Moduli anno pastorale 2019-2020

Qui di seguito i moduli per le varie attività
che vi invitiamo a SCARICARE, STAMPARE e riportare COMPILATI
nelle Segreterie degli Oratori entro il 17 ottobre 2019.

DA CONSEGNARE IN ENTRAMBE LE SEGRETERIE

Modulo Catechismo Iniziazione Cristiana 

 

DA CONSEGNARE SOLO IN SEGRETERIA MIC

Modulo Gruppo Preadolescenti, Adolescenti e 18/19enni

Modulo ritiro bambini Scuola – Oratorio che inizierà a partire da Lunedì 16 settembre 2019

Modulo Doposcuola Elementari

Avvisi e Calendario 8 settembre 2019

LA VITA FRATERNA

Il prologo con cui l’apostolo Giovanni apre la sua prima lettera (1Gv 1,1-4) ci offre l’occasione per parlare delle dinamiche del mistero della Chiesa. Esso scandisce in tre momenti il sorgere della Chiesa come comunione fraterna. Il primo momento fa attingere alla sorgente. “Quello che era da principio, quello che abbiamo udito, quello che noi abbiamo veduto coi nostri occhi, quello che noi abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato…” (v.1).

Giovanni descrive l’incontro co Cristo attraverso il ventaglio dei sensi spirituali: abbiamo visto, contemplato, ascoltato, toccato con mano il mistero di Dio che si rende presente nella carne di Gesù e che ci fa suoi discepoli. Che cosa hanno visto, ascoltato, contemplato, toccato gli apostoli? Che cosa annunciano? Che cos’hanno contemplato sin qui?

Un uomo, una persona che parla le nostre parole, che condivide i nostri sentimenti, che si avvicina a noi, che fascia le nostre ferite, che guarisce il nostro cuore, che mangia con i peccatori. Abbiamo trovato – dice Giovanni – la Parola della vita. Si potrebbe tradurre in due modi: la Parola che è la vita e che la vita, o forse “che dà la vita perché è la vita”.

Questo è il primo movimento della fraternità cristiana. Il fondamento della Chiesa non può essere che l’esperienza viva di Gesù di Nazaret.

La fraternità ecclesiale deve riconoscere il “fondamento” del nostro essere insieme, il centro vivo e pulsante dell’esperienza ecclesiale, che è un’esperienza ricevuta, di cui noi non siamo titolari, ma di cui siamo tutti discepoli. Ecco, allora, la caratteristica fondamentale della Chiesa. La Chiesa c’è per dire e comunicare il Signore, bisogna sperimentare che si è nella Chiesa soprattutto per Lui e perché c’è Lui. Questa è la ragione radicale per cui noi possiamo essere comunione fraterna, la Chiesa del Signore.

Il secondo momento del ritmo della Chiesa descrive il sorgere della fraternità: “Quello che abbiamo visto e udito…” - il testo riprende il filo sospeso alla prima fase – “Noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (v.3). Annuncia Gesù in un’esperienza, ma l’esperienza non è chiusa su di sé, rimanda oltre, perché chi ascolta l’apostolo incontri il Signore. E dice: è passato in mezzo a noi, è morto e risorto, lo annunciamo anche a voi, perché voi siate in comunione con noi.

La Chiesa nasce così, è generata come una comunione attorno all'annuncio dell’apostolo e della comunità apostolica. Noi siamo Chiesa perché realizziamo ogni giorno la comunione attorno all'annuncio apostolico. La Chiesa deve preservare l’armonia tra annuncio, celebrazione e carità, perché ciò che rimane, ciò che deve essere edificato è il credente che vive la sua esistenza come “culto spirituale, sacrificio gradito a Dio”.

Il terzo momento del sorgere della Chiesa è introdotto da un’espressione inattesa: “La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (v.4). La “nostra comunione”, quella che realizziamo nelle nostre comunità, quella che viviamo nella parrocchia, non è un vago segno, non è un rimando incerto alla comunione co Dio, ma è la comunione con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. Non c’è altra strada per incontrate il Padre e il Figlio, il volto cristiano di Dio, che attraverso questa “nostra” comunione. Per questo, forse, oggi si fa così fatica ad incontrare Dio! Non c’è altra via per incontrare il Dio cristiano, se non attraverso la comunione visibile fraterna.

 don Mauro

SCARICA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

201900908_AvvisiNew

Avvisi e Calendario 1 settembre 2019

RIPRENDERE, RICOMINCIARE, RIAVVIARE...

Verrebbe spontaneo domandarsi: che cosa dobbiamo riprendere? Cosa ricominciare? Cosa riavviare? Mi sentirei di rispondere con queste parole, che diventano un programma: l’incessante ricerca.

