Avvisi e calendario domenica 17 Giugno 2018

PREGHIERA A TAVOLA

Una delle prime preghiere che ho imparato quando ero bambino è stata quella a tavola. La formula era sempre quella: “Benedite o Signore noi e il cibo che stiamo per prendere, per mantenerci nel vostro santo servizio”. E’ bello e giusto insegnare anche oggi ai bambini la preghiera prima dei pasti. Ci sono almeno quattro perché. 1 Perché prendere cibo è dire “Grazie”. Infatti nel Vangelo si dice ”. che Gesù quando prese in mano il pane disse “grazie”. Il cibo abbondante e vario, che ogni giorno abbiamo la fortuna di mangiare, non arriva alla nostra tavola per “magia”, è frutto del lavoro di mamma e papà, e al tempo stesso è dono di Dio, della fantasia e della premura con cui ha creato il mondo. La preghiera allora aiuta il bambino, e non solo, ad essere riconoscente. 2 Perché non dimentichiamo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”. Non tutti sono fortunati come noi! Se qualche volta ascoltiamo i racconti missionari, ci accorgiamo che ancora oggi molti uomini e donne, bambini e bambine non hanno da mangiare; e il poco cibo che riescono a trovare non è certo buono e vario come il nostro! La preghiera, allora, ci aiuta a non sprecare il cibo, ad essere sobri, a non fare capricci inutili. 3 Perché “Non di solo pane vive l’uomo”. Il Cibo non è “tutto”: Gesù ce lo ricorda nel Vangelo, quando Satana lo tenta a cambiare i sassi in pane. Alla tavola di casa non si va soltanto per mangiare, ma anche per incontrarsi, per dialogare, per raccontare ciò che uno ha vissuto, per ascoltare quello che altri hanno da dire… La preghiera, allora, ci aiuta a condividere quello che viviamo giorno dopo giorno. 4 Perché “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, il sono in mezzo a loro”. Nella Famiglia si vuole iniziare e concludere il momento del pasto con la preghiera: anche questo è un modo per essere cristiani e per vivere alla presenza di Gesù. Ogni pasto può diventare una festa, come il banchetto di Cana al quale Gesù era stato invitato con sua Madre. Due ospiti eccellenti, che non hanno consumato soltanto i cibi e le bevande ma hanno portato gioia in abbondanza. Allora l’augurio è di poter sperimentare che il Signore si farà nostro commensale per sostenere il ringraziamento, per accrescere la carità, per alimentare la comunione.

don Mauro

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Avvisi e calendario domenica 10 Giugno 2018

CHIAMATA di Gesù MISSIONE della Chiesa

Il mese di Giugno, da poco iniziato, è tradizionalmente quello delle consacrazioni sacerdotali: ogni prete ricorderà il “suo giorno di ordinazione”, lo amò di un amore di predilezione e lo fece diventare “suo” per sempre. Ogni sacerdote nasce dalla preghiera di Gesù, quando in quella notte, solo, sulla montagna, pregò per ore e ore pensando a quelli che avrebbe scelto e sarebbero stati suoi da allor sino ad oggi. Prima di essere un chiamato, un sacerdote è stato da Gesù
pensato, concepito: solo dopo la chiamata, la consacrazione e la missione. Per questo ogni sacerdote ha bisogno di entrare in sintonia, nella preghiera con Gesù, il vero protagonista di ogni azione pastorale. Rileggendo la chiamata dei primi discepoli come ci viene narrata da Marco (Mc 1,16-20), non abbiamo difficoltà a immaginare la sorpresa di
questi quattro uomini che stavano lavorando e si sentono chiamare: perché loro e non altri quattro? E’ la sorpresa della chiamata gratuita. E’ la sorpresa dell’essere amati. E’ intuire che sei amato perché sei amato e non perché ricambi. E’ la sorpresa della gratuità che è forse la più bella che si può sperimentare nella vita. Questa chiamata è composta da diversi elementi: l’iniziativa è del Signore, è Lui che vede, che chiama, è Lui che dice “seguitemi”. L’iniziativa è tutta sua Un secondo elemento che fa parte della chiamata è che questi discepoli se vogliono accettare l’invito di Gesù devono lasciare. “Lasciarono le reti, la barca, il padre, la famiglia”(vv. 18 e 20). E bisogna sottolineare quel “subito” ripetuto due volte, che indica una certa prontezza. Nel Vangelo di Marco ricorre spesso il termine “subito” per dire che il Vangelo è urgente, l’occasione è urgente. Ma la cosa più qualificante è quel “seguire”: non è il lasciare la cosa principale, ma il seguire, l’andare dietro. E si tratta di seguire una persona, una persona itinerante. “Seguire” significa percorrere la stessa strada accanto a Gesù. Dalla sequela di Gesù nasce la Comunità. Questi quattro uomini si trovano a vivere insieme.Ma perché? Perché ognuno di loro ha deciso di seguire la stessa persona. Quindi il punto di riferimento è la persona di Gesù Cristo. Non si sono trovati tra di loro perché hanno deciso la vita comune. E poi si aggiunge la missione:il seguire subito, adesso è finalizzato a un diventare “pescatore di uomini”, cioè ad andare. Nel Vangelo la prima parola è “seguitemi” e l’ultima è “andate”. Fra i due momenti si distende un cammino in cui il discepolo deve imparare molte cose: che non deve parlare a nome proprio ma su incarico; che non deve parlare di sé, ma unicamente di Cristo; che il suo orizzonte non è la piccola comunità, ma il mondo intero; che in questa impresa missionaria non è mai solo, ma sempre in compagnia del suo Signore. Mai davanti a Lui, bensì sempre un passo indietro. A scegliere la direzione è Gesù, non il discepolo. Se il seguire non si conclude in un andare, significa che si è intrapreso un itinerario sbagliato: non si è seguito Gesù, ma se stessi. Così vogliamo guardare ogni sacerdote: egli per il ruolo che riveste (per volere di Gesù), ha più bisogno di preghiera che di stima o di giudizio. Il sacerdote mi rappresenta Gesù, qui, per me, ora, per la mia vita. Pregatedunque perché sia sempre così!

