come a dire che la scelta di Dio è stata una trappola per l’uomo. Così Adamo non capisce più Dio e deve andarsene dal giardino.
Pensiamo a quante volte le storie quotidiane di tradimento si consumano in piccole ripicche, dove si rinfacciano all'altro colpe immaginarie. In questo clima, anche le discussioni appaiono spesso confuse e giocate su problemi secondari che non trovano mai una soluzione soddisfacente: si rimane ben lontani dal cuore del problema, che è la lotta tra fiducia e sfiducia.

A fronte di questa storia, il racconto del Vangelo emerge in tutta la sua novità. Maria è senza peccato originale perché è in grado di esprimere una fiducia per noi impensabile. Chi non avrebbe paura davanti a una persona e a un annuncio sfolgoranti? Chi non chiederebbe assicurazioni concrete? Maria fa esattamente così. Il Vangelo racconta che all'inizio è spaventata, si chiede che senso abbia tutto ciò, come sia possibile… La differenza non sta in queste reazioni, che sono segno di un’umanità sveglia e consapevole della portata dei problemi. La differenza sta nella risposta finale: in Lei vince la fiducia. “Sì, sono molto grata di essere la serva del Signore e desidero si compia questa parola!”.
Una risposta grata e fiduciosa, davanti ad un futuro fatto di incognite. In Maria la storia di Dio con l’uomo riannoda il suo filo; c’è qualcuno che è disponibile a fidarsi del tutto.
Quand'è così, la Parola di Dio può piantare la sua tenda tra noi.

 don Mauro

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Avvisi e calendario 2 dicembre 2018

VIGILIAMO, PREGANDO!

In Avvento, oggi iniziamo la terza settimana di questo tempo propizio, Gesù ci chiede di “stare attenti”, di prendere coscienza di noi stessi, di vigilare: in altre parole di vivere da svegli. L’atteggiamento è quello delle sentinelle, che stanno in piedi scrutando l’orizzonte.
Questo appello del Signore ci pone una domanda:
in questo momento della vita mi sento sveglio o addormentato?
C’è un’attesa che mi tiene attento o sono appesantito, schiacciato sull'oggi?
Vivo il mio tempo lasciandolo passare, senza pensare? Ecco la domanda di fondo dell’Avvento!

Il Vangelo di Luca (cfr. Lc. 21, 25-28.34-36) è ancora più concreto: parla di ciò che appesantisce la nostra vita e di quanto ci aiuta a vivere da svegli. Tre cose si appoggiano come un peso opprimente sul cuore soffocandoci: dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita.

Sono tre modi per dire che noi ci appesantiamo quando non siamo più capaci di lasciare uno spazio vuoto, quando viviamo il bisogno ossessivo di riempire; oppure quando ci stordiamo, come da ubriachi, dove uno pensa di stare meglio perché perde lucidità; infine quando la nostra testa è completamente occupata dalle piccole cose do tutti i giorni e l’orizzonte si restringe sempre più.

L’alternativa è la preghiera: “Vigilate pregando!”. Perché la preghiera?

Qui non si tratta di “dire preghiere”, vi è qualcosa di più profondo. La preghiera è pensare alla direzione della propria vita, lasciare uno spazio in cui ognuno può fare unità con sé, davanti al Signore. La preghiera, se fatta con verità, diviene luogo per la presenza intima di Dio, il quale parla nel nostro cuore e ci chiama.
Questa preghiera dà forza, permette di avere la testa alta per guardare più avanti, di coltivare speranza e senso. E si oppone a tutto ciò che invece ci schiaccia sulle cose di oggi, facendoci addormentare. E’ grazie alla preghiera che noi possiamo vivere gli stravolgimenti della vita e del mondo senza morire di paura.
Chiediamo al Signore di vivere questo tempo propizio da “svegli”, facendogli spazio e non lasciandoci appesantire il cuore.

 don Mauro

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Proposta Caritativa Avvento 2018

Per Natale con il nostro contributo raggiungiamo i bambini che necessitano del nostro aiuto.
Sii Generoso e farai sorridere qualche bambino in più

VENEZUELA

Avvisi e Calendario 25 novembre 2018

"ALZATEVI… VIGILATE”: La responsabilità della vita e della storia

Non molto tempo fa’, un autore dedicava un testo all’attesa ed alla speranza presentandole come strutture portanti della condizione umana; rimandano a quel tempo interiore che non è scandito dall’orologio ma dalle emozioni e dagli stati d’animo e che conosce pure la condizione dolorosa del fallimento, delle illusioni, delle delusioni e delle speranze infrante.
In questa complessa realtà antropologica irrompe il tempo dell’Avvento, cioè l’attesa del futuro che solo Dio può dare.
“Portatori di speranza”, questo futuro non scaturisce dalle nostre forze, ma dall’amore che Dio ha per l’umanità. Ci capita – e non senza ragioni – di pensare al nostro tempo come tempo di violenza, di ingiuste e profonde disuguaglianze sociali, di adattamento della verità e della giustizia agli interessi dei potenti.
In una simile prospettiva non è difficile accettare che la speranza ci venga incontro da fuori; la speranza di cui parla l’Avvento non è a misura delle nostre forze: al contrario, siamo noi a doverci misurare con questa speranza. No è la nostra vita, non è questa storia che ci dà motivi per sperare ma è il dono divino della speranza che ci offre ragioni per vivere.