La prima domanda, che si legge nella Scrittura, è una domanda rivolta da Dio all’uomo: “Adamo dove sei?” (Gn 3,9). Dio cerca l’uomo e tocca all’uomo mostrarsi, rispondendo: eccomi, sono qui. Ma poi nella Scrittura si legge spesso anche la domanda dell’uomo a Dio: “Signore, dove sei?”. Anche Dio risponde: “Eccomi”. La ricerca è dunque duplice: Dio cerca l’uomo e l’uomo cerca Dio.

E’ una ricerca incessante in ambedue le direzioni. Dio non cessa di mostrarsi all’uomo e continuamente ripete: sono qui. E’ questo il nome rivelato da Dio a Mosè. Ed è ancora questo il nome del Figlio di Dio fatto uomo: Emmanuele, Dio con noi. Ed è ancora il nome del Signore risorto, come si legge nel Vangelo di Marco: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Il nome di Dio è sempre: io sono con voi.

La ricerca di Dio è incessante, proprio perché Dio è vicino, tanto che il vero problema non è dove trovarlo, ma come riconoscerlo. Che questo sia vero ce lo dice l’episodio dei due discepoli di Emmaus.

I due discepoli incontrano Gesù che si unisce al loro cammino, ma non lo riconoscono. Non perché Egli ha assunto un volto sconosciuto per apparire in incognito, ma perché “i loro occhi non avevano la forza di riconoscerlo” (Lc 24,16). Non tocca a Gesù cambiare il volto, bensì ai discepolo cambiare lo sguardo. Quella dei due discepoli è un’incapacità profonda, che investe la mente e il cuore, una vera impossibilità, come suggerisce il verbo usato da Luca. Occorre un modo nuovo di guardare ciò che già prima si è visto.

La ricerca dell’uomo da parte di Dio è sempre incessante, ed è per questo che è vera. Ma anche la ricerca di Dio da parte dell’uomo deve essere incessante se vuole essere vera, guardando sempre in avanti.

Questa capacità di guardare in avanti, di gustare la novità, di andare altrove per vedere come Cristo si rivela anche altrove, è ciò che rende gli occhi capaci di riconoscerlo. Chi si chiude, diventa fatalmente cieco.

E illudendosi di portare il Signore, porta in realtà se stesso.

Abbiamo bisogno di un cambiamento di mentalità sia nei presbiteri che nei laici. Se non si passa dal considerare i fedeli laici da semplici collaboratori del clero a corresponsabili dell’essere e dell’agire della Chiesa, la sinodalità è frenata. La sinodalità è a servizio della missione ed è anche primo “segno” della missione. Una Chiesa sinodale è una “luce posta sul moggio” in un mondo, in cui l’egoismo, la frammentazione, l’individualismo, l’indifferenza, i particolarismi rendono difficile, se non soffocano, la condivisione, la solidarietà. E’ compito dei discepoli di Gesù manifestare che camminare insieme è possibile!

La missione non è proselitismo, è testimoniare e annunciare che l’uomo è stato liberato dal Cristo crocifisso e risorto dal male e dalla morte. Il “Vangelo dell’amore”, condiviso, annunciato e celebrato, che impregna di vera sapienza tutto il pensiero e l’agire, apre all’ “amore sociale”, al senso della vita e alla gioia.

Dobbiamo testimoniare che essere cristiani è bello, non è tristezza, noia.

Non “vivacchiare”, ma dobbiamo vivere!

 

don Mauro

 

SCARICA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

 

201900901_AvvisiNew

Avvise e Calendario 30 giugno 2019

VIVERE BENE LE VACANZE

Alla soglia delle vacanze, per buona parte dei nostri ragazzi sono iniziate il 10 giugno, terminata la scuola, mi voglio ripetere, non perché in questa stagione il cervello è già troppo spremuto oltre non dà più niente, ma perché, come dice l’adagio latino: “Repetita juvant!”.

Vorrei che la vacanza dei miei parrocchiani fosse non soltanto un riposo fisico e un’occasione per immagazzinare sole di mare nelle ossa, bensì anche un momento per mettere l’anima al sole, come insinuano questi pochi versi di R. Tagore: “Ora è tempo di sedere  tranquilli a faccia a faccia con Te e di cantare la consacrazione della mia vita in questa calma straripante e silenziosa”.

Per tutti sussiste la possibilità di trovare momenti di pace e di silenzio, lontani dal rumore delle Città e dalla febbrilità. Dobbiamo privilegiare qualche visita a Santuari della Madonna. In Italia ce ne sono millecinquecento. Ce ne sono alcuni bellissimi nel Mondo: il Papa nell’Enciclica “Redemptoris Mater” elenca i più famosi: Lourdes, Fatima, Guadalupe, Czestochowa.
Forse però i più belli sono quelli piccoli, sperduti, isolati, silenziosi, o quelle cappellette di montagna che hanno poco di artistico ma molto di “mistico”, per cui uno finalmente può avere un appuntamento con se stesso!