don Mauro

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Avvisi e calendario domenica 03 Giugno 2018

PROCESSIONE CITTADINA DEL “CORPUS DOMINI”

Se l’Eucaristia è l’essere convocati dal Signore Gesù nei segni del pane e del vino, è bello che almeno una volta all’Anno viviamo l’esperienza di portare processionalmente per le vie della nostra Città, tra le case della nostra gente
l’Eucaristia adorandola con le labbra, la mente e il cuore, docili alla sua parola e pronti a testimoniare la gioia di essere in Luifratelli e figli di un unico Padre. In particolare, nell’anno che vede la Chiesa diocesana impegnata sinodalmente a riflettere su se stessa coma Chiesa dalle genti, sentiamoci invitati a guardare e adorare LUI dal quale riceviamo energia e vita, riconoscendoci il suo santo popolo, la Chiesa che Lui ama. Mi sono chiesto che cosa significa partire da un punto della Città (Parrocchia dei SS. Nazaro e Celso) per raggiungerne un altro (la Basilica del Centro), con motivazioni e intenzioni religiose? motivazioni e intenzioni religiose? Per tentare un chiarimento, sarà opportuno partire da lontano. Che cos’è la vita cristiana? Cos’è la vita, se non un cammino, un itinerario? Si parte, si arriva, si fanno tappe. La vita è un avvicinarsi progressivo, faticoso e sudato a una meta che si teme: la morte; la vita cristiana (se è davvero cristiana) ha una meta che si spera.

La processione è una sintesi di questo cammino, quindi una parabola di vita, un suo simbolo, trasparente, limpido, convincente. Se lo si ritma con la preghiera e i canti, con meditazioni guidate e con prese di coscienza dei problemi dell’esistenza, la processione è un itinerario che, dovunque termini, conduce a un progresso, come ogni fase, ogni giorno della vita dovrebbe fare. Quando sono in processione mi tornano sempre alla mente i pellegrinaggi fatti, anche quello recente al Sacro Monte di Varese. Ogni processione mi ricorda quel salire, salire con gioia anche se con un po’ di fatica, ma senza lamentarsi, insieme e in compagnia di altri, salire per raggiungere… In realtà una processione, anche se si svolge su strade piane, è sempre una ascesa. Si sale più in alto, moralmente, si arriva migliori di quanto si è partiti. Non soltanto perché si prega, ci si concentra, ci si arrende a Dio, disarmati e semplici, confortati e sorretti dai compagni di strada che con te condividono la meta e il cammino, lo stile e i metodi. Ma anche perché camminare, faticosamente, obbligatoriamente, ritmicamente, è senz’altro una lezione. Si impara a non cedere, a non spazientirsi, a soffrire, a superare i momenti brutti, ad insistere comunque. A non scoraggiarsi e a perseverare. Si impara a tenere ben fisso il fine, a non concedersi sconti. Si fa la preziosa esperienza che la gioia vera e profonda non prescinde mai dallo sforzo, arriva dopo, è un compenso del sacrificio. La sera del 3 Giugno, immersi tra i fedeli, potremo fare questa salita spirituale e alla fine all’interno della Basilica rimessa a nuovo, tornata al suo splendore originale, saremo più vicini a Dio, ma saremo anche più vicini a noi, più Comunità. Più Chiesa. Gesù stasera sarà compagno di viaggio, ha compiuto gesti concreti. Perfino durante quell’ultima cena in cui aveva pronunciato parole solenni sul pane e sul vino non mancarono un grembiule ai fianchi e un catino d’acqua per lavare i piedi agli Apostoli. E noi, che diciamo di essere alla sua sequela, siamo davvero attenti a chi è ai margini, col cuore gonfio di domande e di attese, col desiderio di riempire l’anfora vuota? Quando l’ostensorio si alzerà per benedire tutta la Città, e Mons. Ivano Valagussa dirà le rituali parole: “Padre, Figlio e Spirito Santo”, colleghiamole con altre parole: Festa, Condivisione, Concretezza… e la Benedizione scenderà su tutti quanti si sono fatti pellegrini alla sua sequela.

don Mauro

20180603AvvisiNew