In un mondo raccolto sulle realtà materiali come il nostro, molti di noi hanno perso la gioia di vivere e l’hanno sostituita con l’ansia, la preoccupazione e il timore.
L’Avvento ci obbliga a misurarci con un futuro diverso e ci chiede il coraggio di ricominciare la costruzione. Possiamo allora fermare l’attenzione sul Vangelo di Luca (21, 25-28 e 34-36) che raccoglie questo futuro attorno a quel “Figlio dell’uomo che verrà su una nube, con potenza e gloria grande”; questa piena manifestazione del regno di Dio coincide con la gloria del Risorto. Da qui i moniti dell’Evangelista Luca: “alzatevi e levate il capo”; “state bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano”; “vegliate e pregate in ogni momento” (vv. 28.34.36).
L’attesa diventa vigilanza per non essere sorpresi impreparati e la speranza diventa preghiera per ridare continuamente coraggio al cammino personale e della comunità; solo così saremo pronti a levare il capo e ad accogliere il ritorno di Cristo.
Tempo di attesa, il tempo della Chiesa è tempo di testimonianza di quella fede che va oltre i nostri sguardi e i nostri progetti; la fede sposta il baricentro della nostra vita su Cristo e ci insegna a vivere in Lui e con Lui.
La vita cristiana si delinea così come una vita di impegno nella testimonianza di un amore grande del quale noi portiamo la responsabilità. E’ l’invito ad essere pronti ad accogliere Dio, a seguirne i suggerimenti, a vivere come suoi discepoli. “Il regno dei cieli è vicino”, direbbe Gesù; “alzatevi e levate il capo”.

Là dove i rapporti con gli altri sono autentici e costruttivi, là i discepoli diventano profezia di un mondo nuovo e l’attesa diventa inizio, diventa germoglio di futuro.

don Mauro

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Avvisi e calendario 18 novembre 2018

PREPARATE LA VENUTA DEL SIGNORE!

Inizia un nuovo anno liturgico!
E si apre indicando ai credenti un orizzonte di speranza. Essa ha le sue radici nella memoria di quanto il Signore ha già compiuto per l’umanità. Anche oggi, più che mai, l’umanità sperimenta un profondo bisogno di speranza, ma questo stesso anelito ci rende consapevoli che non si può restare chiusi in particolarismi e in intrecci egoistici. In questo Avvento la speranza cristiana trova uno spazio per annunciare che il destino dell’uomo è proprio quello di “essere fraternità”, un tessuto di relazioni pacifiche e buone. I motivi della memoria e della speranza possono così caratterizzare l’orientamento cristiano per il nuovo Anno della Chiesa e diventare un vero antidoto contro la tentazione della disperazione e della ricerca di surrogati al desiderio di senso, surrogati mai appagati. Preparare la venuta del Signore! Sembra un’impresa che va al di là delle nostre forze. Da dove cominciare?

Ancora una volta il Vangelo non ci chiede di diventare degli eroi ma di iniziare a cambiare le piccole cose, partendo dal nostro stile di vita. Come per Giovanni Battista per il quale non era importante affermare se stesso, ma Gesù; così deve esserlo anche pere noi. Prepariamo la venuta di Gesù nella nostra famiglia, nella nostra classe, nel posto di lavoro, nel nostro gruppo di amici. Dio ha “per tutti” una buona notizia e per questo ci regala i Vangeli, che non sono una raccolta di obblighi e divieti, ma una strada” per la nostra libertà e la nostra povertà. Ha però bisogno di persone che parlino agli altri di Lui, della sua bontà e della sua misericordia senza limiti.

La grandezza di Gesù sta nel non “tagliarci fuori” dalla sua opera di redenzione. Noi gli serviamo e decide di coinvolgerci nella sua missione non tanto per i nostri meriti, quanto per la fiducia che ripone in noi. Quando una persona ha fatto l’esperienza di avere incontrato Dio, si accorge che non può più tenere per sé una gioia così grande e sente il bisogno e la necessità di indicare agli altri la via per raggiungerlo. In questo Avvento dobbiamo cercare di aprire “strade” nei deserti di oggi: magari luoghi affollati da voci e da luci, nei quali sta a noi indicare la parola vera e la luce che illumina gli uomini. Il pessimismo della cronaca nera e la sfiducia che l’uomo ripone nei suoi simili possono, a poco a poco, penetrare nel nostro vissuto quotidiano ed iniziare a farci vedere la realtà con gli occhi pessimisti.

Prepararsi al Natale significa accogliere la buona notizia, il Vangelo, che è lo stesso Gesù! Accogliere il male o accogliere la vita ecco il bivio che più di una volta ci troviamo davanti nella nostra quotidianità. Scegliere il Signore significa non rinunciare a vivere ponendo fiducia e speranza nelle persone che ci stanno accanto. Dio non si stanca di venire al mondo, decide di prendere dimora in un mondo dove regna il peccato, di farsi vicino a ogni uomo perché sia, attraverso il suo amore, capace di cambiare in meglio.

Il Bambino” a cui stiamo andando incontro ci insegna che Dio si fa presente nell’esistenza umana senza fare violenza alla nostra libertà; a ciascuno di noi resta la lieta notizia: accogliendolo faremo felice la nostra vita.

don Mauro

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