Non esito a richiamare anche l’importanza degli Esercizi Spirituali. Essi sono un lavoro dello Spirito per questo si chiamano “esercizi”. Li ha inventati Gesù con i quaranta giorni nel deserto prima di iniziare la sua missione. Li ha valorizzati S. Ignazio che proponeva riflessioni sui temi più importanti della vita cristiana, nel corso di quattro settimane. Spesso, per chi può, sono vissuti in qualche giorno di silenzio e riflessione in un monastero o, a grandi gruppi, in qualche località idonea.

I sacerdoti e le suore sono impegnati ogni anno ad una settimana di ritiro in senso stretto.

Ma non mancano anche laici impegnati nell’Azione Cattolica, in Comunione e Liberazione, nei Focolarini, nell’Opus Dei, o in altri gruppi seri, i quali periodicamente almeno ogni grappolo di anni si dedicano agli Esercizi Spirituali.

In un discorso agli Oblati di Rho, specializzati nella predicazione l’allora Arcivescovo Martini (1988), indicava la valenza naturale degli Esercizi Spirituali: “Gli esercizi intendono sottolineare la soggettività spirituale, il risveglio della coscienza operante del cristiano, l’imparare a fare da sé. Oggi assume un’importanza capitale la capacità di giungere a una certa autonomia spirituale, il passare dallo stato di dipendenza all’autonomia, che è poi la “maturità” del cristiano adulto, la capacità del laico di assumere decisioni e responsabilità nell’ambito morale, sociale, culturale, politico”.

Che bello ritrovarsi a Settembre rifioriti fisicamente ma anche un po’ restaurati “dentro!”

Spero allora che la vacanze siano un’opportunità nuova e positiva soprattutto per le Famiglie.

Il tempo di vacanza, per una famiglia, è davvero una ricarica delle batterie; è anzitutto la possibilità di trovare momenti di dialogo, per l’ascolto reciproco, ma soprattutto per stare insieme e condividere una quotidianità che, durante l’anno, sembra sfuggire.

Allora, non mi resta che augurare a tutti: Buona vacanza!

 Don Mauro

 

STAMPA E SCARICA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

 

20190630_Avvisi

Avvisi e Calendario 23 giugno 2019

EUCARESTIA PRESENZA "REALE" DEL SUO AMORE

Il mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore è, tempo privilegiato per contemplarne il mistero e approfondirne il significato.
Gesù ci offre il suo cuore e ci chiede in cambio il nostro, invitandoci ad un rapporto di reciprocità e di amicizia.

Il cristianesimo è la religione dell’amore, come affermava Giovanni Paolo II e come spesso ci ha ricordato Benedetto XVI, e il Sacro Cuore è il simbolo dell’amore. Dio è la fonte infinita e inesauribile dell’amore, ci dona ogni cosa e ci perdona tutto indipendentemente dalla nostra condotta e dalla nostra risposta.

L’espressione di San Giovanni “Dio è amore” (1Gv.4,8) potrebbe essere compresa come Dio è il Primo Amore, perché esiste ed è donato prima di qualsiasi merito e di tutti i peccati dell’uomo.

Un amore assolutamente gratuito e immeritato, di fronte al quale la vera risposta non può essere altro che una profonda gratitudine. Ma NOI abbiamo il coraggio di lasciarci amare da Dio, come Lui vuole?

È una domanda di ordine teologico e spirituale, che a livello esistenziale e psicologico equivale a chiedermi: che idea ho di me stesso? Sono convinto o almeno posso accettare che sono degno di essere amato, e per giunta in modo gratuito?

Lasciarsi amare da Dio può richiedere un autentico impegno ascetico, una vera disciplina per mettere a tacere e abbandonare tutte le voci sia interiori che esterne di disapprovazione e di condanna di sé stesso, al fine di potersi aprire nella fede e nella speranza alla gioiosa esperienza di essere amato da Dio, in modo infinito e gratuito. Come è propria di Dio amare la sua creatura, così conviene all’uomo volere bene a Dio.

Il Vangelo di Giovanni si conclude con il colloquio tra Gesù Risorto e San Pietro sulle rive del lago di Galilea (Gv.21,15-19) in cui risuona la triplice domanda “Simone di Giovanni mi ami più di costoro?”.

La domanda di Gesù centra in pieno il punto debole di Simone, cioè la sua smania di primeggiare sugli altri. Pietro, avendo fatto esperienza della propria fragilità nel momento buio del rinnegamento, risponde umilmente senza paragonarsi agli altri:
“Certo, Signore, Tu lo sai che ti voglio bene”. Notiamo come alla triplice domanda di Gesù sull’amore è collegato anche l’incarico: “Pasci le mie pecorelle”.

Nella Chiesa di Gesù c’è un rapporto diretto tra l’amore e la responsabilità nei confronti degli altri. Solo chi si distingue per l’amore può esercitare legittimamente l’autorità di essere guida per gli altri, perché nella prospettiva di Gesù l’amore è la sola forza che può avere potere sulle persone. Dio non pretende più di quanto possiamo offrirgli, si accontenta del nostro piccolo e povero amore. Ed è importante che diventiamo consapevoli della piccolezza e della fragilità del nostro amore, così daremo a Dio la possibilità di amarci in modo infinito e gratuito, perché solo Dio sa amare così.

Allora potrà affidarci la responsabilità di prenderci cura delle sue pecorelle e potremo affrontare le prove e le difficoltà della vita lasciando che il suo amore ci conduce anche dove noi non vogliamo.

Ecco la nostra ambizione e il nostro obiettivo: diventare ed essere veri amici del Signore Gesù, e fare nostre le intenzioni del suo cuore.

Se scopriamo l’amore di Dio per noi e riusciamo a credergli, saremo spinti inevitabilmente a rispondergli.

don Mauro

STAMPA E SCARICA FOGLIO AVVISI

 

20190623_Avvisi

Avvisi e Calendario 9 giugno 2019

MANDI IL TUO SPIRITO, SIAMO RICREATI E RINNOVI LA FACCIA DELLA TERRA

Che cosa fa lo Spirito Santo nella nostra vita?

Potrebbe essere questo l’interrogativo in grado di aiutarci a vivere la Pentecoste come l’opera dello Spirito Santo in ogni cristiano e in ogni Comunità cristiana. Lo Spirito Santo ci aiuta a prendere sempre più conoscenza di due verità fondamentali per la nostra vita di fede nella Chiesa.

La prima è che Dio è nostro Padre e la seconda è che Gesù è il Signore della nostra vita. La vita cristiana consiste essenzialmente in una relazione con una persona vivente, Gesù Cristo. Si tratta di una relazione davvero particolare, fuori del comune; una relazione che dà un senso pieno alla vita, che cambia la vita; una relazione che aiuta a valorizzare la vita al punto da farla diventare dono gratuito per gli altri; una relazione che realizza pienamente e rende feliciL’uomo è chiamato ad accogliere e a dare il proprio consenso libero e consapevole. La fede è l’adesione alla proposta di Dio.
Lo Spirito Santo, effuso come dono gratuito di Dio nel Battesimo e ancor più nel Sacramento della Confermazione (Cresima), aiuta l’uomo a dire sì al Signore e ad accogliere il dono della sua amicizia.
Come ogni relazione umana, così anche la relazione spirituale con il Signore va coltivata nella vita di ogni giorno, con la preghiera, con l’ascolto e la meditazione della Parola con la frequenza ai Sacramenti, con l’Eucaristia celebrata e partecipata pienamente, con la fraternità testimoniata.

Tutto questo non è facile! Ma lo Spirito Santo sostiene il cristiano nel realizzare, giorno dopo giorno, la sua relazione con il Signore. Soprattutto gli dona la capacità di vivere in continuo ascolto, come la sintonia che si stabilisce tra due amici.

Lo Spirito Santo aiuta il cristiano a vivere nella quotidianità la sua amicizia con il Signore, nella fedeltà e nella coerenza, sino al dono supremo di sé, qualora vi fosse chiamato. Lo Spirito santo sostiene il cristiano nel suo cammino di purificazione, di ascesi e di costruzione della sua personale santità. La santità, che è la realizzazione piena per ogni cristiano, non è possibile senza l’azione dello Spirito santo, l’allenatore, e senza una piena e responsabile sinergia tra il dono di Dio e la volontà dell’uomo.
Lo Spirito Santo consente al cristiano di affrontare la gara della santità e di arrivare vittorioso al traguardo. Ma bisogna lasciarlo lavorare!

Tutti formiamo l’unico corpo di Cristo. Non importa se proveniamo dal Nord o dal Sud d’Italia e del mondo; è secondario se uno è professore e l’altro è operaio; non conta più di tanto se in parrocchia siamo cresciuti sotto la guida di quel prete o di quella suora. Tutti possiamo essere aiutati dall’ unico Spirito a recitare insieme, da fratelli e sorelle, il “Padre Nostro”, consapevoli che chi edifica e dirige la Chiesa ultimamente non siamo noi, ma è il Signore Risorto.

E allora, anche per noi, oggi sarà di nuovo Pentecoste!

Accogliamo lo Spirito Santo nella fede! Lasciamoci guidare docilmente dallo Spirito di Gesù!

don Mauro

SCARICA E STAMPA FOGLIO AVVISI

 

20190609_Avvisi

Avvisi e Calendario 2 giugno 2019

SIATE CONTENTI... PRONTI AD AGIRE!

Eccoci a celebrare oggi, la Sagra della Comunità!

C’è un nesso tra Eucaristia e Sagra della Comunità? A ben guardare, al centro ci sta il credente, il battezzato che vive dentro una grande Famiglia, che in Chiesa si nutre del “Corpo di Cristo” e ne fa’ memoria col celebrarsi dell’Eucaristia. In Oratorio per condividere: la gioia, le gare, i giochi, i momenti aggreganti, lo stare insieme il sedersi alla stessa mensa condividendo il pranzo con gli amici. Questa Festa vuole avere una sua logica interiore ben fondata: vogliamo offrire all’intera Comunità Pastorale un’ulteriore opportunità a trascorrere insieme una giornata.

La Festa che proponiamo, chiamata Sagra della Comunità vuole essere riferimento alla gioia che una grande Famiglia (Comunità: famiglia di famiglie) vive osservando e rileggendo il cammino percorso: intenso, significativo, talora faticoso, dispersivo a volte, ma pur sempre bello ed esaltante. L’amore di Gesù pulsa nel cuore del fratello che condivide con me il cammino: stessi gusti, ansie, impegno, unica sequela che ci spinge a non demordere, anzi a ridare slancio, passione nei diversi ambiti della Comunità: missionarietà, accoglienza, cultura, educazione, carità, sport… e soprattutto liturgia che innerva ogni settore.

E’ l’occasione per conoscere un ulteriore momento-occasione di festa e di gioia popolare. Non c’è da scandalizzarci o meravigliarci, “la pastorale della griglia” qualche volta può aiutare a recuperare alcune dimensioni che rischiano di essere dimenticate: incontrarsi, frequentare i nostri ambienti, salutarci prima di andare in vacanza, socializzare con tutte le componenti della Comunità pastorale che talora, senza cattiveria, si ignorano e, o faticano a conoscersi.

Certo se questa fosse la normalità del nostro vivere pastorale ci sarebbe da riflettere molto, ma così non è: iniziative di carattere religioso, spirituale, catechesi, ritiri, celebrazioni hanno sicuramente il loro primato, ma non disdegniamo anche questi momenti. Sento doveroso rivolgere a tutti coloro che ci mettono sudore (tanto), fatica, impegno, energie, un vivo ringraziamento. Mi piacerebbe davvero che questa Festa fosse rilanciata assumendo una connotazione più profonda: si festeggi la Comunità stessa che ci ha convocato, radunato, aiutato a crescere e maturare nella fede.

Siamo soliti festeggiare Santi e persone in carne ed ossa: mi pare bello che qualche volta festeggiamo noi per il fatto che siamo credenti, battezzati, presenti nel cammino parrocchiale. Anche questo è un modo semplice, schietto per testimoniare la gioia, donare a tutti qualche momento di desiderata e meritata felicità.

Le preoccupazioni incombono, i problemi non mancano: ecco però la tua Comunità che ti è vicina, non ti abbandona e ti offre una seria e motivata ragione di amicizia e grande sollievo. “Di festa in festa”, potrebbe essere questo il leit-motiv di questo Anno pastorale che sta per concludersi, fino alla festa che “non conoscerà tramonto”, quando saremo sempre con Dio in una pace che non avrà più fine; e sarà allora “l’ultima festa”.

Con l’augurio di una numerosa e gioiosa partecipazione!

don Mauro

 

SCARICA E STAMPA FOGLIO AVVISI

 

20190602_Avvisi

Avvisi e Calendario 26 maggio 2019

DOVE, COME, QUANDO PREGARE!

 

Dove pregare
Il profeta Elia pregava sulla riva del fiume. La donna Samaritana diceva che si poteva pregare in montagna. Giovanni Battista pregava nel deserto. Gesù andava a pregare nel Tempio, con tutti, e in montagna, da solo. Sant’Antonio Abate si rifugiò in una grotta. Santa Caterina si chiudeva nella sua camera. Santa Teresina andò in convento per pregare di più.
Spesse volte in Chiesa si vedono persone che pregano davanti al Tabernacolo. Talvolta le nonne, mentre in casa lavorano a maglia, dicono il rosario. Alcuni vanno a pregare nei Santuari, alcuni addirittura a Lourdes o a Fatima. San Gerolamo andò a pregare fino a Betlemme.
Alla domenica tutti i buoni cristiani vanno in Chiesa per pregare insieme. Molti pregano in camera da letto; però di solito chi va a letto a dire le preghiere, si addormenta senza finirle. Quelli che stanno sull’uscio della Chiesa dimostrano che non hanno una grande voglia di pregare.

Come ci si mette a pregare
Alcuni pregano in piedi, come sull’attenti, pronti. Altri pregano in ginocchio, per dire che sono piccoli davanti a Dio. Ci sono quelli che si prostrano fino a terra, per dire al Signore che davanti a Lui non contano niente. Vecchi e malati pregano in poltrona, perché deboli. Alcuni preferiscono chiudere gli occhi. Altri li alzano al cielo. Alcuni mettono le braccia conserte. Altri mettono le mani giunte. Quando si dice il Padre nostro, durante la Messa, si tengono le braccia aperte. Gesù ha pregato in piedi o prostrato a terra, con le mani e gli occhi rivolti al cielo, e, alla fine, con le mani inchiodate. Spesso pregava in silenzio e qualche volta ad alta voce. Sta male pregare con le mani in tasca o le gambe incrociate: si manca di rispetto al Signore.
Non si può pregare bene se si guarda in giro.

 

Quando è il tempo di pregare
Gesù pregava anche di notte, invece di dormire, perché di giorno aveva tanta gente. Prima di morire, mentre aspettava il Paradiso, Gesù pregava. Anche il buon ladrone nella stessa circostanza si è messo a pregare. San Paolo pregava in prigione, perché aveva più tempo. Contardo Ferrini pregava prima di studiare e di fare scuola.
Talvolta in treno si vedono dei preti che pregano, leggendo il breviario. C’è gente che prega per la strada, per conto suo, mentre va al lavoro. Tutti i buoni cristiani sono invitati a pregare prima di uscire di casa, prima di mangiare, prima di dormire.
Chi dice che non ha tempo per pregare dice una bugia. Pregare di rado è come avere l’anemia. Pregare in fretta è come avere la febbre. Questo non è il modo di pregare.

 

don Mauro

 

SCARICA E STAMPA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

20190526_Avvisi

Convergere su un’Europa che sa promuovere la pace

A una settimana dal voto l’arcivescovo domanda di rileggere il passato con umiltà e realismo.

Convergere su un’Europa che sa promuovere la pace

 

Di Mario Delpini*

Spesso, rileggendo la storia, noi cristiani restiamo umiliati e confusi. Avremmo dovuto essere l’anima del mondo, invece, ci siamo, come tutti, lasciati sedurre dall'avidità delle ricchezze e dalla bramosia del potere. Avremmo dovuto essere un principio di unità tra i popoli e, talvolta, siamo stati un elemento di divisione tra cristiani, credenti nell'unico Signore. Avremmo dovuto essere il popolo della pace e, invece, in alcuni momenti - in troppo lunghi momenti -, ci siamo fatti la guerra. Avremmo dovuto essere gente solidale, attenti ai poveri, disponibili all'accoglienza e, invece, troppe volte, siamo stati popoli conquistatori, che hanno saccheggiato il pianeta e hanno umiliato i popoli.

Rileggendo la nostra storia, tanto spesso ci sentiamo umiliati perché non possiamo recidere il nostro legame con le generazioni che ci hanno preceduto e non possiamo dire che non c’entriamo con la storia che è stata scritta. Anche per questo motivo ci sentiamo umiliati: perché i popoli europei, molti, in Europa, hanno pensato che fosse meglio fare a meno del cristianesimo per costruire la pace, la civiltà. Ma questa decisione, di lasciare perdere il riferimento a Gesù Cristo e alle Chiese, ha creato drammi peggiori e guerre più tremende. Così, il continente Europa ha delle buone ragioni per sentirsi umiliato, quando rilegge la sua storia. Ma questa umiliazione - in questo tempo, dai Padri fondatori dell’Europa e per tutti questi decenni - non ci induce allo scoraggiamento. Ci insegna che costruiremo l’Europa non perché saremo più bravi dei nostri padri, più spirituali e più liberi, ma perché ci affideremo alla preghiera di Gesù.

Camminiamo verso una nuova Europa, noi, Chiese cristiane, perché lasciamo che Gesù preghi per noi: «Che siano tutti una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato».
Perciò, umiliati da alcuni episodi drammatici della nostra storia, forse, è tempo che impariamo l’umiltà. Così, consapevoli dei fallimenti della nostra intraprendenza, è tempo che impariamo la docilità. Persuasi che siamo un popolo che, forse, ha troppo dimenticato la preghiera, vogliamo metterci dentro la preghiera di Gesù. Vogliamo essere l’anima dell’Europa perché vogliamo pregare, vogliamo imparare a pregare. Vogliamo imparare a camminare in umiltà e mitezza. Vogliamo guardarci gli uni gli altri come fratelli e sorelle che sono chiamati a dare compimento, per grazia di Dio, a questa preghiera, «Perché siano tutti una cosa sola».

Non siamo perfetti, non abbiamo imparato tutto dalla nostra storia; però, siamo qui, a proporci che - per grazia di Dio - scriveremo una storia nuova.

*Arcivescovo di Milano

 

PRIMA PAGINA MILANO SETTE - DOMENICA 19 MAGGIO

 

1905MI71

Avvisi e Calendario 19 maggio 2019

E' BELLO ESSERE CRISTIANI

Gesù risorto ci riporta la gioia e ci fa scoprire, oggi come allora, la bellezza di essere suoi seguaci, di essere “cristiani”, come furono chiamati per la prima volta ad Antiochia i seguaci di Gesù.
Si! E’ bello essere cristiani perché l’uomo d’oggi ha bisogno di speranza e Cristo vincitore della morte ne è il fondamento sicuro.
A noi cristiani è dato un compito veramente appassionante, essere uomini e donne che diffondono speranza.

E’ bello essere cristiani perché la situazione nazionale e internazionale invoca comunione e Cristo è l’agape di Dio fattasi carne.
A noi cristiani è dato il compito bellissimo di essere la profezia e il sacramento dell’unità del genere umano. La cristianità può essere l’anima della globalizzazione.

E’ bello essere cristiani perché davanti alle molteplici piaghe dell’umanità Cristo dice di sé stesso: “Io sono il buon samaritano”.
Noi cristiani siamo lanciati sulla strada tra Gerusalemme e Gerico con la decisione di non guardare da un’altra parte quando incontreremo l’uomo ferito, ma ci chineremo su di lui e ci lasceremo commuovere nel cuore.

E’ bello essere cristiani perché la persona umana ai nostri giorni è presa in giusta considerazione e la storia attuale costringe ad andare a fondo dei problemi cruciali del destino di ciascuno di noi. Noi siamo al servizio di Cristo che conosce l’uomo meglio di ogni uomo.

E’ bello essere cristiani perché la sfida educativa è di un’urgenza impressionante ma Cristo, la Sapienza divina, si è fatto carne e oggi pronuncia la parola: VITTORIA! Noi discepoli, in cammino dietro a Lui, siamo chiamati a metterci accanto ai ragazzi e ai giovani, talvolta delusi e sconfitti, perché crescano “in sapienza, età e grazia”. Mentre nel nome di Cristo chiamiamo in causa la loro libertà, siamo in un certo senso costretti ad essere tutti un po’ sempre giovani.

E’ bello essere cristiani perché la riscoperta del sacro, spesso indefinibile e vago, o legato a questa o quella religione, ci sospinge a rimanere autentici cercatori del DIO VERO e a lasciarci trovare da Lui. Dobbiamo dirci con maggiore chiarezza non semplicemente che DIO c’è, quanto piuttosto che Egli è e scoprire il primo mistero della fede, L’Unità e la Trinità di Dio, e il secondo mistero: l’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo.

E’ bello essere cristiani perché la suprema fragilità della morte pone inesorabilmente a tutti le domande cruciali di Giobbe. Ma la morte trova luce in Cristo, il Vivente, Colui che morendo ha vinto la morte e, mediante la risurrezione, ci genera, come dice l’Apostolo Pietro, “per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”.
Per questo, anche tra le prove, continua Pietro, “esultiamo di gioia indicibile e gloriosa”.

E’ bello essere cristiani: il mio augurio è che oggi e sempre siamo “contenti come una Pasqua”: è il messaggio e il dono che il mondo attende e che noi possiamo donare.

don Mauro

 

SCARICA E STAMPA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

ALLEGATO 8xMILLE

 

20190519_Avvisi

 

8xmille_info

Avvisi e Calendario 12 maggio 2019

ALLE SORGENTI DELLA GIOIA

La gioia cristiana nasce da una buona notizia e questa buona notizia si è fatta uomo, per cui Dio ora è vicino, è a fianco di ogni uomo, un Dio con noi e per noi.
La gioia è causata dall'amore. Gioia e amore si richiamano sempre: è per questo che nella gioia cristiana ha una parte determinante lo Spirito Santo, lo Spirito dell’amore. Essa è un dono: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé” (Gal 5,22).
L’uomo è un essere fatto per la gioia, non per la tristezza.

Il Vangelo è un invito alla gioia e un’esperienza di gioia vera e profonda, è la bella notizia che Dio vuole darci qualcosa di bello e di buono per noi; qualcosa che serve per farci felici. E nel Vangelo, il Regno di Dio è presentato come un invito a partecipare a un banchetto di nozze. Tutto questo perché Gesù vuole la nostra gioia:
“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Dio non vuole la nostra tristezza: “Bene, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,21). Anzi, ogni volta che può abbracciare un suo figlio, Dio fa festa: così ha fatto con Zaccheo quando, vedendolo appollaiato sull’albero di sicomoro, lo ha invitato a scendere perché doveva fermarsi a casa sua e “in fretta scese e lo accolse pieno di gioia”; per il ritrovamento della pecorella smarrita, invece, organizza una festa, alla quale invita tutti a rallegrarsi con lui: mentre per il ritorno del figlio che si era allontanato da casa chiede di portare il vitello grasso, ammazzarlo, mangiarlo e fare festa.

Dio ama follemente, da impazzire di gioia.

E’ proprio così. La gioia di Dio si manifesta fin dall'inizio, nel giorno della creazione, quando vedendo la bellezza del mondo, specialmente della creatura umana, la pupilla di io, dicono i rabbini, si è dilatata, fino a far sgorgare una lacrima di gioia divina e piacere divino. Così è cominciato tutto: con un sorriso.
Perché Dio ha creato Adamo e lo ha posto nel giardino di Eden?
Non certo per fare grandi discussioni. Voleva gustare insieme a lui la meraviglia del mondo che aveva creato e che riconosceva come una cosa bella e buona.
Di sicuro si saranno scambiati sguardi e sorrisi compiaciuti di felicità. E penso che Dio si sia divertito e abbia sorriso ancora una volta compiaciuto quando, conducendo Eva, ha visto Adamo esplodere di gioia per “l’aiuto che gli era simile”.

La gioia è davvero, insieme, realtà interiore e manifestazione eterna. Carissimi parrocchiani aiutiamoci a vicenda a vivere nella gioia non stancandoci mai di ripeterlo: la vera gioia ha sempre a che vedere con una relazione con Qualcuno, e questo Qualcuno è Dio.

 don Mauro

SCARICA E STAMPA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

20190512_Avvisi

Avvisi e Calendario 5 maggio 2019

ROSARIO INSIEME NEI CORTILI

Durante il mese di Maggio si dà più ampio spazio al culto della Madonna. Oltre all'espressione di affetto filiale verso la figura della “Madre” (Madre di Dio e Madre nostra) che avviene per “convocazione”, cioè suonando le campane e aspettando chi decide di venire in Chiesa, c’è anche un culto mariano che si svolge per “visitazione”, cioè con la venuta di un sacerdote nelle sere del mese di Maggio.
Si tratta di uno dei pochi momenti di incontro prolungato tra i condomini dello stesso caseggiato, che talvolta a malapena si conoscono e si salutano rapidamente trovandosi in ascensore.
E’ un momento che può favorire comunione di sentimenti, facendo rivivere almeno per una serata quella “cultura del cortile” che il nostro contesto sociale attuale ha purtroppo azzerato e che invece una volta faceva sentire la gente molto più unita. Noi sacerdoti diamo importanza a questa possibilità di vita cristiana comunitaria e ci spiace che non tutti i cortili o i condomini lo organizzino. Non è legame nostalgico ad una civiltà agricola tramontata (tipo “Albero degli zoccoli”) ma la convinzione che le famiglie pregando riunite hanno una marcia in più per restare unite e dare un contraccolpo a questa società molecolarizzata (se non atomizzata!) in uno squallido individualismo. Grazie a tutti coloro che si faranno promotori di questi incontri mariani di caseggiato. Chissà che quest’anno ai soliti appuntamenti se ne aggiunga anche qualcuno in più!

Lo sforzo della Chiesa è di trovare le vie più idonee per far pervenire agli uomini il suo messaggio di salvezza. La pastorale contemporanea ha un compito difficile perché deve tener presente il mistero di Cristo e della Chiesa e nello stesso tempo penetrare attraverso i segni dei tempi nel tessuto umano e sociale dell’attuale società.

In questa visione pastorale rientrano i Santuari Mariani. Essi hanno avuto e hanno tutt’ora una grande importanza nella storia della Chiesa. La loro presenza ha un significato per tutti coloro che sanno leggere e capire i segni dei tempi. I Santuari Mariani sono dei fenomeni che vanno compresi nel loro contesto spirituale. La Parrocchia resta sempre il fulcro fondamentale per realizzare il mistero della Chiesa, essa quindi conserva sempre una funzione fondamentale.
I Santuari però hanno una funzione sussidiaria, “una funzione veramente integrativa della vita pastorale” (San Paolo VI). Integrare non significa sostituire, né tanto meno competere, ma piuttosto “servire”.
Si tratta di servire le anime, venendo incontro alle loro necessità spirituali. Tale integrazione pastorale si inquadra nel contesto della Chiesa: è un vero servizio ecclesiale, che si presenta come medicina, alimento di vita ed autentica comunione con i fratelli.
La visita al Santuario non è un lusso, né tanto meno un’evasione ma un tempo forte dello Spirito. E questo proprio perché il santuario mariano è il luogo privilegiato dove si esercita con grande ricchezza la maternità spirituale della Madonna.

Una buona volta amiamo, ma amiamo sul serio, per davvero!

Amiamo la Madonna e coltiviamo le devozioni che ci aiutano ad esprimere e ad accrescere il nostro amore di figli.

don Mauro

SCARICA IL FOGLIO DEGLI AVVISI

20190505_Avvisi